(Articolo da VicenzaPiù Viva n. 5, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Il giocatore dei Rangers Rugby Vicenza, classe 2002, è entrato nel giro della nazionale
italiana di rugby a sette; ora sogna di continuare a crescere per arrivare un giorno a giocare un Sei Nazioni con il XV italiano.
Un futuro davanti tutto da costruire, un presente in cui dare battaglia, una maglia azzurra da conquistare. Questa è, allo stato attuale delle cose, la vita di Paul Marie Foroncelli, classe 2002, italiano adottato dopo essere nato nel Burkina Faso, ala dei Rangers Rugby Vicenza, impegnato nel campionato di Serie A Elite con i biancorossi, alla prima esperienza nel massimo livello della palla ovale in Italia. Un giocatore che sta procedendo verso una carriera luminosa, visto l’ingresso nella nazionale di rugby a 7 italiana, trampolino di lancio (ci auguriamo) verso quella di rugby a XV.
“Ho iniziato a giocare a rugby da bambino, quasi per caso” – racconta Foroncelli raggiunto telefonicamente mentre è circondato dal vociare giocoso di bambini -. “All’inizio praticavo basket, ballo e suonavo, ma mentre ero a scuola venni notato dal Vicenza, che mi chiese di
andare a giocare con loro. Per un po’ mi impegnai sul doppio fronte con la pallacanestro, ma mi stufai presto e da allora mi dedico completamente al rugby”.
Dopo Vicenza, qual è stato il tuo percorso sportivo?
“Sono andato a Treviso, dove ho frequentato l’Accademia di Rugby. Ho trascorso due anni lì, per poi spostarmi prima a Parma e poi a Brescia. Sono rientrato a Vicenza durante la stagione 2021-22 e l’anno scorso sono rimasto fisso qui, raggiungendo la promozione in massima serie. Questo è il mio secondo anno”.
Nel mezzo però, c’è stata anche la nazionale.
“Sì, ho fatto la trafila con gli Azzurri a quindici, giocando in Under 17, Under 18 e Under 20. Poi ho iniziato a giocare anche con la nazionale a 7 nel cammino che portava alle Olimpiadi. Non siamo riusciti a qualificarci e, purtroppo, in quel torneo mi sono anche infortunato alla caviglia. È stata, però, una bellissima esperienza”.
Quanto cambia giocare a rugby a sette?
“Tantissimo, perché le richieste fisiche sono totalmente diverse. Il campo è lo stesso, ma si gioca con la metà dei giocatori e le richieste su corsa e resistenza sono completamente diverse. Devi avere molto più fiato, essere molto più preciso nel passaggio, più bravo con i piedi e avere cambi direzione ed esplosività maggiori rispetto a quello classico. L’atletismo richiesto è completamente diverso”.
Ormai sei nel giro della nazionale a sette da tanti anni, però.
“Quando ho fatto il mio primo torneo, in Russia, avevo diciotto anni, ero il più piccolo della squadra e ricordo che non fu facile prendere confidenza. Però io imparo in questo modo, anche prendendomi delle docce fredde.
Piano piano sono cresciuto e sono rimasto nel giro della nazionale. Quest’anno siamo andati a giocare gli Europei in Algarve, in Portogallo; la mia prestazione individuale è stata buona all’inizio, ma poi mi sono infortunato.
Ho sofferto il non essere in campo con i miei compagni nelle partite decisive per la qualificazione alle Olimpiadi, ma dovevo riabilitarmi per la stagione di Rugby con Vicenza che era alle porte”.
Come valuti la tua prima esperienza in Serie A Elite?
“Si tratta di un campionato molto faticoso, in cui gli errori si pagano e noi abbiamo peccato un po’ d’inesperienza, essendo alla prima stagione. Abbiamo lottato tanto, ma i risultati hanno sempre fatto fatica ad arrivare. Comunque, tra la Serie A normale e l’Elite c’è un abisso, è chiaro che non è facile adeguarsi subito”.
Ti piacerebbe arrivare nel XV azzurro un giorno?
“Ovviamente! Però devo ancora lavorare, e tanto”.
Cosa ti manca per raggiungere quel livello?
“Ci sono degli aspetti tecnici ma anche di esperienza. Da un lato, so di dover maturare come giocatore cercando di mantenermi umile, sfruttando le nozioni e le conoscenze di allenatori e compagni più esperti. Devo, poi, crescere ancora sulle mie skill di passaggio e di calcio; su quest’ultimo aspetto tra l’altro sto cercando di utilizzare maggiormente anche il piede debole per calciare in tutte le situazioni. So anche che ci sono dei miglioramenti
che devo fare a livello tattico, prendere le scelte giuste. Dopodiché, so che il mio livello si alzerà anche confrontandomi con avversari e compagni sempre più forti e sempre più completi, ma questo succederà solo continuando ad allenarmi per migliorare”.
In chiusura, oltre al rugby, a cosa ti dedichi?
“Studio psicologia tramite l’Università telematica. Mi sono diplomato in scienze applicate e ho scelto comunque di continuare a studiare. Comunque, dopo gli allenamenti, con la squadra facciamo dopo scuola ai bambini: li facciamo studiare e poi giocare a rugby qui al campo, dedicando a loro i nostri pomeriggi. Anzi, come sentirai dal sottofondo, devo tornare a dedicarmi a loro!”.
Anche questo è nello spirito del rugby.