“Il decreto Sostegni non ha tenuto conto di un limite normativo che condiziona pesantemente l’erogazione dei fondi riservati al settore, mentre le fiere tedesche percepiranno entro fine giugno 642 milioni di euro a fondo perduto. Siamo preoccupati perché in ballo non c’è solo il futuro del sistema fieristico italiano ma anche di uno strumento del made in Italy che ogni anno genera 60 miliardi di euro di business. A oggi i 4 principali poli espositivi nazionali hanno percepito ristori per soli 8,5 milioni di euro, l’equivalente del 5% delle perdite subite nel 2020 e poco più dell’1% rispetto ai fondi stanziati, che con l’attuale impianto rimarranno in buona parte inefficaci”. Lo ha detto ieri, 12 maggio, in conferenza stampa assieme ai vertici dei 4 player fieristici di Milano, Bologna, Rimini/Vicenza e Verona il presidente di Aefi – Associazione esposizioni e fiere italiane, Maurizio Danese. Alla conferenza stampa ha partecipato anche il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia.
Per Danese: “L’ultima chiamata è quella del Sostegni bis, per questo c’è attesa e attenzione in merito a quanto dirà il presidente Mario Draghi nel question time di oggi (ieri per chi legge). Serve superare la norma di Bruxelles pensata per scongiurare concorrenza sleale tra Stati che paradossalmente sta avvantaggiando il nostro principale competitor, la Germania. Si tratta di effetto boomerang della norma Ue, con forti ripercussioni sul futuro degli eventi bandiera del made in Italy. Ciò che chiediamo è semplicemente un allineamento con il regime tedesco degli aiuti”.
Da tempo i quattro maggiori operatori – Fiera Milano, BolognaFiere, Italian Exhibition Group (Rimini-Vicenza), Veronafiere, che da soli determinano il 70% del fatturato del settore – stanno rappresentando al Governo e alla politica i limiti di un sistema di gestione dei fondi che renderà in gran parte inattivi gli stanziamenti pianificati in favore del settore (più di 700 milioni di euro). Oltre ai ritardi nell’erogazione, anche a pieno regime il sostegno massimo complessivo in favore dei 4 poli non potrà infatti superare i 40 milioni di euro, a fronte di 170 milioni di euro di perdite registrate solo nel 2020. Colpa dei limiti imposti dal cosiddetto ‘de minimis’ che prevedono un’erogazione massima di 10 milioni di euro per richiedente e che la Germania è riuscita a superare in ragione dell’articolo 107 (paragrafo 2 lettera b) del trattato, che prevede la deroga in caso di ‘calamità naturali ed eventi eccezionali’. Una mossa che consentirà ai tedeschi il ristoro non solo delle perdite subite ma anche dei mancati margini riscontrati lo scorso anno, con un’erogazione complessiva di 642 milioni di euro. C’è infine, secondo Aefi, la necessità di incrementare la disponibilità dei fondi in dotazione al ministero del Turismo, in quanto quelli a disposizione del ministero degli Affari Esteri sono riservati alle sole manifestazioni internazionali.
Per l’amministratore delegato di Fiera Milano, Luca Palermo: “Le avance della fiera di Colonia nel momento in cui si stava discutendo sul Salone del Mobile sono il sentore di quello che potrebbe succedere. Quando questa tempesta sarà finita, rischiamo una importante asimmetria di mercato. Infatti, le fiere italiane si troveranno a utilizzare il valore creato per rimborsare i prestiti, mentre i colleghi tedeschi potranno fare investimenti e tentare di prendersi le nostre eccellenze. In Europa, l’industria fieristica italiana è la più importante dopo quella tedesca e quarta nel mondo e dà un fondamentale contributo al Pil. Per quanto riguarda Milano – ha concluso -, il venduto fieristico delle sue manifestazioni è di 53,7 miliardi di euro l’anno pari al 3% del prodotto interno lordo del Paese. Un dato importante che sottolinea quanto il sistema vada protetto”.
Per il presidente di BolognaFiere, Gianpiero Calzolari: “Il sistema fieristico nazionale è una parte fondamentale del sistema produttivo e industriale del Paese, nei nostri quartieri si tengono manifestazioni internazionali che rappresentano i più importanti distretti nazionali. Per questo – ha aggiunto Calzolari -, nel momento del rilancio economico post covid, occorre considerare attentamente lo stato di salute delle sue fiere; è una considerazione che condividiamo con le organizzazioni/associazioni dei vari settori che stanno aspettando di rimettere in moto le macchine, perché le fiere sono elementi fondamentali per le strategie di business”.
Per Lorenzo Cagnoni, presidente Italian Exhibition Group: “Abbiamo alle spalle un 2020 terremotato, con perdite molto pesanti: se il fatturato ante-covid era di 180 milioni euro, abbiamo concluso il 2020 a circa 70 milioni. E i conti del 2021 saranno sicuramente peggiori. La crisi del sistema fieristico italiano non è un’esagerazione furbesca, la nostra è una crisi vera e molto pericolosa: quel tanto che ancora è presente in termini di valore strutturale e competitività del nostro settore rischia di essere definitivamente travolto dalla situazione che si sta producendo. I provvedimenti – ha concluso -sono stati numerosi, anche troppi, ma i risultati sono stati ridicoli. Nessuno di noi è in grado oggi di fare un minimo di previsione su quell’ipotetico sostegno che l’autorità di governo dovrebbe darci”.
Per Giovanni Mantovani, ceo Veronafiere: “Il primo dato che va sottolineato è che le fiere ancora oggi sono in perdita e questo si somma ad un 2020 già in negativo. Finora Verona ha ricevuto solo 500 mila euro in termini di ristoro, se fossimo stati in Germania avremmo ricevuto intorno 35/40 milioni. Mentre noi siamo ancora a chiederci cosa succederà dal punto di vista dei sostegni, i nostri principali competitor in questi mesi si sono dedicati ad ammodernare le strutture espositive per mantenere il livello di competitività e a seguire l’incremento delle dotazioni digitali, che – secondo Mantovani – rimarranno una competenza fondamentale anche per i prossimi anni a integrazione delle manifestazioni fisiche”.
Secondo l’analisi di Aefi, lo scorso anno il settore, che vale oltre 1 miliardo di euro e genera un impatto sui territori di 23 miliardi di euro, ha perso circa il 75% del proprio fatturato. Le chiusure stanno influendo in maniera pesante sul 4° player mondiale (e 2° in Europa, dietro la Germania), con appena 53 giornate fieristiche svolte nel 2020 e zero nel 2021. Cali tra il 70% e l’80% anche nel numero di eventi dello scorso anno (erano circa 1.000 in fase pre-Covid), di espositori e di visitatori (in media 20 milioni l’anno) che abitualmente partecipano alle manifestazioni italiane.