Fondo di ristoro peri soci truffati dalle banche venete: il nuovo governo, dice il sotto segretario Massimo Bitonci, è impegnato ad ampliare la platea dei risparmiatori da risarcire e a semplificare le procedure. Significa che il decreto già approvato dal governo Gentiloni non chiariva questi aspetti? Lo chiediamo all’ex sottosegretario Pierpaolo Baretta, che di quel decreto può essere considerato l’autore (nella foto incontro tra l’ex sottosegretario e le associazioni Unite per il fondo). Baretta, voi avevate escluso una parte dei risparmiatori?
«No, assolutamente. Il decreto che abbiamo consegnato al nuovo governo non prevede limitazioni di platea. La limitazione deriva dalla cifra che è insufficiente e che va aumentata nella prossima legge di bilancio, così come il Parlamento aveva già deciso l’anno scorso, al momento di istituire il fondo che è stato votato da tutti».
Perché Bitonci parla di allargare la platea?
«Può voler dire solo che intendono dare qualcosa a tutti, ma non corrisponde alla logica con la quale è stato costruito il fondo: nel momento in cui abbiamo introdotto l’arbitro, abbiamo deciso che era lui a definire la dimensioni del danno. Abbiamo superato le impostazioni precedenti che prevedevano dei limiti di accesso e di conseguenza una esclusione di parte della platea. Oggi tutti possono accedere al fondo, poi sarà il giudice per chi vuole scegliere il giudice (questo non è mai in discussione) o l’arbitro a decidere la dimensione del danno e quindi l’entità del rimborso».
Il giudice è una figura che compare solo se io danneggiato ricorro in tribunale.
«In ogni caso l’iniziativa spetta all’azionista danneggiato. Ricorrendo all’arbitro si accelerano sicuramente i tempi del ristoro».
Bitonci sostiene che la procedura di individuazione del danno va semplificata.
«Più semplice di così è difficile: la legge dice che chiunque può ricorrere e l’arbitro stabilisce. È una procedura fatta apposta per essere senza paletti. Non vedo come si possa semplificarla se non pensando che vuoi dare tutto a tutti, ma anche il sottosegretario Bitonci lo esclude. Tutto a tutti è un’operazione impraticabile oggettivamente, perché non tutti hanno la stessa entità del danno».
Nel senso che non tutti erano così sprovveduti?
«Anche questo è vero, per questo abbiamo previsto una procedura totalmente aperta alla possibilità di verifica. Non è un intervento una tantum, il fondo è previsto in 4 anni per poter esser rimpinguato». Perché allora questo affastellare di motivi, è una confusione voluta o non hanno idee chiare?
«Penso che sia la pressione di una parte minoritaria delle associazioni che teorizzano l’idea che va dato tutto a tutti, mentre la maggioranza delle associazioni condivide l’idea del danno e dell’arbitro. Credo che sia questo che fa rallentare, sbagliando, l’applicazione del decreto. Il decreto serve ad avviare la pratica».
I risparmiatori delle banche dell’Italia centrale possono accedere o sono discriminati?
«Il fondo non è esclusivo per le banche venete. Possono accedere sia gli azionisti delle venete che delle 4 banche dell’Italia centrale».
Su un punto sembra il governo attuale abbia ragione: si sono insediati da poche settimane mentre il vostro governo aveva anni per intervenire e non l’ha fatto.
«E’ una ricostruzione sbagliata. Nel caso delle 4 banche si era decisa una procedura già 2 anni fa ma prevedeva dei limiti di accesso, 30.000 euro di reddito e 100.000 di patrimonio. L’intervento del governo sulle due venete invece è avvenuto a luglio 2017, perché la liquidazione coatta è stata decisa a fine giugno. L’istituzione del fondo c’è stata nel primo appuntamento utile, la legge di bilancio di dicembre. Ad aprile 2018 il decreto applicativo, sul quale abbiamo dovuto fare gli approfondimenti giuridici necessari. Nel frattempo è finita la legislatura ma il decreto l’abbiamo consegnato pronto al nuovo governo. Oggi non è chiara la ragione del ritardo, a meno di incertezze politiche che però non sono più giustificate».
Dicono che il decreto è scritto male.
«Lo rendano pubblico, si potrà verificare. Non è un segreto diStato».
di Renzo Mazzaro, da Il Mattino di Padova