Ferrari batte Mercedes, l’Italia in scia della Germania in Europa: Leclerc un po’ Bartali e Gentiloni in Europa

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Vince la Monza la Ferrari con Leclerc
Vince la Monza la Ferrari con Leclerc

Dopo nove anni la rossa Ferrari rivince a Monca il Gran Premio d’Italia e il suo pilota monegasco Jean Leclerc “esalta” il popolo tricolore riversatosi in massa a Monza dopo aver respinto l’assalto prima di Hamilton e, poi, di Bottas con le loro super car Mercedes che fino a due settimane fa sembravano imbattibili.

Grande gioco di squadra sottolineavano più volte i telecronisti dopo le rosse italiane hanno bruciato sul traguardo le grigie tedesche mentre in più di centomila cantavano a squarcia gola l’inno d’Italia dimostrando che quegli italiani oggi a Monza (magari giallo, verdi, rossi, azzurri, bianchi o senza colori quando e se discutono di politica) sono il simbolo festoso di un popolo che sa riunirsi sotto una bandiera quando a unirli è l’entusiasmo e l’amore per qualcosa e non l’odio dei poveri contro altri poveri.

Da anni certi politici ci dispensano a piene mani appelli alla divisioni e progetti di ghetti convinti che questi possano prevalere sulla voglia e sulla necessità di percorrere una strada comune.

Eppure anche la storia più recente dimostra ai nostalgici dell’infelicità che l’odio e il razzismo del nazismo e del fascismo sono stati respinti, sia pure al costo di milioni di morti, dalla voglia e della necessità di libertà e umanità di uomini e donne diversi per fede politica e religiosa.

In Italia misero da parte per il giusto tempo le loro diversità e lottarono insieme per i loro ideali comuni dai popolari poi democristiani di Degasperi e dai laici liberali e repubblicani fino ai socialisti di Pertini e ai comunisti di Togliatti, che, non dimentichiamo un passaggio fondamentale della nostra democrazia, dopo l’attentato al loro leader furono indotti ad evitarono il peggio dal buonsenso dei loro dirigenti e dall’invito alla calma dello stesso Togliatti.

A simboleggiare un Paese che, pur coltivando la forza democratica delle diverse opinioni e dei diversi modelli sociali, poteva dirigersi verso obiettivi comuni fu un grande evento sportivo, il successo di Gino Bartali al Tour de France che contribuì non poco ad evitare quel peggio che Togliatti e gli italiani più “visionari” non volevano.

Oggi, quando le guerre occidentali non si fanno più, come in Africa e nelle aree più misere del mondo, con le armi convenzionali (quelle nucleari incombono come la minaccia della fine globale) ma con quelle della finanza, meno appariscenti anche se più letali, ci piace pensare che la Ferrari italiana, che fa vedere di sé solo il, magnifico, lato B alle Mercedes tedesche, offra la sua scia trainante a tutta l’Italia.

E ai politici che ne disegnano il destino, Mattarella, Conte, Di Maio, Zingaretti, Speranza, ma anche a chi non ci sta al nuovo governo, cioè ai liberal democratici della berlusconiana Forza Italia, ai fan del suicida politico Salvini e della “sorella ‘d’Italia” Meloni.

La Ferrari ha vinto, dopo mille difficoltà, due gran premi di seguito e proverà a competere a lungo con radici italiane, proprietà globalizzata, maestranze emiliane e tifosi in tutto il mondo.

L’Italia conquisti il futuro e lo spazio che merita, che si concretizzano plasticamente e inizialmente anche nella figura di Gentiloni in Europa, con una classe politica che si confronti anche aspramente all’interno del Paese ma sappia finalizzare le diverse visioni non solo al vantaggio effimero e momentaneo della propria parte ma a quello più duraturo del Paese che nella sua bandiera a tre colori evidenzia il bello delle diversità ma che ha bisogno di tante mani strette intorno alla sua asta perché il tricolore sventoli in Europa e non voli via. Per sempre…