A seguito di una recente aggressione ai danni di un ragazzo bolognese, (video in copertina da CatanzaroInforma.it su Giusy Orlando, la mamma di Davide Barbieri, il giovane pestato a sangue a Crotone, probabilmente per uno scambio di persona, ndr) da parte di un balordo, che lo ha pestato e ridotto in fin di vita, rendendone necessario un urgente ricovero all’Ospedale di Catanzaro, la madre della vittima (Procuratore onorario, ndr), sconvolta, da tanta gratuita violenza e in preda ad una comprensibile rabbia, ha, più o meno, detto: “da donna di legge e da madre, spero che l’aggressore, una bestia, un animale, che non merita alcuna considerazione, marcisca in galera e paghi duramente… “.
Ma, poiché la madre esercita, a Bologna, la professione di procuratore onorario ed è, quindi, un magistrato, sia pure non professionale, ci si può chiedere se tali pesanti e grevi affermazioni, pur giustificate dalla gravità dell’accaduto, possono costituire ostacolo all’esercizio di tali sue delicate funzioni.
Personalmente, avendo anche una specifica e lunga esperienza in questa materia, per aver svolto, per qualche anno, l’incarico di capo dell’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia, non credo che esse potrebbero sussistere gli estremi di un illecito disciplinare.
Per la magistratura onoraria, l’illecito disciplinare, ora, non è più tipico, cioè rientrante in specifiche fattispecie preconfigurate in astratto; esso, quindi, corrisponde a comportamenti non specificamente descrittii (come per la magistratura togata). L’illecito atipico, perciò, si riempie necessariamente dei contenuti provenienti dalla casistica e dai deliberati del CSM. Ma mi sembra insussistente un illecito disciplinare, soprattutto perché le dure frasi di censura (peraltro, pienamente giustificate e comprensibili) nulla avevano a che fare con le funzioni di procuratore onorario della madre della vittima.
Tuttavia, la vicenda ben potrebbe incidere negativamente sull’eventuale decisione di sua rieleggibilità nell’incarico onorario, perché l’augurio di marcire in galera, anche a prescindere della gravità della colpa dell’aggressore, è sconveniente e disdicevole e potrebbe essere considerata espressione di modesta serenità decisionale e di carente equilibrio di un magistrato nella valutazione delle condotte degli imputati.