Gentile direttore, dalla seconda metà del Novecento i movimenti di natura popolare impegnati per i diritti delle minoranze, o contro il nucleare, fino a quelli per la Democrazia, sono andati di pari passo con l’intensificarsi dei mezzi di comunicazione: come dire che oggi, senza Internet e i Media tradizionali, non esisterebbero il “Friday for Future” o il “Strike4Climate”, che hanno visto protagonisti in piazza milioni di giovani, per chiedere alla politica di darsi una regolata.
Il simbolo di questo movimento di popolo è la sedicenne svedese Greta Thunberg, una vera “influencer” dei valori ambientali e, verrebbe da dire, un’antitesi di spessore rispetto alla colleghe orientate all’acquisto compulsivo da “Black Friday”. L’edonismo inquietante che alimenta le dinamiche da “social”, per una volta verrà scalzato da modelli di salvaguardia globale che un’intera generazione chiede di attivare, nel desiderio di emulare Greta, anziché gli eroi negativi preferiti dai principali salotti televisivi per le vecchie (in ogni senso) generazioni.
Greta è una doppia vittoria sulla natura umana: quella delle battaglie sulla sostenibilità e quella sulla condizione di bambina con la sindrome di Asperger, che dimostra come l’invalidità sia una questione culturale e civica, mai fisica. Greta è necessaria alla conciliazione tra generazioni e, sempre per i valori che veicola, merita il Nobel. Un Nobel dato alla fiducia sul futuro che sia volano per arginare chi, nei parlamenti e nelle stanze dei bottoni, dichiara un palpabile immobilismo. Che è il fallimento di quelle stesse generazioni, ed espressione di una democrazia ignorante, personalistica, che non distingue i buoni dai cattivi.
Il Nobel per Greta ha senso per dare condizioni di vita accettabili ai grandi entusiasti non ancora arrivati alla maggiore età. E per prendere in consegna l’impegno delle generazioni degli anni ‘70 e ‘90 che, da apripista, hanno inventato il vocabolario della sostenibilità, dell’economia circolare, del plastic free, nell’indifferenza dei politici e degli amministratori. Rappresentanti dotati di strumenti e di potere che hanno utilizzato la logica del consumo compensativo, per consegnare ai ragazzi come Greta, un mondo compromesso e al collasso climatico. E l’Economia, servisse ribadirlo, dimostra ampiamente come il pensiero ecologico sia sviluppatore di lavoro qualificato e di uno sviluppo sostenibile, di lavoro, di schéi.
È auspicabile che questi movimenti animati da uno scopo comune, unitamente al mondo dell’Associazionismo e agli insegnanti, servano a risvegliare un’attitudine di responsabilità verso il cambiamento climatico, che si tradurrà nella candidatura di individui credibili, per ogni futura competizione politica. L’Unione Europea che serve ai cittadini, è quella che attuerà un sistema premiante su vasta scala, che sosterrà la conversione industriale, che bandirà sostanze e prodotti criminali, come i Pfas, e che condannerà la scelleratezza “dell’usa e getta”. La cultura di ognuno e i modelli sociali, come Greta, saranno invece l’unico modo per distinguere la direzione giusta.
L’Italia vanta un patrono antesignano dell’ecologismo, San Francesco d’Assisi, un Presidente della Repubblica sensibile a questi temi, e discreti risultati sulle energie rinnovabili e sulla raccolta differenziata. La scuola primaria, vera artefice delle future Greta, o Andrea, o Maria, dovrebbe operare al massimo nell’insegnare la cittadinanza ai nuovi arrivati, attraverso l’ora di educazione civica, da modulare sul paradigma di “cittadinanza = tutela della Terra = rispetto per gli altri”. Farlo bene, qui ed ora. Senza scuse.
Oggi l’umanità necessita di tante gocce d’acqua pulita, che arrivino a formare una pioggia, scendendo nella stessa direzione. Di questi venerdì per il futuro, insomma.
Davide Fiore
Delegato ambiente e paesaggio
Fai- Fondo Ambiente Italiano, del. di Vicenza