Fabio Peserico sulla raccolta di saggi con Gurisatti, Ghilardi, Riggio, Di Cintio dal titolo “La Rinascita tra mito, storia e filosofia”

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Fabio Peserico e Michele Di Cintio
Fabio Peserico e Michele Di Cintio

Di Fabio Peserico, Vicepresidente della sezione vicentina della SFI: M. Di Cintio, F. Peserico (a cura di), La “rinascita” tra mito, storia e filosofia, Aracne, Roma 2021. Rinascita: già la parola, diceva Jules Michelet in Histoire de France, è aimable. Indica un risorgere – dal sonno, dalla morte – un nuovo nascere: un nascere di nuovo, ma in modo nuovo mai identico, mai emerso prima. Un tempo, una vita nuova, un tempo di vita in cui vivere è bello. È una parola carica di positività e di fiducia simboleggiata dallo sguardo aperto verso il futuro, l’avanzamento, la possibilità di miglioramento.

Nei saggi presenti in questo testo i concetti di ciclicità e rinascita e i loro scopi sono stati pensati entro una prospettiva plurale di interconnessione culturale, attraverso le interpretazioni date da alcuni pensatori dell’Occidente, dalla cultura africana subsahariana e dal pensiero cinese tradizionale per concludersi  proponendo una lettura filosofica della bellezza ed estetica della filosofia come opportunità di rinascita, come antidoto al nichilismo e all’indifferentismo della nostra contemporaneità.

Nel testo La rinascita dell’Europa nel pensiero di Edmund Husserl, Michele Di Cintio (Presidente SFI Vicenza) riproduce l’analisi husserliana intorno alla crisi delle scienze europee, condotta attraverso il metodo fenomenologico, per sostenere che l’identità specifica della coscienza europea può ritornare a riappropriarsi dei suoi valori peculiari e fondativi a condizione che alla filosofia, così come è stata interpretata dalla cultura antica greca da cui ha avuto nascita, venga affidato l’elevato e indispensabile compito di realizzare una rinascita etico-spirituale per scongiurare ogni deriva distruttiva, per salvare l’Europa dalla violenza, dall’ignoranza e dall’ingiustizia.

Nel saggio L’abisso della rinascita, invece, Giovanni Gurisatti (Università di Padova) riflette sulla figura e sul compito del maestro nella prassi filosofica attraverso le suggestioni che emergono dal pensiero di Nietzsche, Heidegger, Foucault e Achenbach. Comune è il richiamo della rinascita come conversione, liberazione e abbandono di un modus vivendi, caratterizzato dalla dipendenza e dall’assenza di decisione responsabile, per diventare sé stessi, conoscersi e rivelarsi al mondo nella propria irrepetibile unicità libera e autonoma. Il maestro, entro il processo di questa trasformazione, è guida e stimolo psicagogico destinato a rendersi superfluo.

Interrogando le tradizioni culturali extraeuropee nel saggio Ciclicità e rinascita nel pensiero cinese tradizionale Marcello Ghilardi (Università di Padova) sottolinea la necessità di interpretare il concetto di rinascita nella peculiarità del contesto storico-culturale entro cui sorge contro ogni pretesa di normativizzazione e di semantizzazione esclusiva per cui emerge come indispensabile il confronto con altre culture. Nella cultura tradizionale cinese, riflettendo sul concetto di rinascita, viene affermato il principio di unità e quello del cambiamento, ma entro la ripetizione, dunque la ciclicità. La narrazione della storia non è, infatti, separabile o distinguibile dal corso dello sviluppo delle vicende cosmico-naturali, sottolineando la stretta correlazione tra l’accadere e il movimento dei fatti umani, storico-sociali e eventi naturali.

Quando nella seconda metà del ‘900 la Cina si trova necessariamente costretta a confrontarsi con la cultura economico-militare e ideologico-politica dell’Occidente per scongiurare il possibile imperialismo culturale di quest’ultimo e affermare la propria specificità e identità culturale, valorizzerà la propria tradizione spiritualistica classica come luogo di significazione della sua contemporaneità contro le possibili derive materialistiche del comunismo.

La "rinascita" tra mito, storia e filosofia
La “rinascita” tra mito, storia e filosofia

Nel saggio L’idea di rinascita nella cultura africana subsahariana Luciana Riggio (Museo Africano di Verona) insiste su questo concetto all’interno della cultura africana fortemente animistica e simbolica. Essa interpreta l’uomo, la natura e il cosmo non entro la categoria del tempo lineare che, scorrendo, nega e fagocita ogni istante destinato alla negazione, ma del tempo circolare che, accadendo e ri-accadendo, racconta la vita e la morte delle cose non nella prospettiva della contrapposizione ma della interazione e dell’integrazione. La rinascita pertanto non risulta pensabile senza la ciclicità del divenire, l’eterno movimento dell’essere e della vita a tal punto da, con esso, coincidere. Tutto è in relazione, interconnessione, trasformazione e in definizione nelle relazioni che gli appartengono, per cui non esiste né l’individualismo né la separazione tra materia e spirito, tra vita e morte che sono modalità, forme di energia diverse che si avvicendano nel ritmico e titanico movimento della vita in cui vi è continua permeabilità tra visibile e invisibile. Stretto risulta il legame tra vita, morte, reincarnazione e rinascita: la vita viene dalla morte così come la morte viene dalla vita e la rinascita, la nuova vita ossia la vita che nasce in una nuova forma, è l’esito di un acquisto che deriva dall’abbandonare lo status precedente, un decadere da ciò che prima si era.

Nell’ultimo saggio, Filosofia della bellezza e bellezza della filosofia come opportunità di rinascita Fabio Peserico propone la tesi della rinascita della bellezza come possibile antidoto al nichilismo, al consumismo e all’indifferentismo individualistico della nostra contemporaneità. La ricerca e la celebrazione della bellezza esprimono non solamente un bisogno teoretico-contemplativo, ma altresì etico-operativo, conferendo così all’estetica una valenza e finalità pragmatica e esistenziale in quanto diventa principio guida e norma del nostro agire. Si diventa fruitori di bellezza dopo aver “sensibilizzato” il nostro animo, ossia dopo averlo reso sensibile al bello, per poter pensare, parlare e agire in modo bello. La bellezza diventa così una pratica esistenziale: l’uomo ne può essere interprete e testimone, apostolo che la predica e la pratica.

Sarà proprio la riflessione intorno alla categoria “dell’inutile”, concepito est-eticamente come necessario, che permetterà l’incontro tra la filosofia e la bellezza, unite dal comune stupore e dal desiderio di verità, che le induce a problematizzare e ricercare possibili positivi luoghi di significazione del vivere umano affrancandolo non solo dalla bruttezza ma anche dalla malvagità, dalla disumanità e dall’ignoranza.


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a cura di Michele Lucivero

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