(Articolo su Giacomo Zanella di Giorgio Ceraso da “Storie Vicentine” e da Vicenza Più n. 2 ottobre-novembre 2023 , sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Il 9 settembre 1893, a cinque anni dalla scomparsa di Giacomo Zanella, fu inaugurato il monumento – opera dello scultore veronese Carlo Spazzi – che la città di Vicenza volle dedicare alla sua memoria. La ricorrenza dei centotrent’anni è occasione per ricordare, non tanto, come scrisse Il Berico, il «sommo poeta, prosatore felicissimo, educatore valente, erudito profondo nella patria letteratura e nelle straniere1» – aspetti, peraltro, già ampiamente indagati da valenti studiosi – quanto, piuttosto, per mettere in luce la sua
forse meno nota figura di patriota e di uomo dalla mente aperta, non sempre allineato alle gerarchie civili e religiose. Vissuto in un periodo storico molto travagliato per l’Italia.
Prima impegnata nelle guerre di indipendenza dalla dominazione austriaca e, poi, alle prese con la cosiddetta Questione romana, ovvero lo scontro tra lo Stato italiano e la Chiesa dopo la presa di Roma da parte delle truppe italiane il 20 settembre 1870. Creando così in seno alla società uno scontro fra i moderati, desiderosi di comporre, a tutti i costi, il dissidio determinatosi tra lo Stato e la Chiesa e i conservatori, ostili ad ogni forma di compromesso
e strenui difensori del potere temporale.
Un’Italia, per di più, percorsa dalle istanze dovute ai nuovi assetti che si stavano delineando in campo filosofico, scientifico, sociale e politico, che vanno sotto il nome di modernismo.
Prendo spunto da due articoli apparsi all’epoca sulla stampa locale. Il primo, pubblicato nel Corriere Vicentino2 del 9-10 settembre 1893, in occasione della inaugurazione del monumento, reca la firma di Giosuè Carducci. Che inizia il suo intervento affermando: «i moderati veri, che in fine hanno da essere conservatori se qualche cosa vogliono moderare,
trovano il loro poeta in Giacomo Zanella», che, dunque – realizzata quasi del tutto l’unità territoriale d’Italia – concorse anche al compimento di quella culturale e storica. Ma era pure, prosegue Carducci, l’uomo «per quelli che invocavano e aspettavano l’accordo della libertà con la fede, del progresso col dogma, dell’Italia con la Chiesa». Infatti, «nelle poesie dell’abate Zanella gli accordi e le conciliazioni tra la ricerca scientifica e l’autorità del dogma, tra il pensiero moderno e l’eternità della fede, tra il sentimento nuovo e irrequieto e le regole dell’arte tradizionale, erano ingenuamente, sinceramente, candidamente, perseguiti, voluti, creduti raggiungere». Perché Zanella intendeva il cristianesimo «non come le beghine e i pinzocheri i bacchettoni, i baciapile], ma come scala della ragione per innalzarsi alla contemplazione delle cose che trascendono i sensi, come il grande
purificatore di tutti i sentimenti umani, come visione anticipata della vita immortale3». Egli, conscio della provvisorietà della storia, non dubitava che fosse un disegno divino a governarne il divenire, per ciò stesso destinato a sempre più leopardiane «magnifiche sorti e progressive».
Lo testimonia la sua più celebre poesia, “Sopra una conchiglia fossile nel mio studio”, composta nel 1864 – su sollecitazione di Fedele Lampertico – in occasione delle nozze a Venezia di Luigi Luzzatti – suo ventitreenne discepolo negli anni 1857-1858 – con Amelia Della Via.
Zanella fu dunque un pensatore/poeta capace di trasmettere i suoi messaggi in tutti suoi componimenti e in tutte le occasioni. Sottolinea, infatti, Carducci: «Quando mai la poesia odierna aveva trovato un’ornamentazione di gusto così corretto per le feste di famiglia, per le parate dell’industria e per i trionfi del tecnicismo?». Nell’epoca in cui fioriva il positivismo, il Nostro si preoccupò tuttavia di ammonire che la scienza può sì bastare a se stessa, ma non può bastare all’uomo nato a «contemplar le stelle».
Il secondo articolo è riportato nel
Giornale di Vicenza4 del 6 ottobre 1866, che riferisce di una visita effettuata da Zanella il precedente 1° ottobre a Chiampo, suo paese natale, quando l’annessione del Veneto al Piemonte, che sarà sancita ufficialmente col plebiscito dei successivi giorni 21 e 22 ottobre, era oramai scontata. Accolto in Municipio, dopo un discorso di benvenuto da parte del futuro sindaco Marco Righetto, Zanella pronunciò a sua volta una orazione per esprimere le personali speranze in ordine al futuro dell’Italia e dei suoi compaesani. Sottolinea,
nell’incipit, come gli ultimi eventi abbiano segnato «il più bel tempo che abbia avuto l’Italia», perché sancivano il riscatto «dal dominio straniero, che stipendiava fino in chiesa i satelliti», ovvero il clero, che, per la maggior parte, era asservito agli Asburgo. Una affermazione pesante, testimonianza della sua libertà di pensiero, che mai temette di urtare la fede austriacante del vescovo Antonio Farina. Ricorda poi l’opprimente controllo asburgico, che, «togliendo ogni iniziativa ai Comuni, tolse anche agli individui la coscienza dei loro diritti e il coraggio di proporre … miglioramenti o rimedi». Con una esortazione di attuale valenza: «non basta il sentimento dei propri diritti; ma conviene saperli esercitare; ampliarne al bisogno l’azione; disconosciuti o contrastati, proteggerli». Ma per far ciò – anticipando di quasi cent’anni il pensiero di don Lorenzo Milani – Zanella era convinto che solamente la cultura può rendere liberi e aiutare il riscatto del più debole. Parlandone con cognizione di causa, visto il suo ministero di docente presso il Seminario e i Licei di Vicenza e Venezia, nonché quale cattedratico presso l’Università di Padova, di cui divenne anche rettore. E così «l’istruzione deve essere il primo pensiero di un Comune», che deve rigorosamente vigilare sulla frequenza dei fanciulli alla pubblica scuola, sottolineando con rammarico come fino ad allora, invece, «le scuole, abbandonate all’ispezione di parrochi (!) erano la più parte dell’anno deserte», non risparmiando con ciò altra stilettata contro i suoi colleghi sacerdoti. Il monumento eretto in onore di Giacomo Zanella rende quindi meritato
onore ad un concittadino, la cui vita è ancora oggi di esempio e il cui pensiero è ancora di puntuale attualità.
Note:
1 N. N., Inaugurandosi in Vicenza il monumento a Giacomo Zanella nel settantesimo terzo anniversario della sua nascita, “Il Berico”, n. 205, 9-10 settembre 1893, p. 2.
2 G. Carducci, Giacomo Zanella, “Corriere Vicentino”, n. 211, 9 settembre 1893, p. 1.
3 M. Tabarrini, La Commemorazione in Teatro Olimpico, in In memoria di Giacomo Zanella, numero unico, Vicenza, 9 settembre 1893, p. 3.
4 N. N., Senza titolo, “Giornale di Vicenza”, n. 69, 6 ottobre 1866, pp. 2-3.