Gli Alpini di Campedello festeggiano i 100 anni del valoroso Vittorio lanulfi e ricordano il 75° anniversario delle vittime civili in Riviera Berica

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alpini riviera

Ieri l’alpino Vittorio lanulfi – scrive Antonio Maddalena, Segretario del Gruppo Alpini di Campedello – ha festeggiato i suoi primi cento anni di vita. Nato il 7 maggio 1920, inquadrato nel 1940 nella Divisione Julia, 9° Rgt Alpinia, Battaglione Vicenza, 60^ compagnia, ha partecipato alle campagni di Grcia, Jugoslavia, Russia.

Il servizio militare incomincia a vent’anni, il 3 febbraio 1940, nell’allora caserma Durando di Via S. Silvestro, a Vicenza. A marzo, parte per l’Albania. Arrivato a Durazzo, Vittorio – tiratore scelto – è inquadrato nel reparto conducenti perché amante degli animali, con i quali ha sempre vissuto. Gli è assegnato Gegia, una mula “da combattimento”.

Ad ottobre inizia la campagna di guerra in Grecia per il Btg. Vicenza di Vittorio. L’ordine ricevuto è di puntare su Metzovo, un importante passo tra la Tessaglia e l’Epiro. Inizia il tragico conflitto con gli ellenici, con il ripiegamento verso il fiume Sarandaporos, località Perati, dove si cerca di fermare l’avanzata nemica. Il ripiegamento verso Valona avviene nel gennaio del 1941, poi verso pasqua, con l’auto dell’esercito tedesco, avviene lo sfondamento del fronte greco, quindi Vittorio e Gegia giungono ad Atene.

Lanulfi

Ritornato in Patria e dopo una breve licenza a Vicenza, l’alpino Lanulfi s’aggrega nuovamente al Btg. Vicenza, di stanza a Gorizia. Di lì a poco, nell’agosto del 1942, il battaglione parte per la Russia con una tradotta che fa scalo, prima a Vicenza dove gli alpini sono accolti dalla Città in maniera calorosa, con mastelli di vino posti lungo la pensilina. Tutti gli accessori sono validi per una buona bevuta, compreso il cappello d’alpino. Proseguendo verso il Brennero, la tradotta punta su Varsavia e successivamente (fine agosto) arriva ad Izium, sulla riva del Donez. D’ora in avanti inizia la marcia a piedi, di 300 Km di steppa infuocata, fino al fiume Don. Nuovamente è compagna d’avventura di Lanulfi la fidata Gegia.

L’inferno investe il Btg Vicenza verso la metà dicembre del 1942 con il primo attacco della gran controffensiva russa. Dopo un mese di duri combattimenti, il 17 gennaio 1943 comincia la ritirata. Raggiunta Popowka i tedeschi decidono che gli italiani debbano fermarsi, resistere ai russi per permettere loro di sganciarsi dalla morsa della controffensiva russa. E’ il disastro e l’annientamento dell’esercito italiano: moschetti e muli contro mitra e carri armati. Il Btg. Vicenza è distrutto, disintegrato. Di tutti gli amici di Vittorio si salva solo Piero, degli altri alpini solo qualche decina. Anche il quel caso decisivo è l’istinto di sopravvivenza, o la Madonna di Monte Berico.

La ritirata è sempre più drammatica: fame, fatica, gelo fiaccano le forze dei soldati italiani. Durante la sosta in un paese Piero, conducente del mulo Arbusto, si congela gravemente: ha i piedi gonfi e deve buttare le scarpe, avvolgendo le estremità con delle coperte. Per un mese Vittorio accudisce il commilitone Pietro, utilizzando per il suo trasporto i due muli, cercando di dargli conforto e coraggio. Nonostante gli sforzi compiuti, Pietro perde entrambe le gambe, incancrenite.

Finalmente Vittorio giunge a Gomel, superando l’accerchiamento dell’esercito russo, dove riesce a salire su un treno che lo porta a Brest-Litovsk, in Polonia e poi via, alla volta dell’Italia e di Vicenza. Dei suoi 1.600 commilitoni partiti con il Btg Vicenza, ne ritornano solo 240.

