Giorno della Memoria e non giornata della memoria: e c’è chi vende anche la Cenere di Auschwitz…

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Giorno della memoria, Ohrdruf Camp, Germany (Archivio Yad Vashem Israel)
Giorno della memoria, Ohrdruf Camp, Germany (Archivio Yad Vashem Israel)

Come di consueto, ogni anno arrivano quelli della Giornata della Memoria e già qua, comincia ad esserci qualcosa che non va, perché si chiama Giorno della Memoria. Si dice giorno non solo perché così è l’articolo di legge, il giorno è costituito dal e dalla notte ed ha una durata di 24 ore. Esso è il periodo del moto diurno di rotazione della sfera celeste e del moto di rotazione della Terra rispetto alla posizione media delle stelle visibili. Altro non significa che ricordare per ventiquattro ore, cosa che non sarebbe possibile con il termine generico “giornata”!

Mauthausen Camp, Austria (Archivio Yad Vashem Israel)
Mauthausen Camp, Austria (Archivio Yad Vashem Israel)

Ogni anno, il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria (ma oggi non correggeremo le tante note che ci arrivano col nome sbagliato così anche voi potrete capire chi sa e chi neanche si sforza di sapere…, ndr). La ricorrenza internazionale è stata istituita il 1° novembre 2005 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Con la Risoluzione 60/7 l’Onu ha voluto commemorare le vittime della Shoà e «condannare tutte le manifestazioni d’intolleranza, incitamento, molestia o violenza contro persone o comunità, sia su base etnica sia religiosa». In Italia, invece, gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 n. 211 che definiscono le finalità e le celebrazioni del Giorno della Memoria, sono stati messi in essere poco più di cinque anni prima della Risoluzione dell’ONU.

Il clima politico che oggi si respira, fatto più di rivalità che di coesione sta portando a un incremento fuori controllo delle ricorrenze per la Memoria, destituendo l’Istituzionale Valore del Giorno, disperdendone significati, sinergie e fondi. Ogni colore politico vuol sembrare migliore dell’altro… ma, di fatto, pochi sono quelli che onorano la Shoà. I peggiori promotori d’iniziative per la Memoria sono coloro che rispettano gli ebrei il 27 gennaio e il 28 svestono la divisa da Giorno della Memoria per dissacrare ebrei, ebraismo e Israele che, piaccia o no, sono congiunti!

Ormai i Veri Testimoni della Shoà si sono ridotti a qualche decina in tutto il mondo, molti di loro sono stati capaci di trasmettere ai figli i valori della Memoria, che hanno ora il ruolo molto impegnativo di profondere questa tanto straordinaria, quanto dolorosa eredità ricevuta dai genitori o dai parenti.

Purtroppo nel collettivo comune ci confrontiamo più con peromanti e mercanti, invece che con Testimoni, sarebbero apprezzabili anche gli studiosi purché lo facessero, gratuitamente nel Giorno della Memoria, dando spazio alla Memoria e non al loro ego.

I peromanti (o urtisti, ndr) sono per me quelli che in un modo o nell’altro si fanno pagare per “portare il loro parlare di Memoria”, quelli che arrivano con la valigetta con i libri, le ricerche, le fotocopie di quello che considerano una loro proprietà intellettuale e li pongono in vendita nel Giorno della Memoria. Per carità, legittima la vendita, ma fuori dal Giorno della Memoria.

Essi collaborano in sinergia intellettuale con i mercanti della Shoà, quelli che producono i gadget, c’è di tutto… dagli ornamenti natalizi, all’abbigliamento, alle borse e per ultime, ma non per questo meno importanti le matite offensive, tra le quale prevale il colore, assurto dell’oltraggio “grigio cenere di Auschwitz”.

Le matite “grigio cenere di Auschwitz”
Le matite “grigio cenere di Auschwitz”

Entrambe le categorie sono autonome e  non sono iscritte ad alcuna Associazione, ma proliferano tra l’indifferenza della collettività, inclusa quella delle persone che vanno in giro a parlare di Memoria e quelle che promuovono Commissioni contro l’Antisemitismo. Se non ci fossero gli anonimi e il gruppo anonimo dei miei amici, “noi” i lontani dalle cariche e dalle istituzioni, ma a testa bassa e spalle larghe a contrastare, investendo di nostro, nessuno si accorgerebbe di queste “réclame dell’odio” e nessuno porrebbe un freno. A Natale una grossa catena di distribuzione li ha tolti dal commercio, ma tantissimi di quelli che parlano di Memoria non se ne accorgono nemmeno.

Borsa... di Auschwitz
Borsa… di Auschwitz

Quando c’è vendita non c’è Memoria. Quando si va nelle scuole a parlare di Memoria e ci si fa pagare, non c’è Memoria, quando le istituzioni coinvolgono le persone per parlare di Memoria e le pagano non c’è Memoria. Non sono ottusa, capisco il rimborso viaggio e l’ospitalità quando si arriva da fuori città, non lo capisco se si arriva da pochi chilometri dalla città. Vorrei proprio vedere quante persone non ebree sono disponibili ad andare a parlare di Memoria e devolvere il compenso a un’Istituzione Benefica Israeliana…!

Concordo che Auschwitz e tutti i campi di sterminio vanno ricordati, è necessario stendere delle linee guida, non si può trasformare il sacrificio di almeno sei milioni di ebrei e di altri milioni di assassinati in un giro commerciale, di fronte al quale nessuno si ribella, nemmeno le Istituzioni preposte e le Altre, che dimostrano di non aver la capacità di mettere assieme una task force di persone per bene, che lavorano un giorno l’anno per il bene comune.

Non stiamo ricordando l’incanto, la sorpresa e la magia delle notti scatenate degli anni ’70, stiamo ricordando milioni di vittime, ebrei, oppositori, omosessuali, etnie diverse, disabili;  è giusto ricordare e per farlo occorre far calare il sipario e togliere il clamore, destinando spazio al ricordo e alla “parola silenziosa”!

Sopravvissuto a Berge n Belsen (Archivio Yad Vashem Israel)
Sopravvissuto a Berge n Belsen (Archivio Yad Vashem Israel)
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Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.