In una recente intervista il sindaco Achille Variati sostiene la positività della operazione Ieg (Italian Exhibition Group Spa di Rimini) il gruppo fieristico formato dalla fusione della Fiera di Vicenza e quella di Rimini. Afferma che (Il Giornale di Vicenza) è un affare, naturalmente dando un significato positivo al termine “…è stata un’operazione strategica che a breve porterà a Vicenza finanziamenti per decine di milioni con l’obbiettivo di sviluppare il quartiere fieristico. Senza la fusione non sarebbe stato possibile uno sviluppo che consentisse alla Fiera di competere sulla scena internazionale“. È sempre possibile che il sindaco abbia qualche ragione ma personalmente ho qualche interrogativo (nella foto la “torta” IEG con, da a sinistra, Lorenzo Cagnoni, presidente IEG, Matteo Marzotto, vice presidente IEG, Corrado Facco, dg IEG, e Roberto Rinaldini, pasticcere… riminese).
Uscendo un attimo dall’argomento specifico con tutte le proposte e iniziative in atto, dallo spostamento di importanti uffici alle robuste varianti viabilistiche, alle nuove più o meno presunte destinazioni d’uso, del Parco della Pace, all’ampliamento dell’Ente Fiera, alla Tav e a quanto obbligherà a cambiamenti del territorio, ecc., non si è mai ritenuto di fare una lettura critica dell’attuale Piano Regolatore e poi procedere con un suo corretto ed equilibrato rifacimento?
Torno all’ex Fiera. Vero che il già direttore genarela della ex Fiera di Vicenza, Corrado Facco, è diventato ora dg del nuovo Gruppo fieristico, e vero anche che l’ex presidente di Vicenza Matteo Marzotto è diventato il vice presidente dello stesso Gruppo. Ma tutto questo qui inizia e si conclude in se stesso. Nè il direttore Facco nè il vice presidente Marzotto rispondono più alle logiche vicentine. Punto in più o punto in meno prima la Fiera di Vicenza era tutta dei vicentini e aveva tre soci fondamentalmente in grado di determinarne la politica economica: il Comune di Vicenza, la provincia di Vicenza e la Camera di Commercio di Vicenza. Se non possedevano complessivamente il 100% delle azioni ci mancava poco, un granellino di sabbia. Per la precisione: il Comune di Vicenza, la Provincia di Vicenza e la Camera di Commercio erano proprietarie ciascuno del 32,1119% e il rimanente 3,6643% era proprietà di altre realtà ma nessuna di queste, per giunta locali, possedeva più dell’1%.
Premesso che non sono affatto contrario, pregiudizialmente, alla creazione di gruppi forti e agguerriti sul piano sia industriale che commerciale, ma anche su quello del terziario, credo che questo debba avvenire con il rispetto di alcuni equilibri, tra i quali pongo la completa chiarezza e trasparenza di una operazione del genere che, nello specifico, riguarda un bene pubblico.
Un fatto che mi spinge a richiedere una spiegazione che non è mai giunta è quello di voler conoscere precisamente quanto alti fossero i livelli dei debiti contratti dall’ex Ente Fiera, con chi, per quali motivi e a quali condizioni. Soprattutto se l’ente aveva rispettato le indicazioni, seppur generiche, dei soci. Sempre che ci fossero state. C’è chi suggerisce che l’accordo sia stato portato a buon fine perché i tre enti sopracitati non erano in grado di sostenere l’ex Fiera nell’affrontare il debito presunto. Ciò appare in contrasto con quanto affermato nella Conferenza Stampa del 9 maggio 2016 tenuta dal presidente Marzotto e dal sindaco Variati e altre personalità dove si affermava (Il Gazzettino) che “ Le novità che riguardano il futuro sono state rese note al termine dell’assemblea dei soci che ha approvato i dati 2015. Fiera di Vicenza Spa ha chiuso il bilancio dello scorso anno con un utile netto di 1.024.459 euro, destinato a riserve legali e straordinari. I ricavi netti complessivi sono aumentati del 14,5% rispetto al 2014, raggiungendo i 36,8 milioni di euro. Tra i dati economici più rilevanti, l’Ebitda ha registrato un incremento di 2.030.286 euro rispetto all’esercizio precedente, raggiungendo i 7.252.376 milioni di euro, pari al 19,7% del fatturato. Per la Fiera di Vicenza prosegue il trend di crescita, che prosegue da 6 anni consecutivi, in controtendenza rispetto all’andamento del mercato fieristico italiano“.
L’altro interrogativo è relativo ai pesi definiti con la fusione: 81% a Rimini, 19% all’intero gruppo azionista vicentino. Sono numeri che anche sul piano estetico stridono. Un punto in più a Vicenza forse (ma forse sì) non cambiava nulla, ma forse strideva meno. Oggi il sindaco Variati, che va ricordato che è, ed era, depositario anche del 32% dell’ex Fiera di Vicenza in qualità di Presidente della Provincia, ci dice che vi saranno ingenti investimenti nella area fieristica. Ma questa non è più una faccenda controllata dai vicentini e nemmeno dal direttore generale o dal vice presidente, perché il presidente, dal 1° novembre 2016 di Italian Exhibition Group Spa è Giovanni Cagnoni che, come scrivevo, rappresenta chi controlla l’81% . Ritengo che sia lui in nome di questa maggioranza assoluta che può decidere la linea e che il Comune di Vicenza con il 6,5% circa (sia pure con gli addendum di provincia e Camera di Commercio di Vicenza) non decida proprio nulla. Forse il termine più corretto, al posto di fusione, sarebbe stato quello di acquisizione. Da parte di Rimini si intende.
Infine rimane da comprendere come mai, in piena crisi della ex Banca Popolare di Vicenza, nell’impianto della struttura, anno 2016, della fusione delle due Fiere, la presenza della Banca Popolare, direttamente e indirettamente, fu sostanziale e per nulla marginale.
Probabilmente vi sono risposte a tutti gli interrogativi ma non sarebbe male poterle leggere prima di insistere nel rallegraci dell’affare Fiera.