Giornata mondiale del volontariato: chi lo fa e soprattutto perché?

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Il 5 dicembre si celebra la Giornata mondiale del volontariato e di conseguenza si rende merito al lavoro quotidiano dei volontari che in vari ambiti operano sul nostro territorio nel nostro tessuto sociale. Il volontariato costituisce un’attività di aiuto gratuito e spontaneo individuale o collettiva a cui partecipano uomini e donne di ogni estrazione sociale e età, sebbene negli ultimi tempi sia particolarmente apprezzabile l’aumento delle adesioni a associazioni no profit da parte dei giovanissimi tra i 16 e i 25 anni.

Secondo l’ultimo censimento ISTAT negli Anni ’20 del 2000, in Italia le associazioni no profit, volgarmente definite di volontariato, sono cresciute esponenzialmente toccando la soglia delle 350.000 associazioni attive in particolare nelle regioni centrali e settentrionali. 

Questo astronomico numero racchiude in sé non solo enti quali “Caritas” e “Medici senza frontiere”, ma anche organizzazioni non giuridicamente reputate di volontariato che tra i loro dipendenti, accanto a quelli retribuiti, presentano anche persone prestanti attività volontaria e quindi non salariate. Un esempio di organizzazione privata di volontariato è la Croce Rossa Italiana che svolge le proprie attività impiegando sia personale volontario sia dipendenti.

In Italia il volontariato è un’attività assai diffusa: sempre secondo l’ISTAT il numero di volontari italiani si aggira intorno a 6,63 milioni di persone con un tasso di volontariato totale pari al 12%. Proprio per questa diffusa adesione a organizzazioni benefiche, ancora nel 1991 venne redatta la legge n. 266 che regola tutt’oggi l’attività di volontariato affidandone la regolazione su base regionale e stilando una lista di caratteristiche che ogni attività benefica deve possedere per essere definita tale.

Tra quest’ultime, oltre l’assenza di finalità di lucro e il divieto di retribuzione, sono state aggiunte alcune caratteristiche tipiche dell’ambito aziendale quali l’elettività delle cariche, la redazione di un documento trattante i diritti e i doveri dei volontari e l’obbligo della formazione del bilancio che hanno permesso, soprattutto in questi ultimi anni,  un miglioramento organizzativo delle strutture benefiche contribuendo ad attirare intorno a loro un maggior numero di associati. 

Ma le reali motivazioni di questa grande adesione al volontariato soprattutto da parte dei giovani non sono da ritrovare nel miglioramento del servizio fornito dalle organizzazioni di queste attività, né tanto meno nell’ormai raro insegnamento dell’“ama il prossimo tuo  come te stesso”, ma operano su un lato più intimo e personale della psicologia moderna.

Secondo l’occhio più cinico, l’uomo moderno infatti tende a pensare sempre al proprio tornaconto, anche nel volontariato che diventa una doppia azione benefica: per chi la compie e per chi ne è il destinatario.

In primis i volontari delle più svariate organizzazioni hanno la possibilità di mettere in pratica, attraverso le relazioni con il diverso, abilità e conoscenze che altrimenti rimarrebbero inespresse o trascurate. Tali abilità e conoscenze permettono loro di maturare i cosiddetti “crediti” certificati in un documento dal massimo esponente dell’organizzazione benefica, il cui  riconoscimento da parte del datore di lavoro o del dirigente permette di avere dei vantaggi nella propria carriera lavorativa o scolastica.

Ma questa visione disincantata potrebbe non essere esaustiva riguardo al tema, altre ragioni infatti più ontologiche motiverebbero la diffusione del volontariato. Numerosi studi psicologici per esempio rivedono nel desiderio del volontario medio una sorta di duplice autodifesa dai sensi di colpa per esser più fortunato di altri, ma soprattutto dai propri problemi e preoccupazioni personali occupandosi invece di quelli del prossimo. A questa iniziale difesa subentrerebbe poi una successiva ricerca di miglioramento personale, accrescendo così la fiducia in sé stessi e l’autostima.

In ogni caso, che sia per vantaggio personale, per morali cristiane o per ragioni legate all’Io, il volontariato individuale o collettivo è “cosa buona e giusta” e in quanto tale fa ben sperare il tasso di volontariato in costante crescita simbolo di un ritrovato desiderio di far del bene, che sia per sé stessi o per gli altri poco importa, in un epoca frenetica nella quale trovare del tempo da dedicare o da dedicarsi sembra pura utopia, quindi grazie a tutti i volontari!