Giustini spartiacque nel processo BPVi? L’ex vice di Sorato sulle baciate: “conosciute da Zonin e da tutta la banca, eravamo terrorizzati”

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Giustini e Zonin al processo BPVi
Giustini e Zonin al processo BPVi

La deposizione di Emanuele Giustini, direttore divisione mercati e vice di Samuele Sorato all’ex Banca Popolare di Vicenza, segna uno spartiacque nel processo BPVi (qui tutte le udienze, ndr): ha risposto per sei ore all’interrogatorio del pm Luigi Salvadori nell’aula di Borgo Berga con ricostruzioni precise e più dirette di gran parte degli altri testimoni oltre che dei colleghi dirigenti imputati come lui (Piazzetta, Marin e Pellegrini mentre Zonin e Zigliotto erano presidente e membro del Cda).

Giustini è entrato in BPVi a fine novembre 2007 e subito nel primo semestre 2008 il comitato crediti gli sottopose quella che definisce “un’operazione particolare, quella di Stella – Estel, la cui posizione doveva essere rinnovata con finanziamento e acquisto di azioni da 17 milioni“.

Non avevo visto operazioni del genere fino ad allora – spiega Giustini – ma mi dissero che per le Popolari si poteva fare e anche Bankitalia dopo un’ispezione accurata alla banca non fece rilievi”.

“Le prime operazioni correlate – argomenta l’ex vice dg – le ricordo come prassi frequente, con presentazioni a imprenditori del vicentino. C’era la necessità di Sorato di svuotare il fondo azioni. Sorato non amava che andassi in Consiglio di amministrazione, mentre prima con Gronchi ci andavo, parlava di svuotafondo a tutti i costi su input del presidente Zonin, era un tema ricorrente tra gli anni 2010-2012. Nel 2014 poi anche la Bce aveva chiesto l’azzeramento del fondo entro fine anno”.

Ricorda in particolare un incontro a palazzo Thiene al quale era presente Zonin e aggiunge che “nelle riunioni l’argomento all’ordine del giorno almeno una volta a settimana era lo svuotafondo“.

documenti sul maxishermo

Sul maxi schermo in aula vengono mostrati diversi documenti per ricostruire le pratiche in uso sotto la presidenza Zonin. La banca aveva necessità di fare mercato con il fondo acquisto azioni proprie e poi nel 2013-2014 veniva proposto ”ai soci che avevano bisogno del mutuo di incrementare l’importo e acquistare azioni, perchè c’era notevole difficoltà a collocare le azioni“.

Poi Giustini parla del suo rapporto con Giuseppe Zigliotto. Lo descrive come ”persona sempre affettuosa nei miei confronti” e racconta un episodio in particolare: ”andai in Confindustria nel suo ufficio per parlargli, aveva necessità di un finanziamento da 10 milioni di euro per la sua azienda Zeta e chiese che una parte fosse canalizzata in azioni della banca, per aiutare l’Istituto. Ho chiesto l’autorizzazione a Sorato e mi ha risposto che ne doveva parlare prima col presidente Zonin, il quale doveva essere messo a conoscenza dell’operazione e che successivamente ringraziò personalmente Zigliotto per l’acquisto di azioni della banca, circa 3/4 dei 10 milioni”.

Poi Giustini ha ricostruito a lungo tecnicismi e costi di come si svolgevano le operazioni di acquisto azioni dei soci, precisando che ”compravano per rendimenti e condizioni favorevoli che, come in una cooperativa, venivano garantiti almeno fino al 2011”.

Quindi arrivano le rivelazioni più scottanti: “dopo l’aumento di capitale del settembre 2014 Sorato riunì me e altri dirigenti e ci disse che dovevamo fare un miliardo e seicento milioni di aumento di capitale. Io cercai di fargli capire che non ce la facevamo più, le baciate andavano smontate, anche perchè sul prezzo delle azioni erano usciti articoli dei giornalisti Gatti e Righi. Sorato mi rispose ‘tu non di devi impicciare, questa cosa va fatta’. Io e la rete eravamo terrorizzati”.

“Voleva spesso fare bella figura agli occhi di Zonin – conclude Giustini – ma l’argomento era conosciuto da tutti a partire da presidente e cda. Si parlava palesemente di operazioni correlate. Tutti gli imputati al processo e tutta la banca, tremila persone interessate, sapevano che esisteva la prassi delle operazioni baciate“.

Rivelazioni “terremoto” che daranno una svolta al processo?

A domani per il secondo round con Giustini che chiuderà il turno degli imputati in attesa, il 7 luglio, che arrivi Carmelo Barbagallo, ex capo della discussa vigilanza di Banca d’Italia, ora passato con un ruolo analogo alla struttura finanziaria del Vaticano, che imputato non è ma che da molti, tra imputati, bancari, soci e colleghi dei media, è indicato come un protagonista di una stagione che, per ora, ha una unica, doppia certezza: il flop delle due banche venete con il conseguente scardinamento della rete finanziaria che alimentava il territorio e la distruzione del risparmio che 200.000 soci avevano investito nelle azioni di BPVi e Veneto Banca.


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