Dopo oltre un anno segnato dal Covid, ecco che la Proloco di Formia ritorna ad occuparsi di storia del territorio dedicandole il 7 novembre scorso un convegno: “Formia e i saraceni dopo il Medioevo“. Tutto è partito da una data: il 915, quando on la battaglia del Garigliano vennero sconfitti definitivamente i Saraceni che, per circa 30 anni e grazie anche ad una connivenza dei rappresentanti del Ducato di Gaeta, avevano occupato il territorio della foce del Garigliano, facendo razzie in tutto il litorale. Solo dopo che il pontefice dell’epoca impose il suo desiderio Gaeta, insieme ad altri alleati, decise che era il tempo di far sloggiare dal territorio i pirati musulmani.
Partendo da quell’episodio la Proloco formiana, nel 2019, organizzò, per la prima volta, la “Corza de gliu Fucarone”, una tre giorni dedicata all’evento che vide una vera e propria gara tra i vari quartieri della città di Formia, vinta nell’occasione da Gianola davanti a una folta presenza di pubblico. Ma poi venne il covid e tutto si interruppe. Ma adesso, visto l’andamento della situazione, la Proloco ha deciso di riprovarci e per preparare la seconda edizione, insieme all’Associazione “Il Poliedro” ha pensato bene di organizzare un incontro. Proprio il suo presidente Davide Staiano, ha spiegato il senso dell’iniziativa: far comprendere come la storia si possa rivivere coinvolgendo i quartieri della città
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Proloco Renato Lombardi ha spiegato l’origine della corsa storica di settembre del 2019 mentre adesso è venuto il momento di riprovarci per cui questa iniziativa culturale è il primo passo per l’organizzazione della seconda edizione della “Corza de gliu Fucarone”, che fa riscoprire le origini storiche del territorio, ma è anche un momento ludico per coinvolgere quante più persone possibili. E lo stesso Lombardi ha presentato i quattro relatori, che hanno evidenziato degli aspetti diversi della vita e della cultura del tempo, citando anche uno dei figli della città di Formia che ha saputo tramandarli ai posteri, scrivendo e disegnando le testimonianze che al suo tempo ha trovato: il celebre pittore Pasquale Mattej, formiano di nascita e di cultura.
Il primo a parlare è stato Michele De Santis, che ha trattato il tema “Le torri costiere del Basso Lazio – Il sistema difensivo sorto a valle delle invasioni saracene” partendo da un periodo precedente, quello dell’Antica Roma, quando il Senato promulgò una legge per permettere a Gneo Pompeo di dotarsi di una flotta e di un esercito per sconfiggere definitivamente i pirati che partivano dall’Illiria e da altre parti delle coste mediterranee per scorrerie davanti alle coste abitate dai cittadini romani.
Dopo la caduta dell’Impero Romano ritornarono sulle coste italiche i pirati, in particolare i Saraceni, che hanno scorrazzato in lungo e in largo lungo le coste del Tirreno, saccheggiando nell’800 anche Roma. La battaglia del Garigliano del 915 è una sorta di spartiacque: da quel momento i vari regnanti che si sono succeduti, ed in particolare gli Spagnoli, decisero di costruire delle torri per cercare, per quanto possibile, di arginare il fenomeno piratesco, che sopravvisse fino al 1860, anno dell’ultima scorreria avvenuta in quel di Ischia.
Per quanto riguarda il territorio del Sud Pontino, molte torri vennero costruite intorno alla prima metà del Cinquecento, ma delle torri esistenti ne rimangono poche in piedi, in quanto i tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale, durante la ritirata del 1944 verso Roma, ne rasero molte al suolo.
Prima di elencare il numero delle torri in base alla collocazione geografica, bisogna dire che due sono le tipologie: le torri a pianta circolare, che avevano solo funzioni di avvistamento, e le torri a pianta quadrangolare che avevano le tipiche funzioni difensive. Ed ecco dove sono queste torri:
Comune di Fondi: Torre Canneto e Torre Santa Anastasia
Comune di Sperlonga: Totte Truglia, Torre Capovento e Torre Citarola
Comune di Gaeta: Torre Sant’Agostino, Torre Scissura o Diana e Torre Viola
Comune di Formia: Torre Foce o Torraccio, Torre Gianola e Torre Fico
Comune di Minturno: Torre di Scauri, Torre D’Arienzo e Torre Garigliano
Comune di Sessa Aurunca: Torre Capodiferro
L’Unità d’Italia, nel 1866, ha deciso di porre fine alla funzione prettamente militare delle torri, perché un editto reale firmato dal Re d’Italia Vittorio Emanuele II il 30 dicembre del 1866 dismetteva queste torri dai loro compiti che, poi, sono state comprate dai privati e, come si è detto in precedenza, allo stato attuale molte di esse sono poco più di ruderi per via dei danneggiamenti subiti nel corso dell’ultimo conflitto mondiale
Il secondo intervento, a noastro parere non abbastanza avvincente, è stato quello di Raffaele Capolino, non sempre all’altezza dei temi che gli vengono assegnati in eventi di questo genere. Il comunque appassionato di storia locale, sul tema “La vita dei nostri avi nella Castellone medievale”, all’inizio vi si attenuto, perché nell’Alto Medioevo, dopo l’ultima distruzione di Formia avvenuta nell’846, i cittadini d’allora decisero di prendere delle strade diverse:
- andare a popolare le colline di Maranola e di Castellonorato per essere al sicuro dalle scorrerie barbariche
- rimanere sulla costa formando il nucleo originario di quello che poi divenne il Borgo di Mola alle dirette dipendenze amministrative del Comune di Gaeta
- formare, grazie anche alla vicinanza del centro abbaziale dei benedettini sull’ antica arce romana, il nucleo di Castellone, difeso da dodici torri, di cui ne rimane in piedi solamente una e che cingevano questo borgo con funzioni difensive. Castellone per un breve periodo è stato alle dipendenze del Ducato di Fondi ma per la gran parte della sua storia anche qui Gaeta ha messo il suo sigillo.
