Ogni luogo ha un simbolo – un monumento, una strada, una tradizione – che lo riporta alla mente e lo rende riconoscibile. Nonostante la città di Formia non sia povera di monumenti caratteristici, come le torri di Castellone e di Maranola o la tomba di Cicerone, la Torre di Mola è sicuramente la sua architettura più rappresentativa ed evocativa. Rispetto alle altre bellezze della cittadina, il vantaggio di questa antica fortificazione è stato quello di stagliarsi a picco sul mare.
Ciò ha fatto sì che fosse sempre ben visibile, rendendo riconoscibile Formia da qualsiasi punto di vista la si osservasse, e che ogni immagine della città, dalle cartoline ai dipinti, la ritraesse.
Il luogo dove ora sorge la Torre inizia a scrivere la sua storia ben prima della sua costruzione: in epoca romana era occupato dalle terme suburbane (quelle urbane si trovavano in corrispondenza del foro, nel caso di Formia, l’attuale piazza Matter, chiamata spesso piazza Mattei). Qui i marinai, dopo mesi di viaggio, potevano concedersi cure termali complete. Sono ancora visibili alcuni resti di questa antica struttura: ciò che si vede oggi è la parte appena sotto il piano di calpestio del calidarium, ovvero le canaline dove passava l’aria riscaldata dai forni.
Secoli più tardi, Formia era tutt’altro luogo rispetto al fiorente centro turistico di età romana. La caduta dell’Impero, le incursioni dal mare e le razzie agevolate dal passaggio della via Appia lungo il territorio spensero a lungo il bagliore di questa cittadina: le diverse parti della Formia che conosciamo oggi divennero dei sobborghi dell’adiacente Gaeta, che iniziò ad acquistare importanza grazie alla maggiore sicurezza offerta dalla sua posizione naturalmente più difendibile.
Nel 1296 Carlo II d’Angiò, re di Napoli, decise di edificare un fortilizio come ulteriore avamposto per la città di Gaeta, nonché per proteggere il luogo dove sorgevano i mulini, di fondamentale importanza per l’approvvigionamento alimentare. Da qui il nome del borgo in tutte le sue varianti: Castelmola, Mola di Gaeta o, più tardi, semplicemente Mola.
Il castello ospitava un contingente di almeno dodici soldati. Obiettivo di ogni fortificazione è essere inespugnabile: anche per i suoi abitanti, muoversi nei vari ambienti non era affatto agevole. I piani erano comunicanti tra loro solo attraverso dei grossi fori nel solaio, e per spostarsi da un piano all’altro era necessario l’utilizzo, all’occasione, di scale di legno. In questo periodo, dei tre livelli che si sviluppano sui 27 metri di altezza della Torre, il pianterreno era in larga parte adibito a carcere per detenuti in attesa di giudizio e alcuni uffici, mentre il primo, secondo alcune ipotesi, ospitava proprio il tribunale. La parte alta fungeva invece da punto di avvistamento.
La Torre fu per breve tempo possedimento degli Aragonesi, subentrati agli Angioini nel 1435. In questo periodo, fu trasformata da Ferrante d’Aragona, da poco re di Napoli, in un vero e proprio castello, che donò a Nicola della famiglia Caetani, insieme con il diritto feudale detto “castellania“. Questo ramo della famiglia, i cui membri divennero di fatto i signori del borgo di Mola, venne quindi detto dei “Caetani di Castelmola“.
A questo punto la Torre aveva del tutto l’aspetto di una lussuosa dimora nobiliare. Al piano terra si trovano ancora le cucine, adibite anche a mattatoio, e la cappella gentilizia intitolata a San Michele Arcangelo.
La famiglia dimorò qui fino alla nomina a re di Napoli del fratello di Napoleone, Giuseppe Bonaparte, che disconobbe la castellania che i Caetani avevano ricevuto 400 anni prima. L’ultima aggiunta architettonica alla struttura fu il portale marmoreo rinascimentale per volontà dell’ultimo erede della famiglia, Onorato, nel 1880.
Ciò che seguì, purtroppo, non fu una storia di costruzione, bensì di distruzione. Come anche gli altri rioni della città, Mola fu in buona parte rasa al suolo dagli eventi bellici del secolo scorso. Di seguito, il confronto tra due cartoline, la prima del 1921, la seconda del dopoguerra (prima della costruzione, nel 1958, della superstrada litoranea che oggi costeggia il rione). Sono ben visibili i danni dei bombardamenti, sia nella merlatura che nelle mura che cingevano il complesso.
Unica superstite dell’antico fortilizio e del borgo devastato dalle bombe, la Torre si staglia oggi sul rinato rione di Mola. Il suo aspetto originario è stato purtroppo occultato da alcuni lavori di ristrutturazione che l’hanno vista ricoperta di intonaco bianco. All’interno, invece, nonostante l’inagibilità dei piani superiori, assolve ad un compito che ben le si addice: dal 2014 il suo pianterreno è sede dell’Archivio Storico.
Questa è la Torre: una vecchia signora che conosce Formia meglio di chiunque altro. Una quieta sentinella che da secoli veglia sul rione, sulla città e sulle generazioni di abitanti che sono cresciute alla sua ombra.