Il caso Goldin a Treviso: così lo raccontò Pino Dato già a gennaio 2017

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Marco Goldin con Giovanni Manildo
Marco Goldin con Giovanni Manildo

Cari collega direttore, martedì 29 gennaio Il Corriere del Veneto ha offerto a Marco Goldin una sua preziosa pagina per difendersi dalle accuse di questi giorni (Finanza e Corte dei Conti in movimento). L’unico argomento portato a difesa è che lui avrebbe speso quasi 500 mila euro per ristrutturare a metà con il comune di Treviso retto dal suo amico sindaco Giovanni Manildo il complesso di Santa Caterina. La verità è diversa. Il Museo Convento di Santa Caterina è stato, complice il comune di Treviso, reso strumento improprio alle mostre di Goldin con interventi contrastati da fior di professori d’arte come Montanari, Stringa e il compianto Lionello Puppi.

Di questa triste storia l’unica voce che si è levata in Veneto è stato Quaderni Vicentini, che, con la collaborazione di colleghi di Treviso ha semplicemente raccontato la storia, i fatti.
L’articolo che ti allego è apparso nel n. 1 del 2017.
A Vicenza stessa storia (basilica gratis, ma qui per fortuna niente ristrutturazione). Solo che i costi per i cassoni li ha messi il comune.
Ti mando questo articolo perché l’unica ragione di esistenza di una voce come la nostra è una storia come questa. Che si può rileggere e tenere in conto (mentale, non politico) anche a distanza di un paio di anni.
Pino Dato, direttore di Quaderni Vicentini

 

Il caso Goldin a Treviso, il sindaco innamorato e lo sfruttamento del museo di s. Caterina: una storia Una storia esemplare

n. 1 di gennaio 2017

La stella di Marco Goldin, mercante d’arte bravo a far innamorare di sé i sindaci (di destra e di sinistra), lieti di costruire altrimenti inesistenti politiche culturali con la grancassa mediatica delle Grandi Mostre, e? nata e si e? fortemente sviluppata proprio a Treviso, la sua città, partendo dai generosi finanziamenti di Fondazione Cassamarca, proprietaria della nota Casa dei Carraresi, per arrivare alle affinita? elettive con il sindaco Manildo, neo-fautore delle Grandi Mostre. Ma a scapito, come raccontiamo in dettaglio in questo servizio, della piu? adeguata politica di conservazione e sviluppo del patrimonio museale trevigiano a partire dal delicato complesso di Santa Caterina

QUADERNI VICENTINI

Negli ultimi mesi l’informazione locale trevigiana ha magnificato il successo dell’ennesima Grande Mostra di Linea d’Ombra, una rassegna celebrativa per i vent’anni della società che ha segnato il ritorno a Treviso di Marco Goldin, noto curatore e organizzatore di esposizioni Impressioniste, con il loro strascico di folle desiderose di emozioni. L’impatto dell’evento” – fortemente voluto dall’Amministrazione di centro-sinistra – sulla realta? museale cittadina e? stato traumatico e ha determinato un modus operandi, in negativo, che rischia di mettere in discussione il concetto stesso di Museo come luogo di conservazione e di conoscenza.

L’Amministrazione comunale, scegliendo di puntare sulle cosiddette “grandi mostre” per risollevare le sorti del turismo cittadino, ha deciso di trasformare una parte considerevole del principale museo della citta?, il Museo di Santa Caterina, in contenitore per esposizioni internazionali.

La storia recente e l’attuale situazione dei Musei Civici di Treviso riflettono problematiche preesistenti e irrisolte, che si sono fatalmente aggravate negli ultimi anni, dal momento che tutte le risorse finanziarie che avrebbero potuto essere utilizzate per avviare a soluzione le questioni piu? gravi, sono state inghiottite dagli infiniti lavori di adeguamento di Santa Caterina agli inflessibili “standard internazionali” per esposizioni temporanee.

Ma quando e perche? e? nata a Treviso una necessita? tanto urgente e pressante da sacri care ingenti somme di denaro pubblico al rovinoso mito delle Grandi Mostre?

I Musei di Treviso

I Musei Civici di Treviso si articolano in tre sedi, la piu? antica e? il Museo Bailo, nato nel 1879 come Museo Trevigiano e ospitato in uno storico edificio conventuale. Fino al 2003 comprendeva la collezione archeologica e le raccolte d’arte dal Medioevo al Novecento. A seguito della chiusura dell’edificio per gravi limiti strutturali – mancanza degli impianti di riscaldamento e di condizionamento, ecc. – le collezioni sono state spostate nelle sale dell’ex convento di Santa Caterina.

Grazie a un finanziamento europeo (POR CRO FESR 2007-2013) e? stato possibile realizzare un progetto di recupero di parte della struttura – progetto di Studiomas Padova, con architetto Heinz Tesar -, che ha consentito di riaprire il Museo il 29 ottobre 2015, con un allestimento completamente rinnovato: il Bailo e? diventato il museo del tardo Ottocento e del Novecento e il filo conduttore dell’esposizione e? la nutrita collezione di opere dello scultore Arturo Martini.

