Fallimenti e concordati in calo a Vicenza nel 2020

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Tra il 2019 e il 2020 i dati evidenziano un calo delle procedure concorsuali presentate in Tribunale a Vicenza, grazie agli interventi normativi di rinvio all’applicazione del Codice della Crisi che hanno congelato molte posizioni di aziende prossime al default. Nel frattempo la contrazione di liquidità per le imprese è sempre più pesante e le nuove regole sui conti correnti sono più stringenti in caso di sconfinamento, per cui è più facile diventare un cattivo pagatore.

Sul fronte della crisi di impresa a Vicenza si registra tra il 2019 e il 2020 un trend in discesa con -32% di procedure di fallimento, si è passati dalle 204 procedure del 2019 alle 137 del 2020, anche i concordati sono calati -67%, passando dai 47 del 2019 ai 15 del 2020. Tra il 2018 e il 2019 i concordati erano scesi da 53 a 47 mentre i fallimenti erano saliti dai 152 del 2018 ai 204 del 2019.  

Per i fallimenti si tratta di dati in linea tendenziale con quelli del Veneto dove tra il 2019 e il 2020 i fallimenti sono calati del 27%, passando dai 987 del 2019 ai 713 del 2020, mentre i concordati sono diminuiti a livello regionale del 37%, passando dai circa 164 del 2019 ai 103 del 2020. (Fonte: Portalecreditori)

Tra le province del Veneto Vicenza, con i suoi 137 fallimenti dichiarati nel 2020, è al terzo posto dopo Padova con 162 fallimenti e Verona con 157 fallimenti e prima di Treviso con 116 fallimenti.

Fra le aziende che hanno maggiormente risentito delle difficoltà derivanti dalla pandemia – osserva Margherita Monti presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Vicenza –  ci sono le imprese più piccole e piccolissime meno strutturate e prive di patrimonio aziendale oltre a quelle del settore della ristorazione, del commercio al dettaglio, delle strutture ricettive, delle attività sportive e di intrattenimento. Per gli aiuti ricevuti e gli ammortizzatori sociali messi in campo dal Governo il 2020 ha chiuso rallentando le situazioni di disagio finanziario e molte imprese sono riuscite a sopravvivere. 

Il 2021 vedrà il protrarsi delle situazioni di difficoltà delle aziende consolidando in generale il   calo del fatturato, la riduzione delle liquidità e l’aumento dello stock dei prestiti bancari alle imprese. Inoltre, la Legge 178 del 30 dicembre 2020, meglio nota come Legge di bilancio 2021, all’articolo 1 proroga al 31 marzo 2021 il blocco dei licenziamenti che pur non riguardando ogni categoria e settore comporterà uno “tsunami” lavoro che si ripercuoterà sulla società civile. Ben vengano gli interventi a sostegno dei vari settori economici colpiti dalla pandemia, ben vengano le normative per rinviare nel tempo la fuoriuscita dal mercato delle aziende ma perché tutto questo serva è necessario accompagnare queste iniziative con progetti e riforme di Governo che tendano a programmare un futuro che garantisca tra l’altro lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione, della comunicazione e delle tecnologie digitali, la ripartenza degli investimenti sia pubblici che privati, una Pubblica Amministrazione efficiente e all’avanguardia il tutto accompagnato da un processo di riduzione della frammentazione attuale delle normative e delle regole spesso confuse e sovrabbondanti.”

Dal 1 gennaio 2021 è entrata in vigore la nuova disciplina del rapporto banca-impresa, per cui sarà più facile finire nella lista dei cattivi pagatori gestita dalla centrale rischi della Banca d’Italia in caso di sconfinamento del conto corrente, con l’effetto di impedire l’accesso a delle nuove linee di credito. Molti addebiti automatici, in caso di mancanza di liquidità nel conto corrente, potrebbero non avvenire. Secondo la nuova normativa appena entrata in vigore, le banche dovranno dichiarare inadempienti le imprese in arretrato di pagamento per oltre 90 giorni sugli importi superiori ai 500 euro riferiti a uno o più finanziamenti e che rappresentino più dell’1% dei debiti totali. In base alle nuove regole, il default di una posizione si estenderà automaticamente a tutti i finanziamenti del cliente nella stessa banca. Inoltre i margini attivi dell’impresa presenti sulle altre linee di credito, non potranno più essere usati per compensare le pendenze ed evitare l’inadempienza, con l’effetto che sarà più facile finire sulla lista dei cattivi pagatori gestita dalla centrale dei rischi della Banca d’Italia non è un problema da poco perché impedisce di accedere ad altre linee di credito. 

“La restrizione del credito bancario che rappresenta la principale fonte di finanziamento per le piccole e medie imprese – conclude Monti comporterà un sicuro rischio di chiusura e una occasione di infiltrazione nel tessuto sociale ed economico delle criminalità organizzata attraverso l’usura e l’acquisto di imprese in crisi.”