Faresin più forte del tempo: a 69 anni dal 4 luglio in kayak sul Noatak. Il vicentino attraverserà i 684 km del grande fiume dell’Alaska in solitaria

E’ la sua 12ª spedizione: partenza domenica 4 luglio, durata prevista tre settimane. L'impresa è per i Medici con l’Africa Cuamm e Faresin sarà testimonial per per Survival

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La calma “mondiale” di Giuseppe Faresin e i suoi nervi d’acciaio contro uno dei corsi d’acqua più selvaggi dello Stato americano (in copertina una nostra video intervista per la sua impresa sul Po per il Ponte di Bassan, ndr). Mondiale come i tour in canoa che dopo il Mississippi, il Golfo del Messico, lo Yukon e il Rio delle Amazzoni, lo sta per portare su un altro grande fiume, il Noatak river, nell’Alaska artica.

Gli anni passano, la voglia di (ri)mettersi in gioco per “raggiungere nuovi traguardi” rimane e si rinsalda da quella prima volta, nel 1977. E’ quel qualcosa che senti dentro, macina e ti fa andare oltre. Beppe Faresin, residente a Sandrigo, ce l’ha nel dna: a 69 anni si appresta a vivere tre settimane sul kayak per percorrere 684 km sopra il circolo polare e all’interno di un’immensa riserva protetta. In solitudine ma non in solitaria: “Un’avventura che comporta dei rischi: percorrendo il Noatak non troverò nessun insediamento abitativo, se non un piccolo villaggio di nativi a circa 80 chilometri dalla foce”.

Lui con sé stesso, per la dodicesima volta: “L’apprensione e la tensione sono sempre le stesse. La soddisfazione, anche” dice Beppe che parte domenica 4 luglio: da Venezia raggiungerà in aereo la città di Anchorage, poi l’avamposto di Kotzebue da dove decollerà a bordo di un Cessna per atterrare sui ghiaioni in cui prende forma il Noatak. E’ lì il punto di partenza della nuova avventura, a tre anni di distanza dalla sua ultima spedizione: i 960 chilometri percorsi in kayak sui fiumi Yukon e Teslin, nel Canada nord occidentale.

DIETRO LE QUINTE Tre settimane previste di attraversata che hanno richiesto una lunga e minuziosa preparazione. E che richiederanno quell’attenzione costante, senza soste, per mettersi al riparo da pericoli incombenti, sempre dietro l’angolo. “Spesso un imprevisto arriva nel momento in cui si abbassa la guardia per un’eccessiva sicurezza: mente e fisico saranno messi a dura prova. Trasporterò 150 kg di materiale, di cui 30 di cibo: pasta, risotti, minestroni, tonno, biscotti, caffè, latte, salame, pane e altro ancora. Il tutto conservato dentro a un fusto rigido anti-orso e da tenere lontano dall’accampamento. Poi avrò una telecamera, macchina fotografica, drone e GoPro con quattro power bank, per una riserva totale di 150 mila mA e un pannello fotovoltaico per la ricarica. Vestiario caldo e materiale da campeggio come tenda, sacco a pelo, fornellino, combustibile e il depuratore per l’acqua”.

Tre settimane sempre in allerta, sul chi va là: “Una piccola distrazione può avere effetti disastrosi. Massi e tronchi seminascosti diventano improvvisamente trappole micidiali. Un incravattamento o la rottura del kayak vanno evitatati. Anche nei momenti di pausa si deve sempre stare in campana, controllare e leggere il fiume per capire dove andare e, a volte, come sbrogliare un labirinto di canali e corsi d’acqua che magari non portano da nessuna parte. Terrò il salvagente sempre indossato, un sistema satellitare di soccorso di tipo Spot e un telefono satellitare, che oltre a permettermi di comunicare con la mia famiglia, ha anch’esso un pulsante di Sos da settare e testare prima”.

Un’altra palestra di vita per stare in presenza, aspetto fondamentale della quotidianità: esserlo consente di capire e vivere ogni momento della vita, cogliendone l’essenza. “Sarà anche una grande occasione e opportunità per toccare con mano gli effetti del cambiamento climatico in una delle regioni più selvagge e incontaminate del mondo”.

Una sfida anche contro l’inesorabile tempo: “I 69 iniziano a farsi sentire, ma avrò la meglio anche contro l’età che avanza”.

CLIMA E HABITAT In Alaska l’estate è molto fresca e piovosa: massime di 17 o 18 gradi con il sole, di notte le temperature scendono anche sottozero. “La pioggia e il vento a sfavore saranno i problemi maggiori, oltre agli orsi e i lupi. Infatti – afferma Faresin – porterò con me anche due grosse bombolette di spray e una tromba da stadio per tenerli a debita distanza. E dovrò fare attenzione anche alle zanzare: ce ne saranno a milioni”.

PAGAIATE SOLIDALI La spedizione, come tutte quelle già affrontate, sono autofinanziate: “Per ogni chilometro percorso donerò un euro ai Medici con l’Africa Cuamm. Sarò anche testimonial per Survival, associazione che collabora e tutela i popoli indigeni in America, Africa, Asia e Oceania per proteggere i loro diritti territoriali e denunciare le atrocità commesse da governi e grandi aziende”.

Oltre a essere solo con sé stesso, ci saremo idealmente anche noi: tutti uniti con Faresin per chi ha bisogno.