Fondo Indennizzo Risparmiatori, “dieci minuti per ottenerlo” per il GdV: i dubbi di Calvetti e di un lettore

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Fondo Indennizzo Risparmiatori, Il Giornale di Vicenza: dieci minuti per ottenerlo...
Fondo Indennizzo Risparmiatori, Il Giornale di Vicenza: dieci minuti per ottenerlo...
Se ieri sono partiti i 180 giorni per presentare le istanze di accesso al Fondo Indennizzo Risparmiatori FIR  (ci sarà tempo fino al 22 febbraio 2020) vengono subito incrementati i finanziamenti della Regione Veneto, che, forse per lavarsi la coscienza per le assenze dei suoi vertici da quel minimo di vigilanza “politica” sulle vicende che hanno riguardato la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, porta a un milione e 100 mila euro i fondi stanziati per “le associazione e i comitati che stanno affiancando con interventi di assistenza legale e giudiziale i cittadini veneti danneggiati dalle banche…“.
Questo finanziamento ex post ad associazioni, che non sempre sono cristalline e rappresentative (si parte da quelle che hanno 10 rappresentati…) e che spesso sono la sponda ideale per avvocati e legali tutt’altro che “volontari”, può apparire anche come il classico contributo “acchiappa consensi” visto che l’articolo 1 comma 501 della legge 145 che istituisce il Fondo Indennizzo Risparmiatori recita che “la prestazione di collaborazione nella presentazione della domanda e le attivita’ conseguenti non rientrano nell’ambito delle prestazioni forensi e non danno luogo a compenso“.
Fondo Indennizzo Risparmiatori, la piattaforma Consap
Fondo Indennizzo Risparmiatori, la piattaforma Consap

Ma, detto che altri utilizzi parrebbero inesistenti visto che in tribunale a rappresentare i soci parti civili ci sono legali con parcelle, più o meno “convenzionati” con alcune associazioni, non si può negare che la procedura totalmente telematica non sia il massimo in termini di semplicità oltre che di accesso per moltissimi anziani, la gran parte dei soci danneggiati, anche se il “nostro” quotidiano locale, noto per i consigli che in passato diede ai suoi lettori per l’acquisto di azioni della Banca Popolare di Vicenza, titola “Fondo indennizzi, dieci minuti per ottenerlo” con un ottimismo che vorremmo poter condividere anche se boccerebbe i fondi regionali come uno spreco da Corte dei Conti.

Torneremo sulla questione con più dati sull’utilizzo a regime della piattaforma online ma, intanto, vi riferiamo della prima opinione di un legale tra i più rappresentativi del settore, Sergio Calvetti, e dell’esperienza diretta di un lettore che ci ha scritto sulla sua esperienza di accesso.
La procedura – ci dice l’avv. Calvetti che poi ci invierà un parere più articolato insieme ad altri legali che abbiamo interpellato – è stata fatta da incapaci o studiata per consentire a pochi di ottenere il rimborso! Andrebbero evidenziate le difficoltà dei documenti richiesti. Per dirne una si pensi alla delega che necessita dell’autentica sia del delegante che del delegato (atto unilaterale procura, un vero obbrobrio!…“.

Ecco, infine, la lettera del nostro lettore Fabio Michelone.

Gentile direttore Coviello,
sono un risparmiatore che ha comprato, fidandomi delle belle parole di Atlante, obbligazioni subordinate della Vicenza, anche se grazie al cielo in dosi omeopatiche.
Mi rendo conto che vi sono persone che per una serie di motivi hanno investito molto ma molto di più, soprattutto in Veneto, per cui nella situazione complessiva non mi lamento più di tanto.
Ora è arrivato a compimento l’iter per ottenere l’indennizzo statale (come da Lei scritto), con somme messe sul piatto quanto meno aleatorie ed incerte. Stiamo infatti parlando di, se va bene, 500 milioni di euro per gli anni 2019, 2020 e 2021, risorse derivanti dai cosiddetti “conti dormienti”. E quindi di stime, che possono essere pessimistiche o come io credo, ottimistiche. Una cosa però mi pare certa: non ci saranno risarcimenti per tutti (infatti il FIR è a servizio oltre che delle venete, delle quattro banche del Centritalia, più una serie di insolvenze minori), soprattutto in un momento di criticità come l’attuale per le finanze pubbliche.
Il Parlamento italiano in un’ottica politica ha pensato di privilegiare, nel ristoro, coloro che hanno avuto un reddito inferiore a 35 mila euro nel 2018 (cagionando quindi in un Paese come il nostro, fucina di evasione fiscale, ingiustizia su ingiustizia). Allo stesso modo sono un gradino sopra coloro che hanno un patrimonio mobiliare non superiore a 100 mila euro (quindi vuol dire che se Tizio possiede un impero immobiliare e 95 mila euro di nominali di subordinate venete ottiene l’indennizzo).
Per gli altri, tra i quali rientro io, è concesso un ristoro su ciò che avanza, a condizioni che si riesca a dimostrare di essere stati oggetto di “violazioni massive del T.U.F. che hanno causato un pregiudizio ingiusto agli aventi diritto da parte delle banche in liquidazione”.
Solo che per presentare l’istanza online sulla piattaforma Consap è subito chiesta la documentazione attestante questa situazione (e di peso informatico non eccedente un mega), pena l’improcedibilità nella compilazione dell’istanza.
A questo punto non si sa cosa fare. Nel senso che non si capisce quale documentazione inserire in piattaforma. Per di più dalla Consap non danno indicazioni.

Il bello è che sul sito del ministero dell’economia c’è scritto (Il Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR): chi ne beneficia e modalità di accesso): “Per il restante 10% circa che non rientra nelle soglie reddituali o patrimoniali, viene comunque prevista una forma di indennizzo che prevede un processo di verifica semplificata da parte della Commissione tecnica attraverso la tipizzazione delle violazioni di natura contrattuale o extra-contrattuale, e dei criteri in presenza dei quali l’indennizzo può comunque essere direttamente erogato“.

Fra queste tipologie di violazioni, rientrano anche la vendita o il collocamento di strumenti finanziari senza che siano state osservate le disposizioni che prevedono la valutazione della consapevolezza e dell’adeguatezza dell’acquirente rispetto al profilo di rischio; la realizzazione di tali azioni insieme all’erogazione di finanziamenti (ad esempio le operazioni baciate) o l’assegnazione di un grado di rischio e di un orizzonte temporale di investimento incongruo con l’età del cliente. Rappresentano violazioni massive anche la produzione e pubblicazione da parte di una banca di dati fuorvianti per l’investitore in relazione alla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della banca stessa.
Insomma la classica prova diabolica da fornire (perché nessuno rilascerà mai siffatte attestazioni).
Siamo proprio in Italia.
Fabio Michelone