Federico Carboni, il videomessaggio di commiato del primo uomo a praticare il suicidio assistito in Italia

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Federico Carboni, 44enne di Senigallia

Federico Carboni chiude con un sorriso, liberatorio e commosso (immagino) al tempo stesso, il videomessaggio di commiato da questo mondo. Inizia spiegando che se qualcuno sta in quel momento guardando quelle immagini, vuol dire che lui nel frattempo è morto. Federico, fino a qualche giorno fa conosciuto come “Mario”, è l’uomo che per primo in Italia ha ottenuto di essere sottoposto al suicidio assistito.

È questo un tema estremamente divisivo nel nostro Paese, e non solo, che a chi scrive non pare il caso di addentrarsi nel ginepraio delle opinioni personali. Ma questa storia non deve essere trascurata. E merita, quanto meno, una cronaca. Una traccia sulle pagine di questo portale di informazione. Affinché si abbia testimonianza di come Federico Carboni ha maturato la convinzione della scelta adottata.

C’è un passaggio molto toccante. Federico racconta di un colloquio fatto con suo padre nel corso dei tanti anni, dodici, di condizione da tetraplegico. Racconta, Federico, che il padre gli chiese che prospettive di vita avesse il figlio per il futuro: “Andrò avanti fino a che ce la farò, ma quando i dolori dovessero essere troppo forti farò di tutto per ottenere il suicidio assistito”, ha risposto.

Quei dolori sono diventati troppo forti. È tutto qui.

Federico Carboni di Senigallia nel videomessaggio di commiato dalla vita ripercorre anche il percorso del suo calvario. Dall’incidente che lo ha reso tetraplegico fino all’anno in cui ha operato la sua scelta, per poi proseguire con il racconto dell’ok ottenuto presso un apposito istituto in Svizzera e dei contatti con l’associazione Luca Coscioni e con Marco Cappato. La convinzione, poi, di poter concretizzare la sua scelta nel suo Paese, in Italia.

Da qui la battaglia, lunga 20 mesi, fino a qualche giorno fa. “Essendo stato il primo in Italia ci ho messo 20 mesi e mi auguro che le prossime persone che ripercorrono la mia strada ci mettano molto meno tempo perché 20 mesi per chi sta male e soffre sono veramente veramente lunghi”, ha detto ancora “Mario”.

 

“Ci uniamo all’auspicio di Mario – commenta Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – dal giorno successivo il compimento del suo aiuto al suicidio riteniamo sia indispensabile un’inversione di rotta sull’attuale testo di legge.

Ma leggiamo che anche il Ministro Speranza, dopo il Segretario del Pd Letta, insiste oggi sulla importanza di una legge facendo riferimento al testo attualmente in discussione che Pd e il Movimento 5 stelle non sembrerebbero disponibili a modificare. Dobbiamo tornare dunque a chiarire che, grazie alla tenacia di Federico Carboni, da oggi la questione si pone in termini completamente nuovi. Avere potuto Federico ottenere l’aiuto medico al suicidio grazie all’ associazione Luca Coscioni e al dott. Mario Riccio crea un precedente di portata storica, come lo stesso Federico lo ha definito nel suo commiato alla vita.

Approvare definitivamente al Senato una legge come quella votata dalla Camera, che restringe i paletti di ciò che è già possibile fare in base alla sentenza della Corte costituzionale, sarebbe ormai inutile. Spacciare tale obiettivo come la nuova frontiera avanzata dei diritti civili sul fine vita in Italia diventa ormai una presa in giro. Una legge servirebbe eccome, se eliminasse le discriminazioni tra malati e introducesse tempi certi per le procedure.

Di meno, come è il caso della legge Pd/M5S nella versione attuale, che impone criteri ancora più restrittivi, non è accettabile, perché rischierebbe di rendere ancora più difficile il percorso per i futuri Federico Carboni e Mario Ridolfi. C’è bisogno di una legge, non di ulteriori giochini elettoralistici sulla pelle dei malati”.