Con Nicola Borzi e Renzo Mazzaro, oltre al nostro direttore Giovanni Coviello nella veste di “conduttore” e ad altri prestigiosi relatori, Francesco Bonazzi, che è “incappato” anche nelle indagini su lui e Borzi per aver rivelato certe storie di servizi e BPVi, darà ulteriore sostanza al convegno “Libertà di stampa, la prima fake news. Il caso banche, tra blandizie e intimidazioni” organizzato da VicenzaPiù per il suo 13° compleanno e che si terrà in Apindustria Vicenza (galleria Crispi 45) lunedì 11 dalle 17-30 con ingresso libero fino ad esaurimento posti (circa 150).
Tornando a Francesco Bonazzi (1968) il collega è corrispondente dall’Italia per l’agenzia inglese Alliance News, collabora con La Verità e Panorama. Giornalista di economia, finanza, politica e giudiziaria, ha lavorato per l’Ansa a Washington e a Milano, ha condotto decine d’inchieste per “L’Espresso”, “Il Fatto quotidiano”, “Il Secolo XIX”, Dagospia. Ha appena pubblicato “Viva l’Italia! Perché non siamo il malato d’Europa” con Chiarelettere.
Nel 2004 ha scritto “Telekom Serbia, l’affare di cui nessuno sapeva” (Sperling & Kupfer) e nel 2008 ha scavato, con un banchiere che si è firmato “Bankomat”, nelle malefatte dei principali banchieri italiani, pubblicando “Prendo i soldi e scappo” (Il Saggiatore).
Francesco Bonazzi ha, quindi, appena pubblicato “Viva l’Italia! Perché non siamo il malato d’Europa” con Chiarelettere.
La paura – si legge in una delle recensioni che riportiamo – è uno stato d’animo personale, certo, ma per crearla e alimentarla su larga scala servono gli allarmi. Dietro ogni allarme c’è puntualmente qualcuno che ci guadagna. Ma l’Italia è davvero un paese sull’orlo del fallimento? Numeri alla mano, la situazione è ben diversa da quella che si dipinge.
Come dimostra Francesco Bonazzi, in realtà il nostro è un paese molto ricco dove otto famiglie su dieci vivono in abitazioni di proprietà, con un patrimonio immobiliare che vale 3,8 volte il Pil, ovvero 6227 miliardi di euro, e con storie di eccellenza, specie nel settore della chimica industriale e della biochimica, che però fanno meno notizia dei successi degli chef stellati. Come ricorda il Censis, “il mondo è pieno di macchinari italiani, ma per saperlo bisogna andare a guardare l’etichetta”.
Il vero problema è la disuguaglianza, a cominciare da quella Nord-Sud, ma per ridurla non si fa nulla, con la scusa che l’Europa non ci concede i necessari margini di bilancio. Con oltre 5 milioni di poveri e un 10 per cento sempre più ricco, l’Italia non può continuare a essere uno dei paesi con la maggior ingiustizia sociale del continente.
La vera sfida che abbiamo di fronte è innanzitutto sconfiggere questa economia della paura e della colpevolizzazione alla tedesca, fermare la cinesizzazione del lavoro e imparare a pensarci come potenza economica, che può decidere il proprio destino e migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Evitando che il sovranismo prenda il posto della sovranità nazionale.