Rimettiamo in copertina un articolo di Michele Lucivero del 27 gennaio 2019, ore 0.42, intitolato “27 gennaio 2019, Giorno della Memoria: nessuna lezione con i morti in mare” perché oggi, Giorno della Memoria del 27 gennaio 2022, ci sembra tragicamente attuale. Il direttore
Avevo cominciato questo articolo due anni fa, poco prima della Giorno della Memoria, ma poi ho avuto fiducia nel genere umano e non l’ho più inviato. L’ho ripreso lo scorso anno, pressappoco nello stesso periodo, e per gli stessi motivi non l’ho più completato.
Ma per una tragica fatalità, anche quest’anno, poco prima della Giorno della Memoria per le vittime della barbarie nazifascista, che ha decimato intenzionalmente una popolazione fatta di uomini, donne e bambini di origine ebraica, nomade, di tendenze omosessuali, di dissidenti politici e religiosi, di persone con disabilità nell’indifferenza e con il sostegno di chi pensava di togliersi dalle scatole definitivamente un po’ di gente diversa insieme a tutti i mali del mondo, compresi quelli strettamente personali, ci ritroviamo a contare altre vittime nella totale indifferenza della popolazione.
È passato, dunque, un altro anno e tra qualche giorno la domanda che si sentiranno rivolgere gli insegnanti nel momento in cui affronteranno il complesso e doloroso fenomeno della Shoah, giacché è a scuola che si affrontano seriamente e in una dimensione pluralistica tali argomenti, sarà sempre la stessa e cioè come sia stato possibile che la popolazione tedesca, anche se poi corre il dovere di dirgli che anche gli italiani non sono stati meno morbidi con tutti i diversi, fosse rimasta impassibile davanti al massacro sistematico di ebrei, zingari, comunisti, disabili e omosessuali.
Così, un insegnante, in palese imbarazzo, dovrà spiegare che i lager erano segreti, anche se poi deve ammettere che la gente spariva, magari il pastore protestante vicino di casa, prendiamo un Dietrich Bonhoeffer a caso, veniva prelevato nottetempo, così il giorno dopo e quello dopo ancora non lo si vedeva più, alla fine qualcosa doveva pur essergli accaduta, ma si preferiva tacere.
Oppure si dirà che l’antisemitismo, anticamera della Shoah, era un pregiudizio solo dei militanti nazisti, ma dopo ci si accorgeva che il commerciante sotto casa, uno Shlomo Levi come tanti, chiudeva bottega e non ci si preoccupava della sua scomparsa perché il suo volume d’affari era un po’ fastidioso per il tedesco medio.
Insomma, per non portare sul banco degli imputati tutta la popolazione tedesca, italiana, e della gran parte d’Europa, complice silente del massacro, è molto più facile attribuire la responsabilità a pochi e maledetti folli; conviene in questo schema sacrificale giudicarne solo alcuni, condannare i capri espiatori e assolvere la popolazione che quei folli li ha pur votati e convintamente sostenuti e questo perché ci fa orrore il fatto che la popolazione siamo tutti noi.
Si preferisce glissare, quindi,
- sul fatto che il pregiudizio razziale e antisemita era ben radicato nella popolazione europea allora come ora, e talvolta affiora anche grottescamente tra improponibili personaggi politici poco avvezzi allo studio della storia;
- sul fatto che la superiorità dello spirito tedesco aleggiava sulla popolazione sovrana tedesca, tanto quanto quella dello spirito inglese, francese, italiano sulle rispettive sovrane popolazioni, alimentato dalla letteratura, dalla filosofia, dalla cultura del tempo in generale;
- sul fatto poi che tale spirito è stato opportunamente sfruttato, come generalmente accade, dalla politica per attuare i suoi piani miserrimi in contesti nazionali caratterizzati da condizioni sociali ed economiche altrettanto miserrime.
E allora solo oggi, 27 gennaio, come ogni anno, siamo soliti fermarci a riflettere e commuoverci perché è la Giorno della Memoria tra retorica e frasi di circostanza, ché negli altri giorni siamo presi dalle nostre occupazioni, per commemorare i milioni di uomini, donne e bambini che hanno perso la vita a causa delle nefandezze dei regimi nazifascisti in Europa, dipingendo a tinte fosche i soli pochi responsabili nella livrea dalla croce uncinata che hanno permesso l’internamento e pianificato la soluzione finale e a meravigliarci, sbalorditi per l’indifferenza della popolazione.
La prossima volta, però, che vi capiterà di parlare dell’indifferenza della popolazione nei confronti di qualche massacro di massa, invece di rivolgere lo sguardo al passato, cerchiamo di leggere meglio tra le righe dei nostri quotidiani, quelli pubblicati tutti i giorni.
E ci accorgeremmo, ad esempio, che mentre noi continuiamo a lavorare, ad andare in pizzeria e a meritarci le nostre sudate vacanze al mare, negli ultimi quindici anni, da quando è cominciato l’esodo della popolazione africana e asiatica nel nostro mar Mediterraneo, quello in cui andiamo a rinfrescarci e a passare le ferie, sono morti circa 30.000 uomini, donne e bambini e continuano e morirne a centinaia tutti i giorni, nella nostra più totale indifferenza e noncuranza, presi come siamo dalle nostre occupazioni quotidiane.
E non servono le argomentazioni addotte per giustificarci davanti al tribunale morale che in questo momento ci accusa di ignavia; non serve a scagionarci affermare che non siamo noi, europei, a obbligare questi africani a partire dai loro paesi; non serve ad assolverci sostenere che essi sono consapevoli dei rischi che corrono, per cui se muoiono sono affari loro; non ci giustifica minimamente pensare che, in fondo, noi cittadini non possiamo fare nulla nei confronti di flussi migratori internazionali, poiché è la politica che deve occuparsene; non ci discolpano nemmeno le formule totalmente assolutorie, davvero molto raffinate sul piano della retorica politica, secondo le quali i migranti arrivano nei nostri territori perché, complici scafisti e ONG, si è diffusa voce che il governo italiano li fa dimorare in alberghi, gli passa sigarette e schede telefoniche, oltre a 40 euro al giorno per le varie loro necessità.
Ahinoi, purtroppo, bisogna prendere atto che queste argomentazioni, frutto del senso comune, della chiacchiera da bar e da post per social network, non passeranno alla memoria, non verranno scritte per decenza nei manuali di storia, fatti perlopiù da gente seria, così come non sono passate alla storia le opinioni del tedesco medio, che aveva votato Hitler in libere elezioni e che si sarebbe giustificato dicendo che non aveva mica consigliato lui agli ebrei di giungere sul territorio tedesco.
Ma il fatto terribile rimane, ed è che ai nostri nipoti lasceremo in eredità il mero dato, costituito da migliaia di vite che muoiono nel mare nostrum, un numero che, se non si prendono precauzioni, è destinato ad aumentare, vista l’aria che tira, e queste persone muoiono proprio in quelle acque nelle quali noi passiamo le vacanze, in cui probabilmente nei prossimi anni raccoglieremo fortuitamente ai lati delle spiagge i cimeli accatastati di uomini, donne e bambini in cerca di speranza, così come oggi, 27 gennaio, assistiamo attoniti e muti davanti alle cataste di scarpe, occhiali e cimeli di uomini, donne e bambini ai quali la speranza è stata tolta due volte, perché la lezione di storia che prevedeva l’opzione della comprensione empatica del valore dell’umanità noi non l’abbiamo capita.