La riapertura al pubblico del Bailo è stata salutata con entusiasmo dalla cittadinanza – pur con una promozione quasi inesistente – e ha portato un gran numero di visitatori nei primi mesi di attività. Malgrado le ottime premesse – la ricchezza e l’importanza delle collezioni, la qualita? del progetto di recupero dello spazio e di riallestimento, l’apprezzamento del pubblico – ma da prima della riapertura sono emerse alcune criticita?.

Molto limitati, ad esempio, sono gli ambienti destinanti ad alcune funzioni primarie per un museo: non e? stata individuata una sala destinata a bookshop, se non un generico espositore all’ingresso; non esiste un’aula didattica e i laboratori si svolgono in un ambiente polifunzionale, generalmente adibito a sala conferenze; manca ancora, sebbene lo spazio sia stato predisposto, un’area ristoro/caffetteria.

Questi limiti sono dovuti anche al fatto che il recupero ha riguardato solo il 60% della superficie dell’ex convento: rimane incerta la sorte del rimanente 40%, per il cui completamento si sarebbe potuto accedere a un finanziamento regionale, poi richiesto per Santa Caterina. A piu? riprese, tra marzo e aprile 2016, l’Amministrazione comunale ha annunciato alla stampa l’avvio di un crowdfunding per il Museo, di cui, però, non si e? più saputo nulla.

A un anno e mezzo dalla riapertura, il Bailo sembra sparito dall’agenda dell’Amministrazione, oscurato dalla grande mostra sugli Impressionisti. Dopo la chiusura del Museo Bailo nel 2003, le collezioni permanenti hanno trovato una nuova sistemazione nel complesso di Santa Caterina, struttura di origine trecentesca che comprende la Chiesa di Santa Caterina, il convento e due chiostri, la cui destinazione a sede espositiva e museo fu ipotizzata n dalla riscoperta del corpus di affreschi tardo gotici, svelati in seguito al bombardamento alleato su Treviso dell’aprile del 1944.

Al termine di una lunga serie di restauri – i cui progetti originali risalgono a Carlo Scarpa, interrotti dalla morte in Giappone -, a partire dal 2003 Santa Caterina ha progressivamente sostituito il Bailo come sede delle raccolte di archeologia e arte: significativo e? stato il riallestimento, con finanziamento statale, della collezione archeologica nel 2007.

Contestuale a uno degli interventi di recupero dello scorso decennio è stata la creazione ex novo di un’ampia sala sotterranea, la Sala Ipogea, di recente intitolata all’artista trevigiano Giovanni Barbisan e inaugurata nel 2006 per ospitare piccole mostre temporanee.

Nel corso degli anni anche la Pinacoteca ha occupato gli spazi dell’ex convento, in particolare il lungo corridoio al primo piano, la cosiddetta “manica lunga”, le sale attigue e l’area delle “ex Scuderie”. Dopo la riapertura del Bailo, il Museo di Santa Caterina comprende tre sezioni: l’archeologica, negli ambienti al piano terra e al piano interrato, la Chiesa con gli affreschi staccati delle Storie di Sant’Orsola di Tommaso da Modena e la Pinacoteca, con opere dal Trecento alla meta? dell’Ottocento tra cui vale la pena ricordare almeno la Madonna con bambino di Giovanni Bellini, la Madonna con bambino di Cima da Conegliano, il Ritratto di domenicano di Lorenzo Lotto, il Ritratto di Sperone Speroni di Tiziano, il Ritratto di famiglia di Hayez e un’ampia serie di opere di Paris Bordon, Jacopo Bassano e Rosalba Carriera.

Ben prima della decisione di trasformare parte della struttura in sede per grandi mostre temporanee, a date a societa? private, il Museo di Santa Caterina presentava gravi carenze sia riguardo alle strutture – travi e tetti – che all’allestimento.

Se alcuni dei problemi sono stati affrontati nei recenti lavori – in particolare la riparazione di tetti e travature -altre questioni sono state completamente trascurate. Vari ambienti dell’edificio conventuale presentano infiltrazioni d’acqua in condizioni di pioggia, come la Sala Ipogea, soggetta a infiltrazioni anche dalla falda sottostante.

Mentre l’allestimento della sezione archeologica e? stato seguito dalle Soprintendenze ai Beni Archeologici e ai Beni Architettonici, sulla base di un progetto museologico e museografico, la Pinacoteca ha vissuto una storia travagliata, segnata da continui spostamenti di opere e quindi da un piano museologico approssimativo e da un allestimento improvvisato e vetusto: si sono susseguite negli anni sistemazioni temporanee, spesso raffazzonate e prive di logica, impoverite dalla mancanza di pannellistica e da un apparato didascalico ridotto all’osso.

