Ex BPVi e Veneto Banca, CorVeneto: torna Gianni Mion per studiare con Veneto Sviluppo il fondo salva-aziende incagliate

360

Veneto Sviluppo vuole un fondo da 200 milioni con Gianni Mion per salvare le imprese in «ostaggio» dei crediti in difficoltà delle ex popolari. Il conto l’ha fatto ieri il presidente della finanziaria regionale, Fabrizio Spagna, con i dati di Kpmg, consulenti delle liquidazioni Bpvi e Veneto Banca nella due diligente che farà transitare i crediti in difficoltà alla Sga: «Sono mille le imprese venete, con ricavi tra 10 e 100 milioni, con prestiti incagliati». Aziende vive, con prestiti aperti e non revocati, da luglio nel limbo, visto che di fatto nessuno le sta gestendo e che ancora non si sa bene come lo potrà fare la Sga, che non essendo banca non potrà garantire nuovo credito.

Ora il decreto di trasferimento dei crediti è atteso entro il mese e l’inizio della gestione Sga a febbraio. E intanto Veneto Sviluppo si muove, facendo del fondo in tandem con l’ex manager Benetton ed ex presidente Banca Popolare di Vicenza la punta più avanzata del nuovo corso, annunciato ieri da Spagna e dal direttore Gianmarco Russo, dopo l’approvazione del nuovo statuto. Si punta sugli interventi nel capitale nelle imprese, con la Sgr che ora la finanziaria possiede in toto, dopo aver chiuso a novembre il riacquisto del 49% da Friulia, dopo tre anni d’impasse. E dopo il clamoroso dietrofront, lo scorso anno, con la rinuncia ad essere intermediario vigilato da Bankitalia, dettato dai soci e costato un anno di lavoro, e di fatto la rinuncia ad un ruolo diretto sul credito e le garanzie evolute alle microimprese, sviluppato dal 2013 anche con i Confidi.

In parallelo Veneto Sviluppo punta poi a investire nelle infrastrutture strategiche del Veneto, dopo quanto fatto nella Venezia Terminal Passeggeri: «Non potevamo farlo efficacemente da vigilati», ha sostenuto Spagna, che ha ipotizzato che su 135 milioni quasi 20 potrebbero andare su questa linea, senza indicare però bersagli e negando interesse su operazioni come la fusione Agsm-Aim o il tormentato riassetto in Asco Holding Ascopiave.

Nella nuova fase si apre poi il rebus sui 500 milioni dei fondi di rotazione storicamente gestiti per la Regione. Che dovrà decidere, dopo una fase transitoria quest’anno, se metterne in gara la gestione o se gestirli direttamente con una società in house. Che difficilmente potrà diventare la nuova Veneto Sviluppo, visto che liquidare le banche costerebbe 70 milioni. «Sì, i nuovi fondi Por sono andati ad Avepa – ha detto Spagna -. Se si andrà in gara, partecipiamo».

In questo ventaglio d’attività, il fondo con Mion, da lanciare dopo l’estate, resta la novità più rilevante. «Il dialogo con Sga è aperto, lavoriamo attivamente al progetto insieme a Mion, che si sta mettendo in gioco e che sarà impegnato direttamente o da capo dell’investment team, che stiamo creando, o da investitore – sostiene Spagna -. Stiamo facendo una preselezione delle aziende che è possibile salvare: indebitate, ma capaci di guadagnare. Se non si interviene, rischiano il crac o di esser acquisite dall’estero».

Con il fondo, gestito dalla Sgr di Veneto Sviluppo, si vuole raccogliere in prima battuta 200 milioni, e magari salire a 400. Lo schema d’intervento abbozzato ieri da Spagna prevede la sottoscrizione di obbligazioni subordinate delle imprese. Un intervento di semiequity che può sbloccare la ristrutturazione dei crediti incagliati tra Sga e in pool in altre banche. «Pensiamo a interventi di 10-20 milioni per azienda – dice Spagna –. Cercheremo soldi da Fondazioni e mercato: il ritorno può essere tra il 12 e il 14% in 5-6 anni».

Il fondo è la punta più avanzata del nuovo focus di Veneto Sviluppo sulle imprese, con 30 partecipazioni per 38 milioni, che passerà sempre più per la Sgr. «L’abbiamo riportata al pareggio e realizzato rapidamente 3 investimenti per 15 milioni sui 50 del Fondo sviluppo Pmi, che investiremo tutti – ha sostenuto Russo –. Il Fondo Veneto Minibond con le Bcc ha fatto 6 operazioni e investito 6,7 milioni su 24».

Resta ancora il dietrofront da intermediario vigilato, che, si è detto, farà risparmiare 3-400 mila euro l’anno. «Lo eravamo e l’azione nel 2013-14 sulle garanzie era stato creato in un quadro di enorme sofferenza in cui non c’erano altri strumenti – ha sostenuto Spagna – . Poi l’accesso diretto delle banche al Fondo centrale di garanzia ha cambiato tutto». Se è così, però, resta da capire perché ancora due anni fa s’era ritenuto strategico l’esser intermediario vigilato. E perché le maggiori altre finanziarie regionali han fatto quella scelta. Spagna, per parte sua, smentisce la tesi che la mossa sia stata compiuta per lasciare campo libero ai Confidi: «L’obiezione è poco sensata».

di Federico Nicoletti, da Il Corriere del Veneto