La guerra in ogni modo continua, pertanto, dopo un’altra licenza, il buon Lanulfi ritorna in caserma, presso le Casermette della Stanga di Vicenza. I giorni passano in modo blando e poco disciplinato. C’è un’ispezione punitiva che sfocia con il foglio di via punitivo per la Jugoslavia (agosto del 1943). Prima destinazione Gorizia, poi in Slovenia ad Aidussina, con il compito di tener sotto controllo l’attività dei partigiani locali.

Arriva il dramma dell’8 settembre del 1943 e Vittorio Lanulfi, su sollecitazione dello stesso comandante rivolta ai soldati, decide che è ora di ritornare a casa. Ancora a piedi, superando nuovamente molte traversie e pericoli, riesce a raggiungere la propria famiglia, dove c’è poco da festeggiare: la fame e la miseria sono ospiti fissi.

Stanco di fucili e di guerra ma dovendo pur far fronte alle retate fasciste, Vittorio decide di lavorare con la TODT, un’organizzazione paramilitare tedesca che ha il compito di radunare i civili per far loro eseguire dei lavori per conto dell’esercito. Un lavoro duro e pericoloso, causa i continui bombardamenti da parte dell’aviazione anglo-americana. In questa “normale” vita di guerra trascorrono un altro anno e mezzo, finché non arriva anche a Vicenza la liberazione.

Socio fondatore del Gruppo Alpini di Campedello, attualmente è Presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci – Sezione di Campedello. Nonostante l’età avanzata, mantiene ancora una mente lucida che lo porta, ancora oggi, a confrontarsi con gli allievi delle scuole locali cui racconta, in maniera semplice e bonaria, la sua esperienza di vita militare e non. Un patrimonio memorico-storico molto importante di riflessione per una società, attuale, che tende a vivere egoisticamente il proprio mondo unipersonale.


Una micro rappresentanza del Gruppo Alpini di Campedello unitamente alla Sezione Fanti di Campedello ha voluto ricordare il 75° anniversario degli eccidi di Ca’ Tosate – Porciglia – Tormeno. Si è pertanto deposto presso la lapide che ricorda la morte dei Fratelli Boesso in Via Porciglia un vaso di fiori, collocando una corona d’alloro in Ca’ Tosate nel ricordo delle 10 persone fucilate il 28 aprile 1945. Presso il cimitero di Longara è stato posto un mazzo di fiori davanti la tomba che ricorda i bambini morti nel bombardamento del 28 aprile 1945, abbracciando simbolicamente le altre tombe che racchiudono i resti mortali di altre persone morte nello stesso bombardamento.

Infine la delegazione si è soffermata davanti la lapide, sita davanti la loro abitazione in strada dei Templari, che ricorda Fraccon Torquato – morto nel campo di concentramento di Mauthausen l’8 maggio 1945 – unitamente al figlio Franco morto qualche giorno prima nello stesso campo di concentramento. Torquato Fraccon – un cattolico prestato alla Resistenza – per il suo impegno civico a difesa degli oppressi ed ebrei – è stato riconosciuto da Yad Vashem “Giusto tra le Nazioni”.

In questi anni il Gruppo Alpini di Campedello unitamente la Sezione Fanti di Campedello – i primi a Vicenza – hanno cercato di onorare, nell’ambito della “giornata europea dei giusti” indetta dalla Comunità Europea (6 marzo) Fraccon Torquato, il figlio Franco e l’amico fraterno Gino Soldà. All’interno della scuola media Scamozzi – alla presenza dell’allora Assessore Cordova – è stato inaugurato un “sentiero dei Giusti” piantumando tre piante intitolare ai Fraccon-Soldà. Quest’anno – causa la pandemia non si è potuta rifare la cerimonia scolastica con la presenza del consigliere Jacopo Maltauro, nell’ambito della quale si doveva piantumare una quarta pianta in ricordo del “Giiusto tra le Nazioni”, il cardinale Elia Dalla Costa.