Gli animatori di comunità “hanno mosso le acque”

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Una Chiesa “a soglia bassa” un anno e mezzo dopo. Sta dando soddisfazioni e risultati il progetto “Animatori di Comunità in Oratorio”, il percorso diocesano nato dall’intuizione del vescovo, mons. Beniamino Pizziol che, ascoltando la realtà giovanile durante il Sinodo dei Giovani, ha deciso di dare un segno contro la disoccupazione e di sviluppare l’autonomia dei giovani verso il mondo lavorativo.

Ne è scaturito un progetto che si è proposto, sin da subito (settembre 2018), di ridare significatività agli oratori nel complesso contesto sociale di oggi. A motivare il processo la percezione di un bisogno delle comunità di fare rete e la scelta di partire dal luogo di frontiera, quale è l’oratorio, come spazio da ri-abitare con spessore. Per questo sono stati coinvolti fin dall’inizio Caritas diocesana, Pastorale giovanile e Noi associazione come soggetti collaboratori dello studio, della progettazione, formazione e supervisione di queste nuove presenze che costituiscono un servizio segno in dieci Unità pastorali della Diocesi per favorire lo sviluppo delle comunità cristiane.

Chiara Tivelli, ora sostituita da Francesco Caccin (impegnati a Vicenza, San Lazzaro), Emilio Bizzotto (Bassano Del Grappa), Alessia Carraro (Schio), Giulia Bin (Vicenza, San Pio X), Alessandra Bolzonin (Breganze), Claudia Ferron (Valdagno), Francesca Zanotto (San Bonifacio), Elisabetta Pomi (Vicenza, Laghetto), Pietro Maroso (Tezze sul Brenta), Matilde Mantoan (Cologna Veneta) sono i dieci giovani che si sono inseriti, un anno e mezzo fa, nella vita di parrocchie e Unità Pastorali, e che vi rimarranno per un altro anno e mezzo, per offrire uno sguardo diverso ai responsabili dell’oratorio e delle comunità stesse.

Diversi i progetti che stanno mettendo in atto, ma un denominatore comune: fare rete con il tessuto sociale valorizzando le risorse umane e materiali presenti.

Francesco Caccin, 27 anni, operante a San Lazzaro in sostituzione a Chiara Tivelli da ottobre 2019, sintetizza così i quattro mesi di esperienza: “Un periodo denso, un contesto carico. Mi sono inserito in un progetto già avviato, e ho ripreso il lavoro di Chiara decidendo di portarlo avanti nella direzione delle sue intuizioni. Dopo un primo anno di osservazione, ora è tempo di concretizzare».

Il contesto sociale non è facile nell’Up Porta Ovest. Chiara ha puntato all’ascolto dei ragazzi, giovani dai 15 ai 18 anni, di diverse religioni, molti dei quali figli di immigrati, non necessariamente legati alla comunità cristiana, ma che vedono nell’oratorio un luogo di ritrovo. «Ora sto con loro, li ascolto, ci gioco, li rimprovero, e tutto ciò affiancato dai parroci dell’Up e da Sandro Maniglio, presidente di Noi San Lazzaro e da altri soci con cui condividiamo la visione».

Altra zona, altri progetti in corso. La 27enne Elisabetta Pomi, impegnata a Laghetto, racconta di un importante traguardo raggiunto già a metà strada del percorso Animatori di Comunità: Sharing inclusivo a misura di quartiere, un progetto sottoposto alla Fondazione Cariverona e vinto. Il nome divulgativo sarà Giranoi. «Il bando è stato vinto attraverso il Circolo Noi e con parte dei fondi sono state ristrutturate le stanze parrocchiali inutilizzate. Lì verrà, a breve, aperto un mercatino di vestiti usati per adulti e bambini. L’idea è quella di portare vestiti e raccontare la storia di questi a chi verrà a scambiarli, di modo da ridare valore agli abiti e alle persone». A questa idea si affianca quella del riciclo, tematica portante oggigiorno, dello scambio, e del fare rete con le famiglie, le scuole e le Associazioni della comunità. «C’è la volontà di coinvolgere nel progetto anche giovani inoccupati, disoccupati e che abbiano piacere di mettere il loro tempo a disposizione per un servizio significativo» conclude Elisabetta.

Dal 2018 a oggi gli animatori sono formati e supervisionati dai formatori Marcello Manea, Lucia Ferraro, Carlo Presotto i quali, dopo essersi messi in ascolto dei desideri del Vescovo assieme alla Pastorale giovanile, hanno offerto un percorso di appoggio nello sviluppo di contenuti, di supervisione, di accompagnamento per rendere consapevoli gli animatori di questo ruolo. «È un progetto estremamente ricco e complesso – commenta Ferraro -: dieci oratori significano dieci storie diverse, con possibilità economico-finanziarie e di risorse umane diverse, con velocità di pensiero diverse. Detto ciò, i risultati ad oggi sono positivi, perché ovunque la presenza dell’Animatore di Comunità ha agitato le acque. Ci sono realtà con segni evidenti di questo cambiamento, in altre è più lento, ma è in atto. Ma soprattutto c’è la consapevolezza che la figura dell’Animatore di Comunità è importante e sta attuando cambiamenti (anche economici)». 

«Questo progetto non rende tranquilli – aggiunge Manea -: non è il pacchetto pronto da applicare, ma è una ricerca-azione: si fanno cose e, mano a mano, queste danno spunti nuovi. Si è sempre nell’incertezza, ma è una metodologia che crea consapevolezza con chi viene a contatto con essa e dà potere alla comunità, a partire dal basso».