Il complesso Ca’ da Noal – Ca’ Robegan – Casa Karwath, di origine medioevale, acquisito dall’Amministrazione comunale nel 1935, e? la terza sede dei Musei Civici.
Adibita inizialmente a museo della Casa Trevigiana, Ca’ da Noal, a partire dagli anni Settanta, ha ospitato importanti mostre d’arte, con allestimenti progettati da Carlo Scarpa. Da alcuni anni e? chiusa in attesa di adeguamenti per le normative di sicurezza. Gli ambienti di Ca’ Robegan – Casa Karwath, restaurati nel 1995, sono sede di piccole esposizioni temporanee. Ricordiamo che le collezioni dei Musei Civici di Treviso comprendono ricche e pregevoli raccolte di arti applicate – in particolare ceramiche e stoffe -, conservate da anni nei depositi, la cui naturale collocazione dovrebbe essere proprio Ca’ da Noal. 

Manca la figura del Direttore

I Musei Civici presentano, dunque, alcuni problemi di fondo mai seriamente affrontati, ma soprattutto e? assente una programmazione complessiva, in vista della creazione di un armonico polo museale trevigiano.
Manca la figura del direttore dei Musei, l’ultimo e? stato il professor Eugenio Manzato, ora in pensione: la gestione del servizio e? svolta dal dirigente del Settore Musei e Biblioteche; esiste, inoltre, un solo Conservatore per un patrimonio che copre un arco cronologico che va dal Paleolitico all’arte contemporanea.

Manca personale qualificato per gestire l’apertura di Bailo e Santa Caterina. La pubblicizzazione e la promozione dei Musei e? ridotta al minimo e non esiste una figura professionale con questi incarichi; il sito internet e? obsoleto e riporta scarne informazioni su opere e collezioni permanenti; manca del tutto la promozione attraverso i social network, al punto che non esiste una pagina facebook dei Musei Civici.

Malgrado siano edite molte opere sulle collezioni e sugli artisti piu? rap- presentativi dei Musei e risalga solo al 2015 la pubblicazione di due guide tematiche, gli spazi destinati al bookshop sono residuali. E? pressoche? assente il merchandising di qualita? – cartoline, poster, riproduzioni di opere, ecc. -, sebbene i visitatori ne facciano richiesta.

Gli interventi sul Museo di Santa Caterina

A fronte di queste di difficolta? l’Amministrazione di Treviso preferisce imboccare la scorciatoia spettacolare, ma effimera, dei cosiddetti “grandi eventi”. Nel corso del 2014 l’Amministrazione comunale di centro-sinistra – Sindaco Giovanni Manildo, insediatosi nel maggio 2013, fatto storico dopo vent’anni di Gentilini e Lega – prende la decisione di adibire parte degli spazi di Pinacoteca e sale di servizio di Santa Caterina a sede di mostre temporanee.

L’intenzione, fin dai primi mesi del 2014, era di creare un “evento mediatico” con il ritorno a Treviso di Marco Goldin, già ideatore e organizzatore di sei mostre dedicate all’Impressionismo, patrocinate e finanziate dalla trevigiana Fondazione Cassamarca, svolte dal 1998 al 2004 a Treviso, con grande successo di pubblico, presso Casa dei Carraresi, sede espositiva privata di proprietà della stessa Fondazione.

Goldin chiama? Manildo risponde: obbedisco

Nell’estate 2014 la societa? Linea d’Ombra, socio unico e amministratore Marco Goldin, propone al sindaco di Treviso Giovanni Manildo una Grande Mostra sugli Impressionisti – nucleo forte cinquanta opere dell’Impressionismo dal Museo di Detroit – da inaugurare a ottobre 2015 e chiede come sede per l’esposizione il Museo di Santa Caterina. Aggiungendo pero? che per ottenere i prestiti dai Musei stranieri sono necessari i lavori di adeguamento delle sale agli “standard internazionali”.

Il 20 novembre, con delibera di Giunta n. 330, l’Amministrazione approva a tamburo battente il progetto preliminare di “Adeguamento del Museo di Santa Caterina” per il cospicuo importo di 1.225.000 euro.
Il 19 dicembre 2014, con altra delibera di Giunta, n. 385, approva il progetto definitivo-esecutivo dei lavori, confermando l’impegno di spesa di euro 1.225.000. La copertura finanziaria e? di 1.100.000 euro (entrate da L 10/77) piu? 100.000 euro da privati (art bonus) e 25.000 euro per disallestimento sale con avanzo di amministrazione.

L’opera viene suddivisa in due stralci e con determine dirigenziali si affidano gli incarichi esterni: l’adeguamento funzionale a Edoardo Gherardi, architetto di fiducia di Goldin; l’adeguamento impiantistico all’ingegnere Carlo Chiodin.

A fronte dell’imponente impegno di spesa, il Comune di Treviso a novembre partecipa con il progetto di adeguamento di Santa Caterina, a un bando regionale (Deliberazione Giunta Regionale del Veneto 2047) per interventi di valorizzazione, conservazione e restauro di immobili sedi di musei, etc. che prevede un contributo di 722.750 euro.

