Il 27 gennaio ricorre il Giorno della Memoria, il primo che non vede la partecipazione del dottor Carlo Rimini (nella foto con i Tefillin, ndr), già Presidente della Comunità Ebraica di Verona e Vicenza per circa quarant’anni e grande sostenitore della Ricorrenza, mancato il 18 gennaio 2022.
Alcuni anni fa, quando gli dissi che avrei partecipato in forma minore al Giorno della Memoria, più per rispetto nei confronti “dei vecchi” che per credo, mi sgridò con la consapevolezza che era fiato sprecato perché quando prendo una decisione, quella è e quella resta. E proprio per il rispetto che ho “del vissuto dei vecchi” ho sempre partecipato ad almeno una rappresentazione. Con Carlo se n’è andato “il mio ultimo vecchio” nella regione Veneto.
Quando mi vedeva arrivare, mi diceva “Ah Paola, sei arrivata, brava!”. E mi prendeva sottobraccio. Sia chiaro, non sempre era benevolo nei miei confronti, ma a me andava bene, perché più di quarant’anni di reciproca amicizia, screzi, battute al vetriolo, riconciliazioni, ma tanto reciproco rispetto non si cancellano per una incomprensione. Si tira innanzi.
La storia di Carlo Rimini è una storia simile e comune a quella di molti ebrei italiani, la maggior parte di quelli che si sono salvati. Quando l’Italia è entrata in guerra, Carlo Rimini era un bambino di otto anni che andava a scuola, come tanti bambini. A lui fu vietato. Continuò a studiare in una scuola privata, vicino alla sinagoga – allora abitava con il papà Angelo e la mamma Giorgina Ottolenghi in via Tazzioli – ma ciò non è più stato possibile dopo l’8 settembre 1943. Ha quindi dovuto abbandonare la casa della sua infanzia, con tutti i colori, i sapori, le forme del mondo dei bambini per andare a vivere, da sfollato in campagna, a Aselogna, vicino Cerea.
A fine guerra, a tredici anni è ritornato a Verona e si è ripreso in mano la sua vita, studiando e lavorando, fino a diventare un apprezzato commercialista. Si è sposato con Ada Sinigaglia ed ha avuto due figli, Enrico e Alberto e cinque nipoti. Ada se n’è andata prima di lui, che, però, ogni settimana passava al Cimitero di Via Badile a portarle un mazzo di fiori ed aveva la delicatezza di mettere un fiore anche sulle tombe degli amici che non avevano fiori (non è una usanza ebraica mettere fiori sulle tombe, ma quando si vive in simbiosi con i cattolici se ne assimilano le tradizioni).
Carlo non dimenticava, ricordava spesso il suo vissuto da sfollato di guerra in campagna, era molto sensibile alle iniziative del Giorno della Memoria e spesso ricordava Rita Rosani, esempio di donna ebrea, partigiana e troppo poco conosciuta a Vicenza.
Nata a Trieste il 20 novembre 1920, da genitori ebrei cecoslovacchi, il cognome d’origine era Rosenzweig: è morta nell’Eccidio di Monte Comun, in comune di Grezzana (Verona). Con Rita medaglia d’oro al Valor Militare morirono altri quattro partigiani: Dino Degani, medaglia d’argento, e altri tre ricordati solo con i loro nomi di battaglia, Selva, Gallo e Orso.
A lei è titolata una via a Verona, di fronte all’entrata della Sinagoga. Carlo spesso partecipava alla Memoria delle vittime dell’eccidio di Cuman. La storia di Rita Rosani (sepolta al Cimitero Ebraico di Verona) sfiora il territorio vicentino, visto il suo indiscusso ruolo di partigiana combattente e lo stretto legame con Umberto Ricca, militare, nobile, già impegnato nella prima guerra Mondiale e Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia. Dopo l’8 settembre, Ricca, prese contatti con la missione alleata Rye, comandò successivamente il Gruppo bande armate Pasubio e poi la divisione partigiana Pasubio (costituita dalla fusione con la Brigata Vicenza).
Che la memoria di Rita Rosani, partigiana ebrea morta durante la guerra, la memoria di Carlo Rimini sopravvissuto alla guerra ma privato di tutti i diritti, che la memoria di tutti quelli che sono morti o che in un modo o nell’altro sono stati privati di ogni diritto, a causa della guerra, possa essere per sempre benedetta e rispettata come previsto dal Giorno della Memoria.
Che il Giorno della Memoria, che celebra l’anniversario della liberazione dai campi di concentramento e sterminio nazista, sia sempre rispettato per il Valore che rappresenta e non sia sminuito o confuso con altri dolori. Che gli uomini e le donne, politici o cittadini imparino una volta per tutte, che la Memoria deve essere ricordata per la Memoria che vale e non può essere oggetto di sponsorizzazioni commerciali o attività di promozione personale.
Sì al Ricordo, no alla sua strumentalizzazione. Il Giorno della Memoria e un Giorno Istituzionale.