Frodi fiscali, Il Sole 24 Ore: “Ecco il meccanismo sull’asse Italia-Cina”

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Banca clandestina cinese frodi fiscali

Banche underground sull’asse Italia – Cina sempre al servizio di soggetti intenzionati a commettere frodi fiscali. Il tema – in passato trattato anche da queste pagine – viene riportato in alto questa mattina da Il Sole 24 Ore, con un vasto approfondimento a firma di Ivan Cimmarusti e Sara Monaci.

Esistono insomma, e da molto tempo operano, delle vere e proprie banche occulte cinesi e italiane che, intascando provvigioni del 5-15%, effettuano micro operazioni multiple al servizio di piccoli e medi evasori. I “clienti” di queste banche saranno anche piccoli, ma il movimento illecito di denaro conduce a capitali ingenti.

Il loro principale “prodotto” è costituto da operazioni di riciclaggio di denaro, tra i 15 e i 20mila euro, al duplice scopo di costituire un fondo nero e abbattere l’imponibile Iva. Ovviamente, pagando una provvigione. Ovvero: l’Underground bank, una banca occulta. L’identikit del cliente medio porta al piccolo imprenditore senza troppi scrupoli.

Il Sole 24 Ore ha analizzato l’andamento di diverse indagini, individuando per tutte queste ‘agenzie’ uno schema unico low-cost, reso possibile dalle cartiere — cioè società puramente formali, di carta appunto, che non producono alcun bene — presenti sia in Italia che all’estero. In alcuni casi sono create ad hoc, ma in altri nascono pulite per poi essere sottratte con violenza a imprenditori in difficoltà: sono queste quelle preferite, perché riescono meglio a mimetizzarsi grazie alla precedente storia societaria, connotata da regolarità fiscale e contributiva. Il loro unico scopo è di emettere fatture per operazioni inesistenti.

In generale le cartiere presentano molteplici oggetti sociali per assicurare ogni sorta di richiesta dei clienti e sono dotate di un’organizzazione pluripersonale: teste di legno al vertice (spesso nullatenenti), personale amministrativo che sbriga le pratiche, commercialisti, ragionieri e soggetti dediti prevalentemente a fare prelievi da uffici postali e Atm indipendenti“.

Lo schema per la commissione di reati fiscali viene approfondito nel dettalgio: “Le cartiere italiane rilasciano alle imprese una fattura falsa. Le imprese bonificano la cifra stabilita, simulando l’acquisto di un bene o servizio in realtà inesistente. Dopodiché la cartiera restituisce i soldi in contanti all’impresa, che crea un fondo nero ed ha una base documentale per abbattere l’imponibile fiscale (costituisce Iva credito). La cartiera, invece, trattiene la sua commissione del 5-15% per il lavoro svolto.

Parallelamente, altre imprese hanno necessità di riciclare capitali provenienti da attività illecite, come precedenti evasioni fiscali, ma non di rado il sistema è sfruttato da trafficanti di droga. In questo caso il denaro viene consegnato in contante alle stesse cartiere.

Inizia così una sorta di cocktail di capitali: il bonifico tracciato, frutto della prima attività, serve a giustificare e coprire l’ingresso dei capitali sporchi. Da quel momento il processo di «ripulitura» prosegue nei Paesi dell’Est, attraverso la simulazione di un nuovo acquisto presso una nuova società cartiera che generalmente ha sede in Bulgaria o in Ungheria (operazioni anche in Polonia, Lituania e Irlanda), collegata attraverso qualche prestanome alla cartiera italiana. Da lì il denaro può rientrate subito in Italia o, come dimostrato, può ripartire per la Cina. In entrambi i casi si segue lo stesso meccanismo: un ulteriore acquisto finto nei confronti di un’altra cartiera collegata allo stesso giro”.

I Paesi dell’Est Europa sono i più indicati al meccanismo, per via di controlli antiriciclaggio più blandi. Poi c’è il passaggio finale, che “è ancora oggetto d’indagine. Ma da primi riscontri, parte dei capitali resta in Cina e parte rientra in Italia per poi tornare pulito nella disponibilità delle imprese. Anche per questa operazione l’organizzazione intasca una provvigione tra il 5 e il 15 per cento”.

Fonte: Il Sole 24 Ore