Giorgio Almirante, no a una via a lui intitolata a Vicenza

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Giorgio Almirante
Giorgio Almirante

Leggo che a Vicenza, medaglia d’oro per la Resistenza, si chiede di intitolare una via a Giorgio Almirante. Questa è l’ennesimo episodio che prova la volontà di cancellare la memoria storica del nostro paese. Una volontà che è oggi molto in voga tra chi siede nelle istituzioni. Istituzioni che, è bene ricordare, nascono dalla Resistenza.

Da quella ribellione ideale e armata di tanti giovani e no contro il regime fascista del quale Giorgio Almirante fu esponente di primo piano. Una sorta di restaurazione che confonde la storia e che ha inizio con quelle dichiarazioni di Luciano Violante che, “sdoganando” i cosiddetti “ragazzi di Salò”, hanno concesso ai fascisti una dignità simile a chi aveva lottato per la libertà del nostro paese.

Ricordiamo che Giorgio Almirante fu fascista dichiarato (durante il ventennio e dopo), membro della repubblica di Salò. Sappiamo che fu tra gli estensori del manifesto della razza e che fu famoso per avere firmato nel maggio del 1944 la condanna a morte per antifascisti “renitenti alla leva e disertori”.

Oggi in quel delirio negazionista nel quale sta sprofondando il paese si vuole  equiparare fascismo e antifascismo. E così, minimizzando i crimini del fascismo, si giustificano l’odio verso il diverso e la xenofobia, le leggi speciali e quelle razziali.

Attenzione. In Italia (e in Europa) sta succedendo quello che è già accaduto oltre 70 anni fa. Un poco alla volta, silenziosamente, contemporaneamente alla cancellazione della memoria, riaffiorano le pulsioni più infime. Così Tajani crede sia normale dichiarare che Mussolini abbia fatto anche cose positive. Così il termine “ebreo” viene utilizzato impunemente come un insulto. Così si permettono sfilate apertamente fasciste e naziste.

E questo avviene in una indifferenza generalizzata che diventa “fastidio” quando qualcuno manifesta preoccupazione e si indigna di tutto quello che sta avvenendo.

Ormai è “normale” affermare che fascismo e antifascismo siano cose “vecchie”, in definitiva equiparabili. Si abbia coscienza che queste dichiarazioni provengono sempre da chi giustifica il fascismo o da chi è esplicitamente fascista. Chi si nasconde dietro una ipotetica “equidistanza” di fatto nega cosa sia stato il fascismo in Italia e cosa abbia provocato.

Si deve, invece, scegliere da che parte stare. Voglio ricordare che, chi ha deciso di combattere la barbarie nazifascista nelle montagne, nelle fabbriche, nelle città del nostro paese, lo ha fatto mettendo in gioco la propria vita. Lo ha fatto chi è stato trucidato nei rastrellamenti della Piana di Valdagno e del Bosco Nero di Granezza. Lo ha fatto chi è stato impiccato a Bassano. Lo hanno fatto i dieci martiri fucilati a Vicenza.

Non si può stare né di qua né di là. Bisogna essere partigiani come ci hanno insegnato grandi persone come i “Piccoli Maestri”, come Toni Giuriolo, come Bruno Viola “Marinaio”, come Fiorenzo Costalunga “Argiuna”, come Quirino Traforti “Carnera” e tanti altri che hanno combattuto quell’orrore che Giorgio Almirante aveva contribuito a creare nel nostro paese e del quale fu paladino anche dopo la Liberazione.

Ancora oggi, di fronte a quel pensiero unico che vorrebbe cancellare la storia parificando vittime e aguzzini, bisogna vigilare ed essere partigiani perché essere “neutrali” (secondo vecchie logiche opportunistiche) significa essere ciechi di fronte al pericolo del nazifascismo che sta avanzando in Italia e in Europa.

Un pericolo concreto di fronte al quale non si può restare “indifferenti” perché come diceva Gramsci, “l’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita”. E contribuisce a favorire la rinascita di tentazioni autoritarie.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.