Da ragazzo, ai primi anni delle superiori, ricordo nella bacheca della scuola comparivano alcuni comunicati di studenti più grandi, che realizzavano un giornalino, e chiedevano a tutti gli alunni di collaborare. Ecco, non lo feci mai. E non che non ci abbia pensato, ad esempio tutte le volte che ritenevo di aver subito un’ingiustizia, e avrei voluto renderla pubblica, oppure chiamare al dibattito i “grandi” colpevoli della stessa.
Forse al mio tempo nessuno stimolava la lettura di giornali in classe, forse non ci si credeva. Ma poi, crescendo, all’università, ho scoperto che quello strumento, scrivere pubblicamente, poteva diventare il modo di comunicare, e di accrescere la consapevolezza nei lettori. Esattamente come accadeva a me, lettore, che leggendo riflettevo, allargavo la mente, mi ponevo ulteriori domande. Scrissi un paio di articoli, dimenticati nei giornalini di una o due pagine delle riviste universitarie, finché il dono della scrittura non mi ha portato a contatto con il primo giornale locale. Mi sentivo insicuro, non pensavo di avere nulla da dire che potesse interessare i lettori. Però il direttore mi spinse, e cominciai a scrivere dei temi che a me stavano più a cuore: sostenibilità, ambiente, cultura, società.
In breve divenni uno dei giornalisti della mia città, ed era bello che tante persone mi cercassero per darmi informazioni prima degli altri. Ed ero io poi a trovare la forma per rendere quelle informazioni pubbliche.
Soprattutto mi spingeva la curiosità. Il conoscere la mia città, la mia gente, le dinamiche sociali che la regolavano. Poter intervistare le persone “delle stanze dei bottoni” e fare loro domande a volte anche scomode. Era il mio modo di dare il mio contributo alla città.
Fu così che giunsi anche al mio primo romanzo, Via della Cina, a seguito di un’intervista ad una migrante cinese che avrei inizialmente voluto pubblicare sul giornale (ma mal si addiceva ad un quotidiano).
Presi la tessera da giornalista pubblicista, ma lo stipendio che percepivo era davvero troppo povero, anche se il massimo che poteva un piccolo giornale di provincia. Dovevo ovviamente fare un altro lavoro per “campare”. E poi, alcuni anni dopo, quel giornale fallì. Vittima anch’esso del cambiamento delle forme di fruizione dell’informazione, l’avvento di internet, le strategie pubblicitarie diversificate. Per fortuna io avevo già allargato gli orizzonti, avevo cominciato a scrivere per riviste mensili, bilingue, su argomenti
di approfondimento. E ho continuato così per gli anni a venire. Finché la scorsa estate ho intrapreso la collaborazione con una testata online, ma focalizzata sui temi locali: Vipiu.it . E lì ho potuto dare sfogo al mio interesse per i temi locali, ed è quello che sto ancora facendo.
Insomma, la mia è una passione, che unisce in sé una serie di altre passioni: l’interesse per la scrittura, per la comunicazione, la curiosità, la verità, l’approfondimento. E la consapevolezza, quindi la voglia e la responsabilità, di incidere sulla società. Per me sono questi i veri strumenti del giornalista!
Questo articolo è il frutto della collaborazione tra il giornale Vipiù.it e il Liceo Scientifico, Scienze Applicate, Linguistico e Coreutico “Da Vinci” di Bisceglie (BT) per i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO). Qui troverai tutti gli articoli del PCTO del Liceo “Da Vinci” di Bisceglie (BT).