Giorno della Memoria: “sia lodato Gesù Cristo!”. La lettera ritrovata da Paola Farina di un internato polacco a Leonardo Kociemski

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Sia Lodato Gesù Cristo
Sia Lodato Gesù Cristo

Pensando alla Memoria pulita, quella non banalizzata, tra i documenti più strani che, in questi giorni sto rileggendo, ho trovato una fotocopia di una lettera scritta in polacco da un ebreo internato nel Vicentino, lasciata a dormire nella mia cassetta dei ricordi. Era indirizzata a Leonardo Kociemski, stupendo traduttore di libri che il 16 febbraio 1959 venne insignito dell’onorificenza “Grande Ufficiale dell’ordine della Stella d’Italia” (già stella della solidarietà italiana). Ho raccolto poche informazioni sulla vita di Kociemski, perché gli anziani, quelli per bene, quelli che sapevano se ne sono andati per sempre, lasciando solo documenti cartacei di difficile e costosa consultazione. Una mezza idea ce l’avrei, di dove potrebbero essere…

Sia Lodato gesù Cristo anagrafica
Sia Lodato gesù Cristo anagrafica

Credo che i giovani siano più interessati a uno scambio di memorie dinamico piuttosto che a interventi chiusi, in video conferenza, portati avanti con troppa storicità e falsa aristocratica sapienza. E’ necessario spingere la conoscenza del Giorno della Memoria, con interventi mirati ai giovani e creati per coinvolgere il loro interesse, altrimenti ci corre il rischio di sminuire la loro partecipazione; bisogna renderli attori e non spettatori. La Memoria è conoscenza, ricordo, ma soprattutto dolore che deve assurto come antidoto contro intolleranza e razzismo in primis.

Mi spiace aver tenuta nascosta questa lettera sin dal 1981, parte di documenti da me fotocopiati, ora nel 2021 diventa difficile ogni possibilità di confronto. Nei primi quarant’anni della mia vita mi relazionavo in queste ricerche con persone appassionate, molto più grandi di me, non certamente storici, ma uomini ricchi di passato, forti del loro vissuto e consapevoli del loro presente. Esseri umani dotati di quella straordinaria positività tipica di quelli che fanno le cose con il cuore, avrei potuto condividere con loro questa testimonianza e forse, sarei riuscita nella ricostruzione.

Sia Lodato Gesù Cristo pratica per il battesimo269
Sia Lodato Gesù Cristo pratica per il battesimo269

A mio avviso il cognome riportato nei documenti non è corretto, potrebbe trattarsi di un “Giulio” L:, all’inizio della guerra si sposto’ dalla Polonia in Ungheria. Appartiene a quelle persone sparite nel nulla, come del resto i tanti Max con cognomi derivanti da Loewenthal ,morti nei campi di sterminio o chissà dove e dei quali, si hanno poche notizie e uno di questi potrebbe essere il padre di Giulio. Non ci sono tracce nemmeno della madre. Capita però che nella trascrizione di documenti ci siano molti errori. Nel caso di “Giulio” si sono superati più confini, non solo di territorio, ma anche linguistici. Senza traccia, non è poi così tanto inusuale. Personalmente ho conosciuto due persone che si sono rifatte una nuova identità, una a Vicenz, dopo la guerra del 45 cambio il nome ed è mancata alcuni anni fa, timorosa che io svelassi la sua identità e una a Ulan Udè, un militare italiano, qui compianto, che dopo la Campagna di Russia ha deciso di rimanere là. Nella sua lettera “Julian Levental”, scrive a Kociemski chiedendo aiuto e concludendo con un Sia Lodato Gesù Cristo. Ecco, questo non è proprio tipico di un ebreo, ma potrebbero esserci tre i motivi che lo hanno spinto a concludere in questo modo la sua lettera, un battesimo di opportunità, un codice o la speranza che la lettera non venisse confiscata, come invece è stato. Questa volta nessuno si è appropriato delle mie ricerche, ma io ho rubato a me stessa la possibilità di intromettermi in una storia appassionata che coinvolge uno sconosciuto ebreo, ma realmente esistito perché ho una sua lettera, il conte Potocki, probabilmente Jerzy Potocki Józef, (29 gennaio 1889 – 10 settembre 1961), polacco, nobile, capitano della cavalleria , diplomatico e ambasciatore dal 1936 al 1940 Washington. E un eccellente traduttore, di libri, Leonardo Kociemski che ha lavorato anche alla Mondadori. Non è detto che finisca qua, un nobiluomo dei nostri giorni, Potocki l’ho già individuato, ma Covid19 e problemi di comunicazione di lingua mi hanno fermato. Conosco un bravo giovane, di grande capacità e onestà intellettuale che, frusta alla mano, metterò sotto per cercar di capire questa storia. Io lo aiuterò e mi terrò il trofeo di perdente, con il rimorso di non aver pensato di informarmi su Leonardo Kocienski.

 

Traduzione dal polacco all’italiano

23 marzo 1942
Egregio Signore Leonardo Kociemski
Prima di tutto vorrei scusarmi per essermi rivolto a Lei, una persona sconosciuta, però vorrei presentarmi:
Sono Juliand Lewental, proveniente dalla Polonia, Lodz, a settembre 1943, seguendo gli ordini dovevo lasciare la mia patria e andare in Ungheria. Dopo la lunga permanenza in Ungheria, sono andato in Iugoslavia e da lì sono stato internato in Italia, a Canove di Roana, provincia di Vicenza.
Mi rivolgo a Lei, perché dopo aver lasciato la Jugoslavia, ho perso i contatti con i polacchi e prima di venire in Italia ho parlato con il conte Potocki, il quale mi ha detto che nel caso del bisogno, di contattare un signore, proveniente dalla Polonia, residente a Roma. Adesso non so se il signor conte Potocki pensava a lei e se lei sia la persona giusta, non avendo l’indirizzo, ho trovato questo nell’elenco telefonico.
Qui mi trovo da solo, senza nessuna tutela, ricevo dalle Autorità 8 lire al giorno per il mangiare, il che è pochissimo e non basta e 50 lire al mese per dormire. Con le 8 lire dovrei comprare non solo il mangiare, ma tutte le altre piccole cose delle quali si ha bisogno non è possibile. Sono senza vestiti e la biancheria e non posso comprarli, allora la prego con tutta umiltà di essere così buono e di interessarsi alla mia situazione e aiutarmi. La ringrazio con attenzione e con osservanza.
Sia Lodato Gesù Cristo!

I documenti in mio possesso sono: il passaporto polacco rilasciato a Budapest, il documento d’identità rilasciato dal Komitato polacco degli aiuti ai profughi rilasciato a Budapest nel 1941. I documenti sono nelle mani delle autorità locali.

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Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.