Di fronte alle perplessita? espresse da molti sull’ammontare della cifra impegnata, 1.225.000 euro, e sul fatto che il progetto di completamento del Bailo avrebbe invece avuto molte piu? chances di finanziamento, il sindaco Manildo rassicura pubblicamente sulla certezza del finanziamento regionale: la maggior parte della somma investita sarebbe rientrata senza gravare sulle casse del Comune. Questa scelta, come vedremo, mettera? un’ipoteca sulle successive decisioni dell’Amministrazione.

Il progetto per la Grande Mostra

Il progetto propone di intervenire con gli adeguamenti di climatizzazione e illuminazione solo “in tre sale mirate”, le piu? spaziose – la cosiddetta sala dei Teleri e le sale al piano terra e primo piano dell’ala ex-Scuderie -, sottratte alle collezioni permanenti e messe a disposizione di Linea d’Ombra. Il percorso della “grande mostra” e quello del museo si sarebbero cosi? venuti a intrecciare e sovrapporre in una difficile convivenza.

Si prevede poi di trasformare la sala conferenze in guardaroba e l’aula didattica in bookshop, e in ne di chiudere con grandi vetrate il chiostro piccolo, solo per favorire l’accesso coperto alla mostra, dal guardaroba all’entrata del percorso espositivo.

Il progetto appare del tutto funzionale alla Grande Mostra, mentre le esigenze del Museo passano in second’ordine: risulta evidente a tutti che l’investimento dell’Amministrazione mira a trasformare Santa Caterina in una vera e propria sede espositiva per mostre temporanee, snaturando la sua funzione museale.

Ma c’e? un problema, il progetto viene approvato senza i pareri delle Soprintendenze per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto: verra? loro inviato solo in un secondo momento, il 23 dicembre. Su questo fatto chiedera? conto e puntera? i riflettori il Comitato Santa Caterina Bene Comune, costituito nel gennaio 2015 a tutela dell’integrita? del Museo e delle sue collezioni.

La mobilitazione civica in difesa del Museo Bene Comune promossa dal Comitato raccoglie l’adesione di centinaia di cittadini, degli storici dell’arte Tomaso Montanari, Lionello Puppi, Nico Stringa, il sostegno di ANMLI (Associazione Nazionale Musei Locali e Istituzionali) e di ICOM Italia (International Council of Museums), oltre che l’adesione convinta di ben sei consiglieri del Comune di Treviso, cinque della maggioranza e uno di opposizione.
Il 6 febbraio 2015 il Comitato organizza un’assemblea pubblica nella quale viene dettagliatamente illustrato il progetto dell’Amministrazione e sono evidenziate le gravi e pericolose ricadute sul futuro del Museo. All’assemblea sono presenti il sindaco, che difende strenuamente il progetto, alcuni assessori, diversi consiglieri e lo stesso Goldin che mantiene uno “stretto riserbo” e non interviene, nonostante venga chiamato esplicitamente in causa.

Nel frattempo Goldin, tramontati gli Impressionisti dal Museo di Detroit per indisponibilita? delle opere, a gennaio 2015 aveva annunciato il nuovo ambizioso progetto: ottanta capolavori tra il 1500 e i primi del Novecento, da una decina di musei, con il titolo molto impegnativo di “Treviso e il mondo”, un progetto “molto ampio e articolato che coinvolgerà ovviamente Santa Caterina e anche il Bailo”, dal 28 novembre 2015 all’8 maggio 2016 (‘Il Gazzettino’, 22/1/2015).

La penale di Goldin

Intanto, il 19 gennaio 2015, a lavori deliberati da un mese, arriva la risposta della Soprintendenza: i piani dei lavori al museo, approvati dall’Amministrazione il 19 dicembre 2014 e inviati alla Soprintendenza per i Beni Archi- tettonici e Paesaggistici del Veneto il 23 dello stesso mese – mentre la prassi richiede prima il parere della Soprintendenza e poi la delibera – vengono autorizzati, ma con alcune prescrizioni.

La piu? importante: no deciso alla chiusura con vetrate del chiostro piccolo del complesso di Santa Caterina. A febbraio 2015 le prime fibrillazioni: inaspettatamente Goldin chiede che nella convenzione tra Linea d’Ombra e il Consorzio di Promozione Turistica Marca Treviso, che raggruppa vari soggetti economici, sia inserita una mega-penale di 3.000.000 di euro se la mostra non si dovesse realizzare a causa di polemiche o ritardi nei lavori di adeguamento del Museo.

Colpo di scena il 5 marzo: Goldin comunica con una nota al sindaco la sua decisione di rinunciare alla mostra a Santa Caterina. Motivi: “clima d’incertezza riguardo ai tempi di esecuzione dei lavori”; “rifiuto del Consorzio di Promozione Turistica Marca Treviso di fornire la garanzia richiesta sulla penale da 3.000.000 di euro”; “ostilita? ingiusti cata e talvolta volgare” nei confronti di Goldin e del suo progetto di mostra.

