Insieme con il resto dell’Impero, la caduta dell’Impero Romano condusse ad una lenta ma inesorabile decadenza anche la prospera Formia. La posizione della città sulla direttrice Appia favorì le scorrerie degli invasori via terra, e la vicinanza al mare espose i cittadini alla violenza delle incursioni dei saraceni. Si parla di una distruzione della città da parte di questi ultimi, collocata cronologicamente, seppur con molte incertezze e poche fonti, attorno al IX-X secolo.
La crescente importanza di Gaeta, favorita dalla sua maggiore sicurezza, ebbe conseguenze importanti su Formia, a partire dall’esodo verso il nuovo centro nevralgico e dalla perdita della sede vescovile. L’antica arx della città, d’allora in poi chiamata Castellum Novum, diventerà quindi il borgo Castellone (di cui abbiamo già parlato più approfonditamente qui); i formiani che non abbandonarono la costa diedero invece vita al borgo di Mola (qui la storia del suo simbolo, la Torre di Mola)
Per ancora alcuni secoli dopo questi eventi non fu riconosciuta a livello formale la distinzione tra i due borghi. L’antico toponimo Formiae continuò a comparire negli atti ufficiali (insieme con il titolo, ormai del tutto formale, di civitas), fino alla sua totale scomparsa attorno al XIII secolo, quando i nomi dei borghi, di pari passo con la loro crescente divergenza nello sviluppo delle proprie attività, si consolidarono.
La frammentazione della città si fece dunque man mano più accentuata, per questioni legate alla natura dei territori dei due rioni e alle diverse potenzialità che questi presentavano.
Grazie alla presenza benedettina nell’ormai ex sede vescovile di S. Erasmo, Castellone divenne un centro prevalentemente agricolo e di gestione di latifondi.
Mola, invece, si sviluppò sull’onda della sua principale ricchezza: l’acqua, intesa sia come mare, sia come sorgenti, di cui è tutt’oggi estremamente ricca. Nell’Alto Medioevo la parte costiera dell’antica Formiae assunse infatti il nome di Mola di Gaeta proprio grazie alla presenza dei mulini e dei frantoi. Pur avendo perso la sua importanza istituzionale, il rione manteneva quindi un ruolo cardine nel sostentamento del territorio, quello dell’approvvigionamento alimentare, da qui e per tutto il Basso Medioevo.
Secoli di mutamenti non cancellarono la bellezza del borgo e il fascino che questo esercitava sui visitatori, anche quelli di passaggio. Di quei tempi ci restano le descrizioni dei rigogliosi agrumeti (che si estendevano soprattutto sul versante ovest, separando Mola da Castellone), ma anche le vedute panoramiche settecentesche, realizzate dai pittori di passaggio. Mola costituiva infatti un transito obbligato nella tratta Roma-Napoli attraverso la Via Appia.
Abbiamo numerose testimonianze di personaggi illustri che qui fecero tappa e non mancarono di menzionare l’impressione che il luogo fece su di loro. Tra questi si annoverano personalità quali il poeta Torquato Tasso (che dovette affrontare la minaccia del pericoloso brigante Marco Sciarra, che al Tasso concesse via libera in nome della sua fama), il compositore Felix Mendelssohn, il pittore Edgar Degas e molti altri, grazie anche alla moda settecentesca del Grand Tour e alla riscoperta del mondo antico nel periodo romantico.
Una breve riunificazione dei due borghi si ebbe con la conquista napoleonica, nel 1799. In questa occasione, sull’onda della Rivoluzione Francese, fu eretta la Colonna della Libertà, ancora oggi presente nei pressi di quella che era conosciuta come “Contrada Spiaggia” (oggi piazza Tommaso Testa). Il tentativo si risolse in un temporaneo fallimento. Vent’anni dopo, sotto i Borbone tornati sul trono di Napoli, avvenne la definitiva riunione dei due borghi dell’antica città romana. Il neonato comune, ormai definitivamente indipendente, venne però chiamato semplicemente “Mola e Castellone”, che più tardi, durante il Risorgimento, costituì uno degli ultimi baluardi del Regno delle Due Sicilie. Il 4 novembre 1860 ebbe luogo nell’omonimo rione la battaglia di Mola, che vide contrapporsi la fazione duosiciliana (del Regno delle due Sicilie, ndr) e quella sabauda, con la vittoria di quest’ultima, che mise quindi sotto assedio Gaeta.
Fu dunque con l’Unità d’Italia che la città tornò, dopo quasi un millennio, al suo antico nome di Formia; venne inoltre annessa alla Terra di Lavoro, di cui rimase parte fino al 1927, quando divenne parte della nuova provincia di Latina. L’anno successivo, con l’annessione del comune di Maranola, il nucleo originario di Formia si arricchiva di nuove frazioni.
La storia, purtroppo o per fortuna, non si conclude qui. Purtroppo, perché le vicissitudini storiche che seguirono non furono faste; per fortuna, perché questo territorio è ricco di cultura, che merita di essere raccontata più a fondo.