Il consiglio di amministrazione della Washington and Lee University ha deciso di non eliminare “Lee” dal nome dell’ateneo convertendolo semplicemente in “Washington University”. L’università ha riconosciuto, però, che il nome Lee “può essere doloroso per coloro che continuano a soffrire del razzismo”. Gli studenti e i professori dell’università, sita in Virginia, avevano votato per il cambiamento perché il nome del generale confederato Robert E. Lee suggerisce legittimità alla schiavitù. Ricorda anche il tentativo di secessione dagli Stati Uniti facendo di Lee un “traditore” della patria. Non merita dunque di essere celebrato, specialmente per l’angoscia che continua a causare agli afro-americani. Se Lee e il Sud avessero vinto la Guerra Civile la macchia della schiavitù sarebbe continuata molto più a lungo.
I ricordi della schiavitù continuano ad avere effetti negativi sugli afro-americani e negli ultimi tempi si è cominciato a parlare di risarcimento per gli eredi degli schiavi i quali hanno sofferto effetti traumatici dal punto di vista psicologico e umano ma persino in termini economici. Anche quando gruppi di afro-americani sono riusciti ad avere successo economicamente in non pochi casi i loro beni sono stati distrutti. Ce lo ha ricordato il presidente Joe Biden nel suo recente discorso per l’eccidio avvenuto a Tulsa, Oklahoma, nel 1921. La sezione di questa città chiamata Greenwood era popolata da una fiorente comunità di afro-americani che per il suo successo era stata denominata Black Wall Street. In quell’anno, però, a causa di conflitti tra afro-americani e bianchi, Greenwood fu rasa al suolo, causando la morte a più di 300 dei suoi residenti e si calcola che più di 10 mila persone rimasero senza tetto. Dopo l’eccidio i sopravvissuti fecero richiesta di risarcimento alle compagnie di assicurazione senza però ottenere compensi.
L’amministrazione di Biden sta lavorando su programmi che aiuterebbero gli afro-americani a comprare case ma ciò non sarebbe sufficiente per colmare le perdite storiche subite né il divario di ricchezza esistente. Secondo alcuni studi, il patrimonio di una famiglia afro-americana equivale solo al dieci percento di quello di una famiglia bianca. Il professore William Darity della Duke University, autore di un libro sulle riparazioni, ha chiarito in un’intervista al programma televisivo di sinistra Democracy Now che la famiglia afro-americana media ha un patrimonio di 840 mila dollari meno di una famiglia bianca. L’assistenza proposta da Biden aiuterebbe ma solo in parte poiché il possesso casa equivale solo al 25 percento del patrimonio totale di una famiglia tipica. Risarcire gli eredi degli afro-americani economicamente per i danni subiti nel corso della storia, secondo Darity, costerebbe 11 mila miliardi di dollari, cifra altissima e difficilmente giustificabile per gli elettori.
Ciononostante l’idea di risarcire gli afro-americani per i danni subiti dai loro antenati continua ad aumentare in accettabilità. In un sondaggio del 2000 solo il 4 percento degli americani bianchi era favorevole ai risarcimenti. In un altro sondaggio del 2018, però, la cifra era salita al 16 percento e in uno più recente è arrivata al 30 percento. Ovviamente la maggioranza degli americani non vede il risarcimento necessario per danni subiti da generazioni precedenti. Si guarda al passato con occhi egoisti dal punto di vista psicologico, ricordando gli eroi e le glorie che riflettono l’America come se tutti gli americani attuali avessero partecipato agli eventi memorabili. Quando poi si ricordano le tragedie non si vuole assumere responsabilità per le malefatte degli antenati. Il fatto che le cose stiano migliorando va però visto con ottimismo.
Ricompense monetarie per correggere o almeno minimizzare azioni abominevoli degli antenati sono già state messe in atto. In America i giapponesi americani internati fra il 1941 e 1944, vittime di discriminazione, hanno ricevuto 20 mila dollari di compensi, anche se non tutti sono stati coperti dalla legge del 1988. Il concetto di riparazione del governo per vittime di attacchi terroristici si è persino verificato anche se i responsabili venivano dal di fuori. Le famiglie di vittime degli attacchi dell’undici settembre 2001 hanno ricevuto compensi finanziari che non possono coprire le perdite dei loro cari ma hanno diminuito i loro disagi finanziari. Anche gli individui presi in ostaggio dagli iraniani fra il 1979 e il 1981 hanno ricevuto compensi. In questo caso si tratta di 10 mila dollari per ognuno dei 444 giorni di cattività, quindi un totale di 4,4 milioni di dollari a ciascuno di loro.
Altri Paesi come la Germania e la Francia hanno anche riconosciuto le loro responsabilità per eventi tragici. Riparazioni economiche sono state fatte dal governo tedesco a vittime dell’olocausto. La Germania ha anche riconosciuto i massacri tedeschi fra il 1904-1908 nell’attuale Namibia, Africa Sudovest, ed ha stanziato un miliardo di dollari per progetti a beneficio delle comunità dove risiedono gli eredi delle vittime. La Francia di Emmanuel Macron ha riconosciuto e chiesto scusa per la complicità negli eccidi in Ruanda nel 1994 in cui 800 mila persone persero la vita.
Risarcire i 40 milioni di eredi degli schiavi americani è ovviamente una situazione molto più complessa ma ha attirato l’interesse della politica. Nel 2019 un disegno di legge è stato introdotto alla Camera per creare una commissione che esplori possibili compensi ai discendenti degli schiavi. Il giornalista e scrittore Ta-Nehisi Coates ha anche scritto sulle pagine della nota rivista Atlantic che questi risarcimenti sono più che legittimi. Coates cita le penalizzazioni subite da afro-americani per le violenze avvenute durante la schiavitù dei loro antenati. La situazione di povertà delle famiglie afro-americane, per Coates, è dovuta in gran parte alla discriminazione e al lavoro gratuito “fornito” dal 1619 fino alla Guerra Civile. Ma anche con la liberazione le leggi discriminatorie specialmente nel Sud del Paese hanno continuato ad aggravare la situazione svantaggiata degli afro-americani.
La conclusione della Guerra Civile nel 1865 eliminò la schiavitù ma poco a poco il governo federale cedette e negli Stati del sud occorse un ritorno graduale ai tempi prima del conflitto. La discriminazione contro gli afro-americani continuò con violenza di vari tipi, linciaggi e leggi segregazioniste sancite anche dalla Corte Suprema americana. Queste politiche contro gli afro-americani si sono ampliate in tempi successivi anche negli Stati del Nord dove non pochi afro-americani si trasferirono. In un certo senso dunque il “systemic racism” (razzismo sistemico) si espanse in tutto il Paese come ci dimostrano le continue morti di afro-americani in scontri con la polizia.
Il presidente Biden nel suo discorso a Tulsa ha riconosciuto che nonostante tanti progressi l’America ha molta strada da fare per garantire pieni diritti a tutti i cittadini. Riparazioni finanziarie agli eredi degli schiavi non risolverebbero questi problemi ma confermerebbero ingiustizie avvenute nella storia americana tracciando un percorso per una società più giusta non solo per il nostro Paese ma anche come modello per il resto del mondo.
=============
Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.