Per la prima volta nella sua carriera di promoter dell’arte Goldin rinuncia a una mostra a causa del clima di “ostilita? ingiustificata e talvolta volgare”, e non si capisce bene con chi se la prenda. Un progetto di mostra confuso, un parere vincolante della Soprintendenza, una mobilitazione civica inaspettata, ritardi nei lavori che nonostante lo zelo dell’Amministrazione cominciano ad accumularsi, costringono Goldin a rivedere la sua posizione.

Il 21 aprile, a ruota, arriva un’altra tegola per il sindaco Manildo: niente contributo regionale (DGR 531 del 21 aprile 2015). Il progetto per l’adeguamento funzionale del Museo di Santa Caterina finisce al 13° posto nella graduatoria regionale: ma solo i primi otto sono ammessi al finanziamento.

La prosecuzione dei lavori: secondo progetto con variante

L’Amministrazione, a progetto approvato e con stanziamento a bilancio, deve comunque dare corso ai lavori. Ma durante il disallestimento della collezione permanente salta fuori un problema imprevisto: il cattivo stato delle travature in legno delle capriate nell’ala ex Scuderie. Servono opere di consolidamento: viene fatta subito una perizia per definire lavori e costi. Occorre una variante al progetto del 19 dicembre 2014.

L’8 luglio 2015, con Delibera di Giunta Comunale 191 – e i pareri favorevoli della Soprintendenza, questa volta pervenuti gia? a giugno – viene approvata la variante. Il nuovo progetto prevede, oltre al consolidamento delle travature, un nuovo percorso espositivo destinato a mostre temporanee, scegliendo di adeguare dal punto di vista strutturale, impiantistico ed espositivo, al posto della sala dei Teleri, altre tre sale, a destra della “manica lunga” del primo piano, insieme alle due sale delle ex Scuderie a piano terra e al primo piano. Il nuovo quadro economico rimane sempre di 1.225.000 euro, nonostante i lavori aggiuntivi.

La maggior spesa viene infatti integrata da fondi accantonati alla voce “imprevisti” e somme derivanti da riduzione di alcune voci di costo in seguito a ribassi d’asta. Tuttavia, si renderanno necessari ulteriori fondi. E con delibera di Giunta del 15 luglio – Variazione al Piano Triennale dei Lavori Pubblici 2015-2017 – si approvano spese complementari all’adeguamento di Santa Caterina per un valore di 379.000 euro, 175.000 dei quali rientreranno con l’Art Bonus.

Nell’estate 2015, dopo il forfait di Linea d’Ombra, l’Amministrazione prende accordi con Arthemisia Group, societa? che organizza mostre d’arte, per portare a Treviso una mostra su Maurits Cornelis Escher, gia? vista a Roma e Bologna. Il progetto, presentato dalla societa? il 13 luglio 2015, ottiene tempestiva approvazione dalla Giunta, nella seduta del 16 luglio.

L’accordo tra Comune di Treviso e Arthemisia prevede che il biglietto di 13 euro consenta l’entrata anche alle collezioni del museo di Santa Caterina, con l’incasso a favore di Arthemisia; e che il biglietto cumulativo Mostra + Museo Santa Caterina + Museo Bailo di 15 euro preveda un introito di 0,50 euro a biglietto per il Comune, no alla copertura spese della mostra, quantificate da Arthemisia in 910.000 euro, di 1 euro dopo aver coperto le spese.

Per la mostra “Escher”, 31 ottobre-3 aprile 2016, il Comune di Treviso ha incassato 1.045 euro a fronte di 169.233 biglietti dichiarati da Arthemisia. Il 5 settembre 2015, a sorpresa, Marco Goldin annuncia, assieme al sindaco, il suo ritorno con nuovi progetti di Grandi Mostre a Treviso, per celebrare i “Vent’anni di Linea d’Ombra”: quindi nuova proposta al Comune e nuovo contratto, ma lo stesso progetto celebrativo, proposto qualche mese prima all’Amministrazione comunale di Brescia, citta? dove Goldin aveva realizzato una serie di mostre tra il 2004 e il 2009, veniva rifiutato dal sindaco del capoluogo lombardo.
La mattina stessa del 5 settembre, alle ore 8.30, con delibera di Giunta 250 “Mostre d’Arte a Santa Caterina”, viene approvata la proposta di Linea d’Ombra. Il provvedimento non comporta, al momento, impegni di spesa per il Comune.

