Ex cava Poiana dove fu aggredita troupe Rai, Comitato Salvaguardia Ambiente Salute di Rosà: “troppe ombre sul sito contaminato”

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Il Comitato Salvaguardia Ambiente Salute di Rosà composto da Paolo Bernardi, Emanuele Guidolin, Maurizio Marchetti, Ermes Mocellin, Luca Peruzzo alza la voce sulla situazione della ex cava Poiana nel bassanese. Nel video la dichiarazione del portavoce del Comitato Paolo Bernardi, di seguito il comunicato diffuso dagli esponenti che ripercorre dettagliatamente la vicenda

La vicenda della contaminazione della ex cava Poiana sta assumendo contorni tanto preoccupanti quanto grotteschi. La richiesta di chiarimenti che il nostro comitato si attendeva dalle istituzioni, Comune di Rosà ed ARPAV in primis, è stata completamente disattesa. E per questo motivo siamo stati costretti ad indirizzare alla Procura della repubblica di Vicenza un nuovo esposto.

Come molti ricorderanno dai primissimi mesi del 2019 il nostro comitato, sia con incontri pubblici, sia con una serie di segnalazioni alle autorità preposte, denunciò la presenza di materiale sospetto, tra gli altri, proprio nel sito della ex Cava Poiana. Non senza qualche imbarazzo gli enti pubblici hanno dovuto ammettere la presenza di quel materiale: ma quando si è trattato di procedere con la caratterizzazione, ossia con la necessità di effettuare una rigorosa e capillare radiografia sullo stato effettivo dell’inquinamento di quel luogo, è cominciata una vera e propria via crucis.

Infatti in più occasioni gli enti, a partire dal Comune, si erano detti favorevoli a un confronto aperto affinché il nostro comitato fosse presente agli scavi di assaggio in loco. Scavi che per la cronaca sono stati eseguiti per conto del proprietario dell’area, la ditta L.M. Costruzioni generali di Mussolente, sotto il coordinamento appunto di ARPAV e Comune di Rosà. Purtroppo però le cose sono andate in modo tristemente assai differente.

membri comitato rosà

Tant’è che dopo una serie di peripezie di ogni tipo siamo venuti a conoscenza di due aspetti sconcertanti. Uno, de facto gli scavi non hanno interessato la zona da noi attenzionata che si trova nella parte sia est sia sud del sito, guarda caso quella parte che presentava tutta una serie di criticità facilmente intuibili anche dai non addetti ai lavori: visto che è il buon senso a dire che le cose, inquinanti compresi, vanno cercate dove stanno e non altrove.
Due, dimostrando scarsa trasparenza per noi incomprensibile, nel più totale silenzio, l’amministrazione comunale nella persona del dirigente dell’ufficio tecnico Mirko Campagnolo (vorremmo tanto sapere se con l’avallo del sindaco Paolo Bordignon), ha ben pensato di escluderci dal sopralluogo che potremmo definire decisivo, ossia quello avvenuto nella ex cava Poiana in data 6 dicembre 2019.

Sarà un caso, oppure no, ma la relazione scaturita da quel sopralluogo, chissà perché, ha stabilito che la ex cava Poiana non è una ex discarica ma è piuttosto un ex sito estrattivo nel quale di tanto in tanto è stato abbandonato qualche rifiuto.

Viene da sé che un comportamento del genere non solo è offensivo, ma è anche inaccettabile proprio perché per mero caso siamo venuti a conoscenza di questa importante attività di monitoraggio e scavo, in gergo indagine geognostica, condotta in assenza oltreché dei rappresentanti del nostro comitato anche in assenza, e la cosa ha dell’incredibile, di ARPAV, ossia dell’agenzia regionale che si deve occupare del controllo e della salvaguardia ambientale.

A questa decisiva indagine come consulente incaricato dal Comune di Rosà era invece presente il Geologo Pierluigi Bullo, lo stesso professionista che collabora con la ditta Sinergeo la quale alcuni anni fa confermò in una relazione l’assenza di rifiuti nella ex cava Poiana. La cosa ci lascia alquanto sconcertati.

Il che significa che tale accertamento è stato documentato unicamente in una relazione tecnica a firma del geologo Simone Barbieri, al quale lo stesso accertamento è stato commissionato dal privato, cioè dalla L.M. Costruzioni Generali Srl: non a caso proprio quel privato che sta procedendo per ottenere dal Comune di Rosà l’autorizzazione a coprire la cava con 80mila metri cubi di inerti che andrebbero a seppellire definitivamente i rifiuti ed eventuali veleni presenti.

Se ne ricava un giudizio impietoso: mentre a nostra insaputa il dirigente ai lavori pubblici l’Arch. Mirko Campagnolo autorizzava i privati a effettuare una nuova indagine tecnica per conoscere l’entità dei rifiuti presenti e la loro natura, l’ARPAV era il grande assente ingiustificato. E per inciso si tratta del soggetto che avrebbe dovuto controllare.

Per questo temiamo che  lo stato dei luoghi sia stato alterato irreparabilmente:
– il tutto con un danno tremendo per la cittadinanza quanto meno per appurare la verità sullo stato di salute di quel sito sfortunato;
– il tutto al di là delle criticità che tutt’ora permangono in relazione al collasso che la viabilità di tutta la zona sarebbe costretta a patire ove migliaia di camion fossero autorizzati a conferire in quel buco 80mila metri cubi di inerti, sempre che non saranno 130mila come predetto durante un incontro dallo stesso dirigente Arch. Mirko Campagnolo.

Ed è proprio perché la magistratura possa accertare omissioni o altri profili penalmente rilevanti che ci siamo rivolti alla procura di Vicenza con un nuovo esposto depositato in data 29/05/2020 che integra quello già da noi presentato in data 15/03/2019.
Ci aspettiamo adesso che i magistrati compiano celermente il loro dovere rispetto ad una vicenda che non solo ha dell’incredibile, ma che è svilente. E che soprattutto denota una sensibilità stracciona per i temi ambientali che la nostra comunità non merita.

Non dimentichiamoci peraltro che sullo sfondo rimane, ancora insoluto, l’inquietante atto intimidatorio subìto da una troupe della RAI che stava indagando proprio sugli aspetti ambientali al centro delle nostre denunce.

Il velo di omertà caduto su questo aspetto specifico non fa onore alla nostra comunità.


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