Cercheremo con queste riflessioni di accompagnare in maniera “decrittativa” (e riassuntiva) il video integrale della conferenza stampa di martedì 19 giugno del presidente della Fondazione Roi Ilvo Diamanti e del suo vice Andrea Valmarana di cui ha già riferito il nostro Edoardo Andrein titolando «“Nasce una “nuova” Fondazione Roi per Ilvo Diamanti: “chiuse alcune vertenze, le altre non dipendono da noi”. Valmarana: “perdita di 25 mln sulle azioni BPVi oltre incognita ex cinema Corso, ora statuto blindato”» la sua cronaca immediata accompagnata dalle video interviste dei due protagonisti dell’incontro con la stampa e, soprattutto, della gestione dell’anno e mezzo successivo alla presidenza di Gianni Zonin.
Qual è, rifacendoci al titolo in un processo mentale inverso, il “peccato originale” di Ilvo Diamanti?
L’aver gestito la Fondazione a capo di un cda in cui la new entry insieme a lui, Giovanna Grossato, “ammiratrice” di Variati, avrebbe brillato, come da noi previsto, per efficacissima ininfluenza, l’influentissimo Andrea Valmarana, la terza new entry, arrivava da ex profesionista fino al giorno prima della Zonin spa e gli quattro “vecchi” componenti erano stati scelti addirittura da Zonin: Giovanni Villa, divenuto, col marchingeno ideato insieme a Jacopo Bulgarini d’Elci, direttore del Museo Civico di Vicenza tutto fuorché pro tempore, come previsto, invece, da statuto per entrare a pieno titolo in cda; Giovanna Rossi di Schio, presidentessa del Fai di Vicenza e moglie di Alvise, un braccio destro storico del re del vino di cui aveva preso il posto, l’architetto Emilio Alberti, benvisto da Curia e sindaco, pagato tramite la Roi per lavorare per il Chiericati, il vero e unico Museo civico a cui il marchese Giuseppe Roi aveva destinato la sua Fondazione, e subito cooptato in cda, e mons. Francesco Gasparini, direttore del Museo diocesano beneficiato dalla Roi anch’esso in spregio dello statuto.
Se Diamanti non aveva accettato l’incarico con la presunzione di essere schermato nel contesto in cui avrebbe operato, di certo è lui a portare il peso del peccato originale di aver accettato un cda della Roi “marcato” da Gianni Zonin, l’autore della sua demolizione con l’acquisto del diroccato ex Cinema Corso per 2.5 milioni per farne cosa non si sa (o, meglio, lo si sapeva fin dall’inizio anche a Palazzo Trissino: una speculazione immobiliare con Palazzo Repeta e l’ex sede della Camera di Commercio) ma, soprattutto, con l’acquisto/sottoscrizione di 29 milioni di euro di azioni della Banca Popolare di Vicenza da lui stesso presieduta in palese conflitto di interessi e in chiaro spregio dello statuto della Roi che di certo non consentiva speculazioni finanziarie per giunta concentrate su un unico titolo.
