Ne abbiamo parlato con l’onorevole vicentino Pierantonio Zanettin (Forza Italia) che da tempo si distingue dai colleghi per non sottrarsi mai alle domande e per dare risposte tipicamente documentate anche se risposte positive ai truffati spesso non le dà questo governo, che, dopo aver approvato il suo Odg per rimborsare al 95% gli “Obbligazionisti BPVi ‘convertiti’ in azionisti il 25-10-2014” non gli ha dato seguito legislativo.
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On. Zanettin, che novità ci sono sul fronte del Fondo Indennizzo Risparmiatori?
Dopo l’approvazione il 28 giugno scorso del “decreto crescita”, che ha corretto la legge di Bilancio, mancano i necessari decreti attuativi. Molti risparmiatori mi hanno contattato questi giorni per capire come presentare domanda per l’indennizzo, ma ho dovuto rispondere che bisogna ancora aspettare. Allo stato il Governo non ha fornito alcun elemento per conoscere i tempi di effettiva erogazione degli indennizzi.
Eppure la Commissione tecnica che dovrà esaminare le domande di Indennizzo sembrava fosse stata costituita il 4 luglio scorso
La bozza bollinata e datata 4 luglio scorso del decreto del ministro Tria di nomina dei componenti della commissione non risulta pubblicata in Gazzetta Ufficiale e quindi non ha ancora efficacia giuridica. Non è stato fissato neppure il termine di 180 giorni per la presentazione delle domande previsto dall’art 10 del decreto attuativo, pubblicato nella G.U. l’11 giugno scorso.
Come si spiega questo ritardo?
Non lo spiego, sopratutto se ricordo gli impegni assunti a Vicenza il 9 febbraio dai vice premier Di Maio e Salvini, che garantivano indennizzi già nel corso di quest’anno. Qualche vocina proveniente dal MEF sostiene pero’ che problemi sarebbero sorti dalla recente relazione della Corte dei Conti sul “Fondo rapporti dormienti” che solleva perplessità sulle liceità delle coperture e spero proprio non sia così perché altrimenti saremmo punto a capo.
Riportando qui la suddetta relazione scaricabile, Il Sole 24 Ore Radiocor Plus già il 27 giugno scorso titolava, infatti, “Corte Conti: conti dormienti non sono riserve, possono essere reclamati. Doppio danno a risparmiatori frodati se usati per indennizzi”
“Le entrate del Fondo – scrive al Corte – non costituiscono vere e proprie riserve pubbliche
perché possono essere reclamate dagli aventi diritto (titolari o successori mortis causa) entro il termine di prescrizione ordinaria decennale attraverso una procedura di
accertamento essenzialmente priva di profili discrezionali“.
La Corte dei conti, intervenendo anche sulla finalità di indennizzare i risparmiatori vittime di frodi finanziarie tramite le risorse dei conti dormienti, rileva, quindi, che si reca un “doppio danno” alle vittime “sia in termini di frode subita che di aleatorietà nel risarcimento e a tal proposito è auspicabile un intervento normativo chiarificatore“.
“È da considerarsi peraltro – aggiunge la Corte – che successivi interventi legislativi hanno destinato cospicua parte di tali proventi ad altre finalità come la social card, la ricerca scientifica, Alitalia, il fondo di ristoro finanziario, Fir” per cui “sui rapporti potenzialmente dormienti è necessario dare vita, anche attraverso l’utilizzo dell’anagrafe tributaria, a una serie di action plan per rafforzare le attività di riscontro dei decessi e l’identificazione e ricerca dei beneficiari al fine di escludere l’ipotesi di dormienza”.
Ma anche la commissione tecnica chiamata a gestire le domande per accedere al Fondo Indennizzo Risparmiatori è chiamata in causa visto che la Corte dichiara che “l’ingente
costo, sostenuto per il personale dalla concessionaria Consap, non è giustificato in relazione sia al numero delle unità annualmente assegnate, sia alla relativa percentuale lavorativa, anche attesa la mancanza di una peculiare caratteristica tecnica. Gli obblighi di indennizzo previsti dalla normativa più recente” a tutela dei risparmiatori “impongono un notevole impegno dell’amministrazione finanziaria nel darvi compiuta attuazione, al fine di non
reiterare le criticità rilevate nella gestione del Fondo istituito nel 2006‘.
