È appena partito Symbiosyst, il progetto di ricerca europeo sul fotovoltaico, finanziato dal programma UE Horizon Europe, per una durata prevista di 4 anni.
Il proposito è conciliare la produzione e la fornitura di energia con le necessità del settore agricolo, mirando a un modello capace di abbattere le emissioni, tutelare il paesaggio e sostenere l’economia. In buona sostanza ci si propone di valutare approfonditamente le esistenti possibilità di sfruttare i terreni anche per la produzione di energia rinnovabile, senza sacrificare quella agricola.
Negli ultimi anni si è assistito alla diffusa installazione di pannelli fotovoltaici a terra su campi agricoli, relativamente alla quale è stata lasciata alla volontà e alla coscienza degli imprenditori la valutazione in ordine al dove e al perché istallarli.
La normativa in merito è decisamente lacunosa. Concessioni molto remunerative da parte di grandi gruppi di produzione di energia green hanno reso gli affitti decisamente competitivi con alcuni tipi di produzione agricola, e soprattutto forieri di un gettito più sicuro a fine anno.
Tutto ciò ha contribuito non poco a incrementare il consumo di suolo agricolo, problema nazionale fortemente acuitosi dal dopoguerra ad oggi, e determinato in primo luogo dalla speculazione edilizia e dalla costruzione selvaggia di anonimi capannoni.
Un importante stanziamento (che ammonta a ben 1,1 miliardi di euro) è, invece, previsto dal PNRR per l’agrivoltaico, con l’obiettivo di installare 1,04 GWp di impianti fotovoltaici (che comporterebbero una riduzione di 0,8 milioni di tonnellate di CO2).
Con l’agrifotovoltaico, o agrivoltaico, è previsto l’uso di pannelli solari che, per le loro caratteristiche tecniche e fisiche, consentono le lavorazioni agricole sottostanti e il pascolo degli animali, rispettando e favorendo le varie attività. I moduli fotovoltaici sono installati a una certa altezza da terra, e ciò consente di svolgere comodamente le consuete pratiche di coltivazione, riducendo al contempo la richiesta idrica e lo stress termico sulle colture, grazie alla protezione e all’ombreggiamento offerti dai pannelli. Le più diffuse sono le coltivazioni dei piccoli frutti, come ribes, mirtilli, lamponi, more, ecc.
Tale sistema di natura ibrida favorisce una proficua sinergia tra le pratiche agricole e la generazione di energia solare, ma purtroppo questa tecnica, già ampiamente diffusa in Europa, è ancora scarsamente conosciuta in Italia ed è ancora poco normata.
Meritocrazia Italia ritiene necessaria una maggiore attenzione per le buone pratiche di questo tipo, anche attingendo dall’esperienza virtuosa di Paesi stranieri, e reputa indispensabili:
– interventi normativi chiari, anche per sanare le storture di un sistema inutilmente burocratizzato, che rallenta o impedisce l’innovazione;
– l’adozione di eventuali regimi di incentivazione;
– una appropriata definizione urbanistica degli impianti agro-voltaici;
– una maggiore facilitazione delle installazioni fotovoltaiche su capannoni, tettoie e magazzini, piuttosto che sul suolo agricolo.
Tutto, ovviamente, nel rispetto del paesaggio, valore costituzionale.
Stop war.
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Fonte: Meritocrazia Italia