Tutto ciò premesso (per i nostri lettori è un memo di cose già scritte) questo cda ha portato oggi il suo presidente ad annunciare
1 – il nuovo “statuto blindato” per il quale, fermo restando il membro di diritto che rimane il direttore, si spera, veramente pro tempore del Museo Civico di Vicenza (non Villa ancora una volta?) a nominare, uno ciascuno, i tre membri che prima sceglieva la BPVi saranno l’Accademia Olimpica, il Fai, ops, e la Diocesi di Vicenza che è titolare del Museo Diocesano, ri-ops. Sulla scelta dei due ultimi enti ci siamo già espressi il 13 maggio qui: «Diocesi di Vicenza e Fai sceglieranno futuri cda Fondazione Roi? I motivi di inopportunità per rispetto del marchese Roi a cui è dovuta azione responsabilità contro “ex amico” Zonin»
2 – belle frasi in cui si afferma, senza attuarla dopo un anno di, altri, soldi spesi (per dilatare i tempi?) con due studi legali milanesi, la volontà di chiamare l’ex presidente Gianni Zonin a rispondere dei danni arrecati alla Roi dalla malagestio sua e dei suoi cda, tra cui quattro settimi di quello attuale: oltre all’aver elargito i suoi denari non al Chiericati ma a una miriade di entità locali per comprarne gli inchini, Zonin, non lo ha potuto negare neanche Valmarana nell’intervista a noi concessa, ha “bucato” 29 milioni (il 30% del patrimonio) con le azioni della sua BPVi e 2.5 milioni con l’ex Cinema Corso, da vendere oggi a poco a chi lo volesse acquistare o da ristrutturare a costi enormi, sempre che ne vengano modificate, in assenza ora del sindaco Variati, le destinazioni d’uso, per farne appartamenti o uffici quando questo, fin dall’inizio, la Fondazione sapeva di non poterlo statutariamente fare
3 – altre belle frasi per ipotizzare “alla Variati” (la farei ma se ne occuperanno altri…) la costituzione della Roi come parte civile nel processo contro la BPVi e i sette imputati…
Potremmo proseguire nelle annotazioni su quanto detto oggi (ad esempio sulla liceità da parte della Roi di finanziare la mostra di Marco Goldin in Basilica Palladiana salvo non avere in uso, come da accordi strombazzati per giustificare l’intervento, l’allestimento ora distrutto) ma ci fermiamo qui per evidenziare come Diamanti per colpa di quel peccato originale abbia fatto uno sgarbo a Vicenza e all’Istituzione che la rappresenta pro tempore, il sindaco Francesco Rucco.
Se lo sgarbo ai vicentini è in tutti i tre punti precedenti, quello istituzionale è aver “blindato” lo statuto di una Fondazione nata per finanziare, solo, il Chiericati e gli altri due musei civici (non la Basilica nèé il museo diocesano né altro) senza aver mai “ascoltato” la città.
Vicenza è stata, infatti, ascoltata fino al 10 giugno (e il primo annucio ufficiale di cui al punto 1 è stato del 13 maggio), quando regnava Achille Variati, solo tramite la sua voce e quella dei suoi fan (tra cui l’indagato e censurato Villa) e mai prestando attenzione alle altre, tra cui le migliaia rappresentate da questo mezzo.
Se, poi, Francesco Rucco fosse stato non dico interpellato (non ce ne sarebbe l’obbligo se non quello, alto e morale, di sentire il rappresentante e “titolare” pro tempore della proprietà del Chericati a cui il marchese ha dedicato la sua Fondazione), ma almeno “letto” nelle sue abituali e ripetute dichiarazioni non solo da candidato sindaco ma anche da consigliere di opposizione, Diamanti e il suo cda di signore ininfluenti e di “debitori” di Zonin avrebbero saputo che, a differenza del suo predecessore che comunicò il nome di Giovanni Villa come quello del “direttore” del Chiericati (omettendone i suffissi “scientifico” e “onorario” che non sono sinonimi di “pro tempore”) e perciò avente diritto a sedere nel cda che ha deliberato il nuovo statuto, il vero direttore pro tempore dei Musei Civici è la dirigente del settore cultura Loretta Simoni, l’unica, quindi, avente diritto a stare in quel cda, marchingegni a parte.
Per cui, al di là delle valutazioni sull’opera di copertura delle magagne passate attuata da questo cda e dsulla validità delle scelte operate per individuare i tre enti che in futuro decideranno che gestirà le volontà finora disattese del fondatore della Roi, un dato è certo: il cda ha deliberato con un componente non avente diritto a farne parte.
Se il presidente attuale non ha mai voluto rivelare i dati e i dettaglio sigbificativio delle gestioni precedenti e non ha ancora attivato azioni di responsabilità contro Zonin e i suoi consiglieri, tra cui quattro dei sette attuali, i vicentini ritengano loro stessi e direttamente Ilvo Diamanti responsabile, prima, di non aver fatto luce sul passato e, poi, di aver fissato le regole per un futuro preoccupante con un cda non formato secondo lo statuto.
Francesco Rucco, che rappresenta tutti i vicentinil come ha dichiarato ed è anche un avvocato, ne tragga le conseguenze, se vuole cambiare rispetto al passato anche per uno dei crocevia peggiori dei poteri melmosi locali, e agisca nelle sedi opportune per riaffermare e far valere quanto ha sempre dichiarato.
Perchè nella “nuova Fondazione Roi” sbandierata da Diamanti c’è solo la nuova presa in giro di Vicenza.