Premesso che l’antifascismo – scrive nella nota che pubblichiamo Giovanni Coviello candidato per Insieme al Senato collegio plurinominale Veneto 2 (Vicenza, Verona, Padova) e Coordinatore cittadino Psi Vicenza – è storicamente nel Dna del Partito Socialista Italiano e più personalmente in quello mio (per la formazione politica iniziata con mio padre che è stato in campo di concentramento per non aver aderito alla Repubblica di Salò), ritengo che i toni di certe dichiarazioni, come affermato anche dal premier Gentiloni e dal ministro degli Interni Minniti, andrebbero abbassati e razionalizzati.L’imporre dichiarazioni di antifascismo per la concessione di spazi pubblici comunale, che, per altro, nulla hanno a che fare con le autorizzazioni delle manifestazioni che sono compito esclusivo della Questura, ottiene solo l’effetto di accentuare reazioni da parte di sciocchi/violenti contro chi dovrebbe formalizzare il suo antifascismo e può così atteggiarsi a vittima di comportamenti anti democratici.
Meglio sarebbe, anche per il nostro primo cittadino e per gli altri candidati non lasciarsi andare a comode dichiarazioni pro e contro queste soluzioni virtuali di un problema più grande, che è il malessere della società, anche e soprattutto vicentina.
Malessere che risiede nel crac della Banca Popolare di Vicenza, di cui solo lo scrivente può rivendicare di essersi occupato per tempo a differenza di chi oggi sa solo diffondere inutili dichiarazioni di comodo, e nelle crisi sempre più ricorrenti di aziende che operano a Vicenza ma con proprietà distanti.
Se tutta la stampa si sta interessando al caso Embraco, anche grazie alla sensibilità del governo, non vediamo azioni ficcanti dei politici locali, al di là delle solite dichiarazioni di maniera, presso lo stesso governo per rendere nazionale il malessere locale e per sensibilizzare il Mise su due crisi, quella della Lovato Gas del gruppo emiliano Landi Renzo, che si è data per risolta pur avendo significato la riduzione a poche unità del personale, e l’altra della Omba di Torri di Quartesolo, la cui proprietà, la famiglia Malacalza, socia di riferimento della Carige vuol far credere ai politici di mestiere, gli stessi che si sono visti morire la BPVi sotto il naso, di non avere risorse economiche sufficienti per gestire la crisi di liquidità della storica fabbrica vicentina.
Sarebbe ora che Vicenza sostituisse all’atavica ipocrisia delle dichiarazioni antifasciste e di quelle di sterile solidarietà con atti concreti che, risolvendo i problemi, tolgano spazio al fascismo economico e finanziario che è ancora più pericoloso di quello politico.