Ma lasciamo la parola al ‘Gazzettino’ del giorno dopo, il 6 settembre: “Il ritorno di Marco Goldin a Treviso, annunciato ieri tra lo stupore generale, sta tutto qui. Dimenticate le polemiche, gli attriti e il clamoroso strappo di marzo, quando ruppe con l’amministrazione e rinuncio? all’organizzazione di una mostra che sembrava ormai sul punto di decollare. La trattativa questa volta ha avuto solo due protagonisti: il sindaco e Goldin. Che hanno badato al sodo. Prima cosa: tutti i costi dell’operazione sono a carico di Linea d’Ombra e dei suoi sponsor. – Piu? che sponsor sono amici – dice Goldin – Unicredit, Generali, Segafredo Zanetti, Pinarello. Ci tengo a sottolineare che per queste mostre non ci sara? un solo euro di finanziamento pubblico. Anzi per l’uso di Santa Caterina pagheremo un affitto. Sono poi contento di arrivare per secondo. Prima di noi, a inaugurare Santa Caterina, ci sara? Arthemisia e la sua mostra. Ovviamente so gia? che a qualcuno la nostra proposta non piacera?. Ma ho schiere di nemici in tutto il mondo, ci sono abituato -. Il Comune mettera? a disposizione Santa Caterina alle stesse condizioni, e con gli stessi spazi, previsti per la mostra del prossimo ottobre di Escher: – In più useremo solo la sala ipogea. L’allestiremo noi e, alla ne, regaleremo l’allestimento al Comune”.

Linea d’Ombra si impegna quindi a corrispondere al Comune 20.000 euro per l’uso degli spazi espositivi, oltre che a sostenere le spese per allestimento Ipogea, pulizie, estensione dell’orario del Museo e servizio di biglietteria. Modalita? di bigliettazione: 14 euro per la visita a tre mostre, 16 euro cumulativi per tre mostre + Pinacoteca . Tutti incassati interamente da Linea d’Ombra, non e? infatti previsto nessun ristorno a favore del Comune di Treviso. L’8 settembre 2015, data significativa, viene firmata la concessione di alcuni spazi della sede museale di Santa Caterina per la realizzazione di Mostre d’Arte, che prevede il lancio di tre Mostre, dal 29 ottobre 2016 al 17 aprile 2017: “Storia dell’Impressionismo”, “Tiziano, Rubens, Rembrandt”, “Da Guttuso a Vedova a Schifano”.

Il terzo progetto per Santa Caterina

Il 12 febbraio 2016, il Comune di Treviso invia alla Soprintendenza un progetto, sempre a firma dell’architetto Gherardi, che intende migliorare gli spazi del Museo di Santa Caterina, intervenendo nelle sale della Pinacoteca ancora da restaurare, per armonizzarle con i precedenti lavori.

Il 25 marzo la Soprintendenza da? il via libera al progetto, considerando che – articolo di Veronica Rodenigo sul Giornale dell’arte on line del 3 ottobre 2016 – i lavori per i quali si chiede autorizzazione “saranno reversibili al 100%” e molti interventi “sono stati approvati come soluzione temporanea”. Percio? si impegna il Comune di Treviso a riallestire – da gennaio 2018 – tutto il primo piano per destinarlo a sede espositiva per le collezioni permanenti; ad adibire a spazi espositivi per mostre temporanee il piano terra delle ex Scuderie e la Sala Ipogea risanata; a rimuovere parte degli interventi nelle sale del primo piano, prima della sistemazione a Pinacoteca civica: quindi via le grate metalliche sulle finestre interne del chiostro, su alcune porte della “manica lunga” e sulle facciate del complesso.

Il 19 aprile Linea d’Ombra richiede ulteriori spazi espositivi per le mostre in programma e si dichiara disponibile a sostenere le spese per l’adeguamento. Il 20 aprile 2016, con delibera di Giunta Comunale 92, vengono prontamente accolte la richiesta di Linea d’Ombra di ampliamento della concessione di spazi espositivi e la sua o erta di “eseguire i lavori di sistemazione degli spazi, assumendo a proprio carico ogni onere connesso alla redazione del progetto e all’esecuzione dei lavori medesimi per un importo di euro 640.000”. Si approva cosi? il progetto di ampliamento degli spazi concessi alla grande mostra a tutte le sale della Pinacoteca – sale 7, 16, 17, 18, 19, 20, 21 -, che viene, di fatto, sfrattata.
Il 26 aprile finalmente cominciano i lavori nel Museo.

Tutto per Goldin. Niente ristorni al Comune

Il 4 maggio, con una Delibera del Consiglio Comunale, la 683-373, l’Amministrazione definisce il piano triennale dei Lavori Pubblici 2016/2018, inserendo anche i lavori a Santa Caterina con queste due voci: per il “Restauro e consolidamento di tetti e strutture di Santa Caterina”, vengono stanziati altri 400.000 euro – oltre ai 1.225.000 euro deliberati il 20 novembre 2014 e ai 379.000 del 15 luglio 2015 – finanziati con avanzo di amministrazione, per continuare i lavori di sistemazione di tetti e strutture gia? avviati.

Poi si introduce una novità, che riguarda il “Restauro Sala Ipogea di Santa Caterina”: per rendere adeguato il complesso a eventi e mostre di carattere internazionale, viene ritenuto necessario il restauro della Sala Ipogea del Museo, per un importo di 1.200.000 euro, finanziati con avanzo di amministrazione.

