Gli stranieri in Italia: tutti i numeri

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Stranieri in Italia
Stranieri in Italia

(Articolo sugli stranieri in Italia da VicenzaPiù Viva n. 12sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Nell’ultimo periodo, in Italia si è tornati a parlare molto del tema degli stranieri, di gestione del fenomeno migratorio e delle regole sulla cittadinanza.
Proviamo a fare il punto sui numeri di questo fenomeno così complesso, e a capire cosa ne pensano davvero – a torto o a ragione – gli italiani.

Stranieri: quanti sono e chi sono

In Italia, la presenza di stranieri rappresenta un tema delicato e complesso, che peraltro suscita percezioni spesso distorte rispetto alla realtà dei numeri. Iniziamo proprio da qui, dalla risposta alla domanda “quanti stranieri ci sono in Italia?”. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dalla Fondazione Migrantes (settembre 2024), gli stranieri regolarmente presenti in Italia sono poco più di 5,3 milioni, pari a circa il 9% della popolazione complessiva. Un dato che è aumentato progressivamente negli anni ’90 e Duemila, ma che è rimasto sostanzialmente stabile nell’ultimo decennio. A questi va poi aggiunta una quota di irregolari che per ovvi motivi può essere solo stimata, ma che da diversi anni si mantiene anch’essa stabile intorno al mezzo milione di persone.
Infine, come si vede bene dal grafico pubblicato dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), vi è una quota aggiuntiva di stranieri che cessano di essere tali, poiché acquisiscono la cittadinanza italiana. In totale, quindi, parliamo di circa 7 milioni di persone (11% della popolazione complessiva).
Numeri molto inferiori rispetto a quanto percepito degli italiani: secondo l’ultima edizione del rapporto Perils of Perception condotto dall’istituto Ipsos, la presenza di stranieri percepita mediamente dagli italiani è quasi il doppio del dato reale, e pari al 21%. Questa discrepanza tra percezione e realtà è in parte alimentata dal dibattito pubblico, in cui i flussi migratori sono spesso dipinti come una problematica di portata emergenziale, e dalle rappresentazioni mediatiche che concentrano l’attenzione sugli arrivi via mare e su situazioni critiche legate alla gestione dell’accoglienza.

Stranieri in Italia
Stranieri in Italia

Inoltre, c’è da dire che la distribuzione degli stranieri sul territorio nazionale non è omogenea: nel Centro-Nord, ad esempio, l’incidenza di stranieri più che doppia rispetto al Sud; inoltre, gli stranieri tendono a concentrarsi maggiormente nelle grandi città e in specifici quartieri: per gli italiani che vivono in queste zone risulta difficile non credere alla narrazione di una vera e propria “invasione”. Un altro “bias” di percezione riguarda i paesi di provenienza: nonostante si creda che la maggioranza degli immigrati provengano dall’Africa o dal Medio Oriente, e che siano prevalentemente musulmani, ai primi posti ci sono invece paesi dell’est europeo come Romania e Albania, seguiti da Marocco, Cina e Ucraina; il 53% circa degli stranieri che sono in Italia è di religione cristiana, mentre gli islamici sono poco meno del 30%.

Sbarchi, clandestini e paura dello straniero

È vero però che nell’ultimo decennio il nostro Paese ha subìto un aumento dei flussi migratori irregolari, provenienti soprattutto dalle coste nordafricane attraverso i famosi sbarchi. L’intensità di questo fenomeno è variata in modo significativo negli anni, a seconda delle condizioni politiche e sociali dei Paesi di provenienza (e non, come pure si tende a credere, in base al colore del Governo in carica in Italia).
Come evidenziato dall’ISPI, le instabilità politiche di alcuni Paesi africani, in particolare con le “primavere arabe” e la guerra civile in Siria, hanno causato un’enorme crescita degli sbarchi a cavallo degli anni 2013-2017, il cui numero di è poi sgonfiato drasticamente a seguito degli accordi tra il Governo italiano e quello della Libia (principale paese di partenza dei migranti via mare). Negli anni più recenti, questo numero è tornato a crescere, alimentato da fattori di crisi e instabilità come la pandemia e la guerra in Ucraina.