Insomma l’unica cosa certa ad oggi è che i risparmiatori titolari di azioni e bond azzerati sono in balia di promesse mai mantenute per ridurre i danni subiti fin dal dicembre 2017 quando fu approvata la prima legge per i ristori, la 205.
Questo, non lo si può non dire, è inaudito tanto più che a devastare le vite, non solo economiche, di quei risparmiatori non c’è stata solo la mala gestione di alcune banche ma anche l’oscurità di certe operazioni del sistema Paese, a iniziare da Bankitalia (vedi il nostro odierno articolo “Barbagallo bifronte: il 19 febbraio ’14 incontrò Zonin e Trinca in Bankitalia per “Veneto Banca in BPVi subito!”, in audizione negò l’indicazione“).
Ora quel sistema non è capace (non vuole?) neanche dare uno zuccherino quando, invece, ai 200.000 e passa gabbati spetterebbe tutto e subito.
Come dissero prima in campagna elettorale e poi dalle stanze del governo i gialloverdi, ora incapaci di tradurre in fatti le parole.
A presiedere la commissione tecnica dei nove membri chiamata a gestire le domande di indennizzo sarà Gianfranco Servello, sostituto procuratore generale della Cassazione, il vice sarà Salvatore Messineo, già avvocato generale dello Stato, mentre gli altri sette componenti sono docenti universitari. Ai commissari spetta un compenso da 20mila euro l’anno (30mila il presidente), a cui si aggiunge un gettone di presenza da 200 euro al giorno (300 il presidente) e il rimborso delle spese per chi non risiede a Roma. Compensi e rimborsi saranno a carico del fondo.
In lista d’attesa ci sono appunto oltre 200mila persone, che hanno visto azzerate le loro azioni o le obbligazioni subordinate nei crack di 11 banche. Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono le realtà più importanti nel panorama degli 11 istituti saltati, che comprende anche le quattro banche finite in risoluzione nel 2015 (Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara) e altri cinque istituti minori: Credito cooperativo padovano, Banca Brutia, Banca popolare delle province calabre, Banca di Paceco e Credito cooperativo interprovinciale Veneto.
Le domande andranno presentate attraverso il canale telematico nel portale Consap, che è stato messo online nei giorni scorsi con tutte le informazioni del caso e diventerà operativo con la firma del terzo e ultimo decreto attuativo.
Le istanze, come spiegavano già il 5 luglio scorso Marco Mobili e Gianni Trovati su Il Sole 24 Ore, finiranno sui tavoli della commissione, ma con due modalità diverse. Per chi non supera i 35mila euro di reddito Irpef nel 2018, oppure i 100mila euro di patrimonio mobiliare, la commissione si limiterà a verificare i requisiti che aprono la strada dell’indennizzo “diretto”.
Per gli altri, non più di 20mila persone secondo le stime del ministero dell’Economia, ci sarà invece un esame più approfondito, che in ogni caso è blindato dalla tipizzazione delle violazioni massive già definita con il primo decreto. Violazioni che si verificano prima di tutto quando la vendita dei titoli è avvenuta senza «l’osservanza dei presidi informativi o valutativi idonei ad assicurare la consapevolezza e l’adeguatezza dell’acquirente rispetto al profilo di rischio».
Lo stesso accade nei casi di operazioni baciate, quando l’acquisto di bond e azioni è stato imposto dalla banca per concedere crediti, quando il profilo di rischio assegnato al cliente è stato alzato contestualmente o poco prima della vendita dei titoli poi azzerati, oppure è stato assegnato in modo “incongruo” rispetto all’età o alla situazione patrimoniale del cliente. Diritto automatico anche per chi ha investito in banche accusate di falso in bilancio o falso in prospetto (molte indagini sono in corso) e per chi è stato obbligato a vendere altri titoli per comprare quelli della banca.