Alla fine il biglietto d’ingresso sara? di 15 euro per la visita alle tre mostre – “Storie degli Impressionisti”, “Tiziano, Rubens, Rembrandt”, “Da Guttuso a Vedova a Schifano” – esclusa la Pinacoteca, che per la durata della mostra di Goldin viene smobilitata. Da sottolineare che non e? previsto alcun “ristorno” al Comune, cioe? il Comune dalla biglietteria non incassera? un euro.

A partire da settembre inizierà la martellante campagna promozionale di Goldin, che potra? contare sulla piena la disponibilita? di spazi sui giornali e sul totale sostegno, con uno zelo a volte imbarazzante, della stampa locale. Il 3 settembre Goldin lancia il “Pinarello Festival”, dal 28 al 31 ottobre: una rassegna collaterale alle mostre, di musica, arte, teatro presso l’Auditorium di Santa Caterina. Tre giorni in cui si sono esibiti Franco Battiato, due volte, poi Antonella Ruggiero, Massimo Bubola e Giovanni Caccamo (dal sito di Linea d’Ombra). Ricordiamo, se ce ne fosse bisogno, che l’Auditorium-Chiesa sconsacrata, parte integrante del Museo, ospita “anche” i preziosi e delicati affreschi staccati del ciclo di Sant’Orsola di Tommaso da Modena.

Il 20 settembre con una conferenza stampa si annuncia la fine dei lavori a Santa Caterina. Punti salienti: 700.000 euro il “dono” di Goldin alla sua citta? – come riportato da tutti i giornali, mentre nella delibera del 20 aprile si parla di 640.000 euro -, 280.000 euro da Linea d’Ombra e il resto dagli sponsor.

Viene ricordato il pool di professionisti che ha lavorato alacremente alle “sale espositive”: gli studi Gherardi, Toso-Ricco, Dimensione Progetto e le imprese VRC, Paolin, Aernova, Marchiol, Erko, Avs Electronics.
Quaranta capolavori della Pinacoteca civica del Museo di Santa Caterina saranno esposti lungo la “manica lunga” del Museo, una “vetrina spot” in vista del riallestimento definitivo, a mostra conclusa, entro gennaio 2018: alla fine quelli esposti saranno trenta.

La mostra apre il 29 ottobre 2016 e chiude il 17 aprile 2017, possibile proroga 1° maggio: poi effettivamente prorogata al 1° maggio.
Dice inoltre Goldin (‘La Tribuna’ del 21 settembre 2016): “Stiamo dialogando con Sindaco e Amministrazione per poter fare una mostra che potrebbe iniziare nel febbraio 2018, al termine dei lavori nella Sala Ipogea Barbisan”: gia? si annuncia il raddoppio. Ricordiamo en passant che le elezioni amministrative comunali a Treviso saranno a maggio 2018 e il Sindaco uscente Manildo si presentera? per il secondo mandato.

A fine settembre sono conclusi i lavori a Santa Caterina. Gli interventi a spese del Comune hanno riguardato il consolidamento delle travi e il rifacimento delle coperture della Pinacoteca – dove necessari e non ancora eseguiti, o male eseguiti negli interventi degli anni passati – secondo il Piano triennale dei Lavori pubblici; il consolidamento strutturale della Sala dei Teleri dove, tolto il contro soffitto, erano apparse vistose crepe riconducibili al terremoto del 20 maggio 2012 con epicentro in Emilia. Inoltre, secondo quanto pattuito con Linea d’Ombra nel contratto di concessione degli spazi museali per mostre, sono state ritinteggiate le sale espositive; forniti e installati serramenti blindati e porte tagliafuoco; riparati l’impianto di riscaldamento e la centralina antincendio.

In vista del riallestimento della Pinacoteca a inizio 2018, viene costituita nel mese di novembre una Commissione incaricata di elaborare il progetto museologico – cioe? scegliere con precisi criteri artistici e culturali le opere da esporre – per la riapertura al pubblico della Galleria Permanente del Museo di Santa Caterina. Del gruppo di lavoro fanno parte Andrea Bellieni, Enrica Cozzi, Eugenio Manzato, Sergio Marinelli, insieme al Conservatore dei Musei e al Dirigente Lippi.

Mentre con delibera del Consiglio Comunale 43-492 del 30 settembre 2016, si era approvato l’inserimento nell’Elenco degli Incarichi di un professionista per “l’individuazione di soluzioni museogra che per l’esposizione delle raccolte di arte antica (secc. XIII-XIX) nel complesso di Santa Caterina”. Il professionista dovra? lavorare in stretta collaborazione con la commissione per la Galleria Permanente del Museo e stendere il progetto museografico per il riallestimento della Pinacoteca.