La percezione che gli sbarchi irregolari rappresentino una minaccia per la sicurezza è diffusa e documentata da molti sondaggi, tra cui quelli dell’istituto Demos, che evidenziano come una parte crescente della popolazione italiana associ l’immigrazione a un pericolo per la stabilità sociale. Tale percezione è ovviamente influenzata dalla rappresentazione del fenomeno nei media, che tendono a focalizzarsi sui singoli casi di sbarchi più numerosi
e sulle condizioni critiche degli approdi, oltre che sui casi di cronaca nera che coinvolgono stranieri – spesso irregolari – creando un’immagine di emergenza pressoché perenne: anche una certa retorica politica tende a collegare direttamente il tema dell’immigrazione a quello della criminalità, generando una paura diffusa verso lo “straniero” e un aumento della domanda di politiche restrittive.

Stranieri in Italia
Stranieri in Italia

L’Italia e la gestione degli immigrati

La gestione dell’immigrazione in Italia è spesso criticata per la sua natura emergenziale e frammentata, senza un vero e proprio piano organico che contempli aspetti cruciali come l’accoglienza, l’integrazione e le necessità del sistema economico italiano. Recentemente, una soluzione temporanea che ha destato numerose discussioni è stata la costruzione di centri per migranti in Albania, un progetto sostenuto dal Governo Meloni per decongestionare i centri di accoglienza nazionali e per generare un supposto “effetto deterrenza”. Questa iniziativa, seppur appoggiata da alcuni, ha incontrato però un certo scetticismo tra gli italiani: diversi sondaggi mostrano una netta divisione tra chi vede questa misura come efficace o comunque utile e chi invece la considera un modo sbagliato, o comunque inefficace, e inutilmente costoso per le casse dello Stato. Secondo un recente sondaggio di Quorum/Youtrend per SkyTG24, i centri in Albania sono bocciati dal 55% degli italiani, e promossi dal 45%.
In generale, però, diverse indagini mostrano come tra gli italiani prevalga un orientamento favorevole a politiche di limitazione, piuttosto che di apertura, verso l’immigrazione.

Cittadinanza e ius scholae

Sullo sfondo di tutto questo, vi è il tema demografico di cui si parla ancora troppo poco: mentre l’Italia fatica a gestire i flussi migratori in entrata, si assiste a una crescente emigrazione di giovani italiani verso altri Paesi. La combinazione di questi due fattori – scarsa integrazione di migranti ed espatri in massa di giovani italiani qualificati – a cui si aggiunge il problema della natalità e dell’inevitabile invecchiamento della popolazione, rischia seriamente di compromettere il futuro demografico ed economico del Paese.
Anche per questo, il tema della cittadinanza rappresenta un nodo centrale nel dibattito sull’immigrazione, poiché coinvolge questioni di integrazione e inclusione. Attualmente, per gli stranieri ottenere la cittadinanza italiana è un percorso lungo e complesso, che richiede una residenza regolare di almeno dieci anni, come stabilito dalle normative del Ministero dell’Interno. Tuttavia, ultimamente si è discusso molto di una possibile modifica a questa normativa attraverso l’introduzione del cosiddetto ius scholae. Questo principio consentirebbe di concedere la cittadinanza ai minori stranieri che hanno completato un ciclo di studi in Italia, permettendo a giovani nati da genitori stranieri, ma cresciuti nel nostro Paese, di accedere ai pieni diritti civili e politici.
Secondo diversi sondaggi, la maggioranza della popolazione italiana si dice favorevole a questa riforma: si va dal 55% rilevato da Youtrend al 61% secondo SWG, passando per il 58% di favorevoli registrato da Tecnè. Anche tra gli elettori dei partiti di centrodestra, solitamente più critici sul tema dell’immigrazione, vi sarebbe una percentuale significativa di favorevoli: ma la categoria di italiani che apprezzano di più questa proposta è quella dei giovani con meno di 35 anni, dove i favorevoli sono il 70%.
Lo ius scholae sarebbe quindi un criterio piuttosto popolare e molto meno divisivo dello ius soli, che ad oggi è la proposta ufficiale di molti partiti di centrosinistra. Tuttavia, gli stessi sondaggi indicano che molti italiani si dichiarano contrari a un’ulteriore riduzione dei tempi richiesti per la cittadinanza, preferendo mantenere il requisito di dieci anni di residenza regolare.
Questo orientamento riflette una posizione prudente da parte dell’opinione pubblica, che è aperta a riforme mirate ma non intende abbassare drasticamente le soglie attuali, ritenendo prioritario mantenere un controllo rigoroso sui requisiti per la cittadinanza.