Galleria Pedemontana Malo-Castelgomberto, Covepa approfondisce relazioni Consulenti Tecnici e tribunale di Vicenza

220
militanti CoVePA
militanti CoVePA

Una delle ragioni perché la galleria naturale di Malo-Castelgomberto – è scritto in un comunicato dell’Associazione Co.Ve.P.A. Coordinamento Veneto Pedemontana Altenativa – sembra normale anche agli occhi di chi la dirige come Luca Zaia con il suo avvocato Corsini e con la sua ingegnere Pellegrini, sta nel fatto che goda di strane continue coperture accademiche a veri e propri svarioni degli ingegneri che Luca Zaia continua a tenersi nella Pedemontana Veneta.

Oggi non ci soffermeremo sui dubbi per i conti economici dei flussi di traffico redatti e firmati ing. Artusato coperti dal su amico professore a Padova Marco Pasetto e inseriti nell’accordo di concessione del 2017 con la SIS quale asseverazione degli scambi economici per i servizi dei salernitano-piemontesi.

Vogliamo approfondire una questione che attiene alla smentita da parte del professore Simonini di ben due relazioni dei Consulenti Tecnici della Procura, gli ingegneri Rossitto e Pasqualon, e del Giudice delle Indagini Preliminari’ il prof. Genevois. Simonini è stato ampiamente citato nella sentenza del Giudice del Tribunale del Riesame di Vicenza che ha tolto il sequestro su tutti i 7 km della tunnel Malo-Castelgomberto.

Simonini insegna geotecnica agli ingegneri e ha sostenuto nella perizia per la SIS che «questo sistema di rinforzo (quello costituito da bulloni ad ancoraggio puntuale, ndr.) rappresenta, insieme allo strato di calcestruzzo proiettato applicato contestualmente, il rivestimento di prima fase della galleria, spesso indicato anche come rivestimento provvisorio. Esso deve garantire la stabilità dello scavo durante lo costruzione della galleria stessa, che, per molti aspetti, rappresento il momento più crjtico nei riguardi della sicurezza di questa opera. Nel lungo termine la stabilità dello scavo viene invece garantita dal rivestimento di seconda fase, anche detto rivestimento definitivo, costituito da uno strato di calcestruzzo gettato in opera dopo l’installazione del sistema di impermeabilizzazione, che viene progettato e verificato trascurando la presenza del sistema di rivestimento di prima fase, anche per tenere conto di un suo eventuale deterioramento nel tempo».

Dichiarazione che il Giudice del Riesame, il Dott. Miazzi, fa propria a pagina 21 per rigettare il sequestro ribadendo in modo quantomeno poco chiaro che «secondo il consulente tecnico del pubblico ministero, come pure per il consulente di parte Chiaia, tutte le componenti la cui funzione statica è provvisoria e/o provvisionale non sono assoggettate all’obbligo di marcatura CE, in quanto esse o sono rimosse alla fine della fase di cantiere oppure, se lasciate nell’opera, non contribuiscono alle prestazioni strutturali permanenti, ovvero durante la vita nominale della costruzione».

Innanzitutto non comprendiamo come il dottor Miazzi non abbia deciso di avvalersi di una sua propria consulenza tecnica, così da giungere ad un parere ulteriore che facesse sintesi sulle due visioni tecnico ingegneristiche che si contrapponevano nel suo giudizio. In particolare la questioni dei chiodi messi e non messi che avrebbero causato la morte di La Ganga e soprattutto se quelli utilizzati siano in grado di tutelare la vita di chi opera sotto alla galleria e di chi vi transiterà in futuro.

Va ricordato che con quelle metodologie e con quei materiali è stata conclusa la Galleria di Trissino, non sappiamo se e chi l’abbia collaudata. Si perchè sul mercato vi sono aziende in grado di fornire chiodature certificate e anche di zona, come quelle impiegate nella trattenuta della frana del Rotolon a Campogrosso.

In secondo luogo la questione ha una ricaduta sulla dottrina tecnica dell’ingegneria, infatti le formulazioni del dottor Simonini sono in ampia contraddizione con la manualistica fondamentale dell’ingegneria, in particolare con la bibbia degli ingegneri, il Colombo pubblicato dalla Hoepli (ed.2015). In esso si afferma nella sezione relativa alla costruzione delle gallerie che «il rivestimento è formato da: calcestruzzo proiettato; rete elettrosaldata; centine metalliche ove necessarie; ancoraggi; arco rovescio; impermeabilizzazione; anello interno definitivo di calcestruzzo da eseguirsi dopo un periodo di assestamento. Ogni elemento strutturale contribuisce alla resistenza totale del rivestimento nella configurazione finale». Certo si potrà dire che è un manuale superato, ma non abbiamo trovato alcuna documentazione scientifica che lo contraddica, saremmo lieti che Simonini ce la fornisse.

In fine una ultima cosa appare evidente che se si possono porre in opere strutture provvisionali non certificate, si fa un bel regalo a tutte quelle aziende che nei tunnel TAV starebbero lavorando in questo regine di assenza di certificazione delle chiodature in roccia. Ci riferiamo al tunnel TAV del Brennero in avviata fase di costruzione, a quello che maggioranza e opposizione governative non vedono l’ora di avviare in Val di Susa per no parlare del cosiddetto terzo valico.

Sarebbe una questione da far tremare le vene ai polsi a tutta l’industria delle costruzioni stradali italiana, forse incapace di adeguarsi realmente alle cosiddette norme europee, che prevedono gare europee e relative certificazioni dei materiali da impiegare in quelle gare.

C’è da chiedersi se un giudice della piccola provincia di Vicenza non abbia sentito questo peso. In pratica quel sequestro e quella sentenza per il principio dell’eterogenesi dei fini avrebbe potuto bloccare l’industria infrastrutturale italiana per dimostrato ritardo, ma avrebbe contribuito a quello che il sistema della concorrenza libera ha come obiettivo, l’emergere dei migliori, di coloro che hanno investito certificandosi in ambito internazionale.

Qualcuno riuscirà a spiegare a Luca Zaia che sta costruendo un’opera pure male, e gli ordini di architetti e ingegneri così solerti a sanzionare chi non si aggiorna sapranno metterci il naso su queste questioni duramente tecniche, magari guardando anche alla Direzione dei lavori di quest’opera?

Ma questa sarà un’altra puntata.