Fino a quando la Giornata del Ricordo sarà occasione di polemiche e di intolleranza i massacratori delle foibe e i signori della cultura di morte e violenza saranno ancora i vincitori: il tema della discordia, della divisione, dell’intolleranza che essi sparsero a pieni mani dà ancora i suoi tragici frutti.
La pulizia etnica voluta dai comunisti e ordita nei minimi dettagli dai titini non mirava solo infatti ad assassinare o derubare istriani, dalmati, giuliani o quarnerini: la pulizia etnica voleva annichilire un popolo, privandolo della sua terra, identità e cultura. Ma quella è anche la nostra cultura, nostra di italiani e, a maggior ragione, di noi veneti, visto che quelle terre da cui furono scacciati i nostri concittadini per secoli furono parte della Repubblica Serenissima.
Assassinando e cacciando i casa quel popolo, abbattendo i segni del passato e della cultura, ad iniziare dai Leoni marciani lungo l’intera costa adriatica, si voleva cancellare la storia. Un popolo non può vivere se non ha memoria e coscienza della sua storia. Forse a molti i nomi di Luciano Laurana, Andrea Schiavone, Francesco Laurana, Giorgio da Sebenico, Niccolò di Giovanni Fiorentino, non dicono molto eppure testimoniano l’effervescenza e il grande contributo della cultura dalmata-venezia nel Rinascimento italiano ed europeo. Il più celebrato poeta croato, considerato il padre della letteratura croata, è lo spalatino Marco Marulo, della famiglia dei Pezzini.
Annibale Lucio, di Lesina , scrisse uno dei primi capolavori in lingua croata, la “Robinja”. Anche Niccolò Tommaseo era dalmata, di Sebenico, al fianco di Daniele Manin nella rivoluzione veneziana del 1848: di fieri sentimenti italiani, che non gli impedirono di rifiutare sdegnosamente onori e cariche offertegli dai Savoia dei quali non ebbe alcuna stima, non solo fu uno dei più grandi studiosi della lingua italiana, ma non nascose mai il suo amore per la cultura veneta e dalmata, né il profondo rispetto che le culture e lingue locali ad iniziare da quelle illiriche fino al corso.
Anche i nomi di questi grandi, e di tanti altri ancora, testimoniano la grandezza di una cultura e società dove convivevano lingue e tradizioni diverse, capaci di essere pacificamente protagoniste dei grandi movimenti culturali che hanno segnato la storia europea. Che lo chiamiate Marco Marulo o Marko Maruli?, Marko Pe?eni?, Marco Spalatenis o Dalmata la sostanza non muta: quel letterato poteva scrivere in veneto, italiano, croato e latino e si sentiva a casa sua a Venezia come a Spalato.
La pulizia etnica ci ha rubato anche questa storia, ha eretto muri che ancora oggi resistono, scavato solchi e divisioni che non hanno ragione d’esistere. Hanno negato la straordinaria capacità di pacifica coesistenza di culture e tradizioni che non si sentivano in competizione tra loro.
Le storie di chi finì nelle foibe, annegato brutalmente in mare, picchiato, violentato, derubato di ogni bene e avere, costretto ad abbandonare il proprio focolare, si mescolano con le storie di chi ha fatto la Storia. Una Storia sulla quale si voleva far scendere per sempre l’oblio. Una Storia che si voleva infoibare e cancellare dai libri. E fino a quando ci sarà chi negherà il progetto scientifico di annientamento di un popolo e della sua cultura, a vincere saranno sempre i sopraffattori. Io rifiuto questa prospettiva: dobbiamo continuare a celebrare la Giornata del Ricordo: non contro qualcuno, ma per noi, per la nostra storia, per impedire che vinca una cultura di morte e di violenza.
Così almeno oggi, nella Giornata del Ricordo, alle polemiche, si scelga il Silenzio, quel silenzio che solo può permetterci di sentire la storia e ascoltare le voci di chi, dal profondo di una foiba, ci chiede di far rivivere la nostra storia.
Roberto Ciambetti, Presidente del Consiglio regionale del Veneto in occasione della Giornata del Ricordo