Franco Lauro non capiva granché di basket: il “coccodrillo” di Luca Bottura. E un nostro ricordo particolare

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Passato il profluvio di “coccodrilli” per i ricordi commemorativi conditi di lacrime sempre positive per i defunti famosi, tra le tantissime persone, anche nel mondo del basket italiano, che hanno ricordato il povero Franco Lauro, colpito da infarto mentre era da solo in casa, vi proponiamo il sublime commento di Luca Bottura su laRepubblica.

Non prima di un nostro breve ricordo, risalente al lontano giugno 1995. Un po’ di zapping tra i telefilm americani di Italia1 in quelle prime noiose mattine d’estate a casa da scuola ed ecco comparire in diretta di mattina su Rai2 le partite dell’Europeo in Repubblica Ceca.

Le vicentine Nicoletta Caselin e Cata Pollini (foto sopra) simbolo di quella pallacanestro che al femminile esempio di vera passione “minors”, lontana da riflettori e denari della serie A maschile d’oro dell’epoca.

Le telecronache Lauro non le sapeva fare, ed era spesso irritante, soprattutto in quel ’95 quando commentava da solo. Ma un personaggio fuori dal comune come lui è riuscito aveva un’emozione da… bambino per la cavalcata delle ragazze di coach Sales fino alla medaglia d’argento che rimarrà per sempre nei miei ricordi.

A bomba Franco.


#bravimabasta

F​ranco​ Lauro era noto al grande pubblico per aver condotto Novantesimo e a noi baskettari per aver cantato le gesta dell’Italia di Tanjevic e Messina, e i campionati delle vacche grasse, quando si era una specie di franchigia aggiunta dell’Nba. È scomparso giovane, e molti ne hanno raccontato la cortese umanità trovando giri spesso ampi di parole per attutire una caratteristica, invece, decisiva: Lauro di basket non capiva granché. Non subito. Fu comandato a narrarne gli esiti da un qualche giro di valzer a Saxa Rubra e prese una decisione inaudita: imparare. Franco Montorro, già direttore di Superbasket, ha raccontato di una fugace visita nella casa ancora spoglia del collega: a terra, decine di Vhs con le partite che evidentemente non aveva mai visto e voleva recuperare. Conscio di sapere il giusto, Lauro attuò nelle telecronache il bene ultimo dell’assenza: lasciava parlare la spalla tecnica e cercava di dare calore, colore. Cavillando sui propri limiti e facendoseli appartenere. Antidoto involontario al diffuso trombonismo di ora, dove in troppi ammantano di epica anche l’empito digestivo del campione narrato. Ricordarsi che trattasi pur sempre di gente in mutande sarebbe un ottimo modo di onorarne la memoria.

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