La pandemia da Covid-19 ci ha sottratto oggetti e affetti nell’urgenza di mantenere un distanziamento fisico che, spesso, si è tradotto in un deleterio distanziamento anche sociale, contribuendo ulteriormente a liquefare le relazioni umane che anche prima non godevano di buona salute.
È evidente l’impaccio quando incontriamo vecchi amici; il fatto di non poterli abbracciare ci lascia in una sensazione strana, un limbo sospeso che non viene appagato dal calore e dall’effetto/affetto anche sensoriale che quell’amico evocava un tempo con quel suo terribile profumo al quale l’avevamo associato. Al tempo stesso, anche le situazioni formali, gli accordi, i patti siglati senza stretta di mano non sembrano avere quella efficacia che hanno sempre avuto, fin dal tempo dei romani, quando cominciarono a praticare quella stravagante congiunzione di corpi che si esprimeva attraverso il potere delle mani.
Con grande piacere, dunque, presentiamo questa Filosofia del saluto di Fabio Peserico, un profondo studioso, un grande comunicatore e un’istituzione del Liceo Lioy di Vicenza. Il testo è stato pubblicato nella collana PAIDEIA. Pratiche didattiche e percorsi interculturali di Aracne Editore, diretta da Michele Lucivero, curatore della rubrica “Agorà. La Filosofia in Piazza”, e Michele Di Cintio, Presidente della sezione vicentina della Società Filosofica Italiana.
Dalla recensione di Lauro Venturi, manager, consulente, counselor e coach.
Fabio, utilizzando le lenti della sintassi, della semantica e della pragmatica, ma anche della psicologia e dell’antropologia, ci ricorda che «siamo parola e gesto, prima gesto e poi parola», evocando quella sincerità biologica secondo la quale il corpo non mente.
Il libro di Fabio evidenzia l’importanza del saluto attraverso l’abbraccio, pratica che con le precauzioni dettate per evitare il contagio da Covid-19, è di fatto vietata. Aver momentaneamente perso questa modalità di saluto, sostituita dal ridicolo tocco dei gomiti, è tutto fuorché banale.
Ciò detto, torniamo al fatto che la pandemia ha radicalmente modificato il modo di salutarci: «Il saluto è un gesto sociale fondamentale perché unisce, collegando, due esseri umani in un terreno comune per cui rappresenta l’uscita dalla condizione di isolamento, dell’estraneità e della neutralità che precede l’incontro. È un’unione senza con-fusione» afferma Fabio, aggiungendo che l’essere umano ha l’esigenza di parlare di sé stesso agli altri e sentir parlare di sé stesso dagli altri, per ottenere un proprio riconoscimento.
Un altro fattore negativo è il crescente ed eccessivo peso attribuito all’apparire, invece che all’essere: il tutto amplificato dal “delirio digitale”. E Fabio, nel suo libro, descrive molto bene questa situazione: «Il nostro è il tempo della lontananza, non della vicinanza, perché la connessione via web avvicina senza incontrare chi è lontano e allontana, estraniandolo, chi è vicino. Si vive la lontananza “vicina” e la vicinanza “lontana”, nel narcisismo digitale che spettacolarizza il sé, vittima della solitudine affollata dagli incontri virtuali».
Questo è un approccio sostanzialmente egoista e utilitaristico, mentre dovrebbe prevalere il senso contrario: “Io ti saluto perché ti rispetto, io ti rispetto proprio perché ti riconosco”. Non a caso Aristotele affermava che si rispetta ciò a cui attribuiamo un valore. La filosofia del saluto è quindi «assimilare e aiutare a com-prendere, stringere dentro l’altro».
Nel libro di Fabio Peserico è molto interessante anche il capitolo sul saluto nell’esperienza del dolore e della malattia. Susan Sontag, scrittrice e filosofa americana, definisce la salute il lato diurno della vita e la malattia quello notturno. Fabio riporta il concetto di un monaco tibetano, secondo il quale il nascere e il morire null’altro sono che il venire e l’andare che, per tutto il tempo della vita, rimangono aggrovigliati.
Omero definisce brotos l’uomo, colui che è destinato a morire. Platone usa la parole thnetos, il mortale. Entrambi sottolineano che morire è parte del vivere. Umberto Galimberti afferma che non si muore per usura organica, ma perché la morte è immanente alla vita. Non sopraggiunge come un accidente possibile, ma forma con la vita la stessa trama che la costruisce e la distrugge.
Tornando al libro di Fabio, la riflessione «non esistono malattie, ma uomini ammalati» mi ha riportato alle agghiaccianti immagini delle file di camion militari che trasportavano le bare di persone morte di Covid, senza poter salutare i loro cari. Sono morte sole, mentre avrebbero avuto un bisogno straordinario di un saluto, proprio quando la loro salute li abbandonava in modo esiziale, definitivamente. Si chiede Fabio: «Di che cosa ha bisogno chi è ammalato? Di qualcuno che gli sia e gli stia vicino, che gli porti saluti autentici e veri, che gli venga a fare visita».
Queste persone, spesso anziane e quindi ancor più fragili, non sono morte come i vecchi Indiani che si ritiravano, soli, ad aspettare la fine, in contatto con la natura. Sono morte in strutture fredde, circondati da fantasmi che sicuramente avevano un cuore dolce e forte, ma che non poteva trasparire dai loro indispensabili scafandri. Sono morte senza che nessuno tenesse loro la mano, mentre «il toccare è un balsamo perché riattiva “la memoria della pelle”: ci ricorda quando eravamo bambini incerti e insicuri, bisognosi di trovare riparo dove non sentire più paura».
Concludo queste considerazioni, che non vogliono avere la dignità di una recensione, con questa frase di Fabio: «Chi trova tempo per salutare e ascoltare dona del tempo». Anche se Seneca sosteneva che il tempo è un bene che quando viene dato non può essere restituito, nemmeno dalla persona più riconoscente, dedichiamo tempo agli altri perché, in fondo, lo dedichiamo (anche) a noi stessi.
Fabio Peserico, Filosofia del saluto, Aracne, Canterano (RM) 2020.
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a cura di Michele Lucivero
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