Ma che facevano gli abitanti di Castellone? Gli uomini erano dediti alla agricoltura sulle colline e campagne circostanti, addestrati dai monaci Benedettini, in seguito gli Olivetani, che sul finire del 400 acquistarono il monastero dall’allora cardinale Giuliano Della Rovere (poi papa Giulio II) a fianco alla chiesa parrocchiale del martire Erasmo, il patrono di Formia ucciso il 2 giugno del 303. Le sue spoglie sono conservate a Gaeta da quando i notabili del tempo della città insieme al vescovo, per sfuggire alle incursioni saracene, si rifugiarono nella più sicura rocca gaetana, e da allora mai più le spoglie mortali del santo vescovo ritornarono nella città dove venne ucciso.
Le donne, invece facevano quello che hanno sempre fatto da secoli: badare alla casa, crescere i figli, aiutare quando potevano i mariti nel duro lavoro dei campi.
E qui, alla fine, Capolino è uscito un po’ fuori tema, citando un episodio avvenuto nell’epoca moderna (siamo intorno al 1700), quando una sua antenata di nome Rosolina si rifiutò di inginocchiarsi davanti al Santissimo durante la consacrazione in quella che allora era la chiesa di Santa Maria del Forno, sorta sui resti di un tempio romano pagano (la vicinanza al Cisternone fa supporre anche l’esistenza di un presidio militare atto a controllare la scorta d’acqua cittadina), ma nota ai più con il nome di Sant’Anna.
Il relatore, narrando le vicende, anche di un certo interesse in altri contesti ma sicuramente molto personali, con tanto di albero genealogico, ha un po’ annoiato il pubblico scivolando anche verso affermazioni femministe, totalmente condivisibili , ma sicuramente fuori luogo in un contesto come quello del convegno.
Fatta la doverosa parentesi, ecco un vero esperto, lo storico dell’arte Marco Tedesco, che ha trattato il tema “I Caetani e l’arte nei Borghi del Golfo”. Perché i Caetani? Erano diventati una famiglia nobile molto importante dando alla Chiesa anche due papi, il primo Gelasio II e il secondo Bonifacio VIII, il quale prese a cuore le sorti del suo casato nato con la famiglia Caetani – Dell’Aquila, un matrimonio che ebbe fortuna. I Caetani controllavano il ducato di Fondi e avevano possedimenti nel Sud Pontino, in particolare la collina del borgo da cui prese il nome, ossia Castellonorato, e anche nella piana minturnese, possedimenti che non solo dovevano essere difesi, ma anche abbelliti.
Da una ricerca storica accurata, partendo dai due più importanti esponenti di questa famiglia, ossia Nicolò e Onorato, risulta che fu dato un forte sviluppo alle arti, soprattutto quelle figurative, che servivano ad onorarli in quanto finanziatori degli artisti che lavoravano su loro committenza ma avevano come risultato finale anche un certo servizio al popolo che non aveva basi culturali adeguate.
In alcuni affreschi rinvenuti nelle Chiesa dell’Annunziata a Minturno si trova una forte somiglianza con la scuola giottesca, come d’altronde afferma in un suo scritto il Vasari, che sostiene che, essendo Giotto andato a Napoli, si fosse fermato nelle terre del Sud Pontino, su richiesta della famiglia Caetani, per affrescare proprio la chiesa minturnese.
Gli esempi citati da Tedesco hanno permesso di identificare la somiglianza incredibile nel ciclo pittorico delle Madonne del Latte presente nella chiesa dell’Annunziata di Maranola con quelle che Giotto ha dipinto nel corso della sua vita.
A chiudere il convegno è stato Renato Marchese, un noto collezionista di Formia, con la relazione “La donna formiana nelle testimonianze pittoriche di Pasquale Mattej”. Da autentico conoscitore delle opere di Pasquale Mattej Marchese da qualche tempo si sta interessando del periodo del Gran Tour, che ha visto passare grandi personaggi della cultura in questi territori. Il perché di questo collegamento è presto detto: Mattej aveva descritto, sia in disegni, che in un articolo pubblicato sul “Politeama” di Napoli, le elaborate acconciature di cui le donne formiane si servivano per rendere i loro capelli ancora più belli ed essere ammirate da tutti i viaggiatori che passassero per Mola e che le descrivevano come delle meravigliose opere d’arte femminile. Infatti i fermagli a forma di spada, e il tipo di reticolo che serviva a distinguere se una donna era sposata o nubile, o per usare la terminologia dell’epoca, maritate o donzelle, rendevano le loro capigliature veramente belle. Ed il pittore formiano ha descritto, con dei disegni veramente fantastici, questo tipo di capigliature.
Alla fine il presidente della Proloco di Formia, insieme al presidente della Poliedro, hanno consegnato ai quattro relatori un dipinto realizzato da Renato Lombardi, segnalando il fatto che ci saranno altre iniziative del genere nel prossimo periodo in attesa di poter far svolgere quanto prima la seconda edizione della “Corza de gliu Fucarone”.