Riallestimento Pinacoteca e restauro Sala Ipogea saranno il quarto progetto per Santa Caterina. Ma, mentre per il restauro dell’Ipogea e? stata gia? stanziata la somma di 1.200.000, per i costi di lavori e materiali d’arredo necessari al riallestimento della Pinacoteca non sono ancora state fatte cifre.

L’uso improprio del Museo di Santa Caterina

L’intera vicenda n qui riassunta rivela due problemi di fondo per Santa Caterina. Il primo e? l’inadeguatezza di un edificio fragile dal punto di vista architettonico, con stanze piccole e direttamente comunicanti, a ospitare eventi che possano richiamare un alto numero di visitatori in tempi molto ridotti. Ma il problema piu? grave e? la trasformazione di una sede museale in uno spazio promiscuo, in cui le esigenze dell’esposizione temporanea mettono in secondo piano la visibilita? e la fruibilita? delle collezioni permanenti.

Gli interventi dell’Amministrazione nel Museo di Santa Caterina, tra 2015 e 2016, hanno marcato un sostanziale cambio di destinazione d’uso di alcune sale, tolte alle attivita? ordinarie del Museo e destinate a un uso improprio. L’ex-Chiesa di Santa Caterina – corpo integrante del Museo -, che conserva importanti cicli di affreschi tardogotici e ospita gli affreschi staccati delle Storie di Sant’Orsola di Tommaso da Modena, e? stata adibita da tempo ad auditorium, destinazione che, oltre a mettere in pericolo l’incolumita? di opere tanto fragili e preziose, ha reso difficoltosa la visita del sito in occasione di conferenze, dibattiti, incontri che spesso nulla hanno a che fare con l’ambito culturale del Museo.

Oltre a questo, da qualche tempo l’Amministrazione ha individuato nella ex Chiesa uno spazio per la celebrazione di matrimoni civili, dando la possibilita? di svolgere rinfreschi e banchetti nuziali nei due chiostri attigui.
La Chiesa e il Chiostro grande hanno spesso ospitato in passato, in orario serale, piccoli concerti di musica classica con un numero di spettatori rispettoso dei limiti di capienza – 350 spettatori e? il limite massimo sicurezza consentito -, senza installazioni di strutture invasive e pericolose per il patrimonio monumentale e artistico.

Da due anni, invece, la Chiesa ha ospitato eventi che potevano mettere a rischio gli affreschi: nell’agosto del 2015 e? stata sede della trasmissione televisiva “Parallelo Italia”; mentre nel 2016, per tre lunedi? successivi, 12, 19, 26 settembre, Marco Goldin vi ha tenuto le “lezioni” introduttive alla mostra Storie dell’Impressionismo, superando ogni volta le cinquecento persone in sala, ma con l’autorizzazione volante, direttamente “in loco”, del sindaco Manildo che se ne assumeva la responsabilita? – come dai resoconti dei quotidiani Gazzettino e Tribuna del 14, 19 e 28 settembre.

Tanto che l’ex assessore alla Cultura Vittorio Zanini si e? sentito in dovere di inviare un’allarmata lettera pubblica al Sindaco – “Tribuna” del 7 ottobre – in cui chiede “perche? e? stato consentito di superare il numero previsto e consentito dai regolamenti del Museo, di spettatori in occasione delle tre serate tenute da Marco Goldin” e “perché si mettono a rischio (…) gli affreschi di Tommaso da Modena”.

Gli spazi sono stati concessi anche per il “Pinarello Festival”, dal 29 al 31 ottobre 2016, in occasione del primo ne settimana di apertura della mostra, per celebrare i Vent’anni di Linea d’Ombra. In queste giornate, ideate a curate da Marco Goldin, si sono tenuti alcuni concerti di musica pop, tra cui due di Franco Battiato.

Fino ai primi mesi del 2015, un’ampia sala della struttura conventuale, intitolata alla storica dell’arte Clara Rosso Coletti, era adibita a sala conferenze. Durante la mostra “Escher” questo ambiente, privato delle pannellature che preservavano le pareti ma consentivano la visione degli affreschi sopravvissuti, e? diventato sede del laboratorio didattico della mostra e, insieme, spogliatoio per il personale di Arthemisia, oltre che sala microfonaggio gruppi.

Ora la sala Rosso Coletti e? passata a guardaroba per la mostra di Linea d’Ombra, con l’inserimento di arredi speci ci e la copertura delle pareti con nuove pannelli che hanno nascosto gli affreschi, contravvenendo cosi? alle prescrizioni della Soprintendenza (16/6/2015). Da mesi non esiste piu? un guardaroba per i visitatori del Museo.

Fino a febbraio 2015 l’aula didattica era in un’ampia sala vicina al chiostro piccolo, attigua all’allora guardaroba e ai bagni, consentendo cosi? alle classi di muoversi agevolmente e in sicurezza. Poi, con la mostra “Escher”, l’attività didattica e? stata trasferita nella Sala Ipogea, mentre lo spazio liberato – senza alcun intervento migliorativo – e? stato adibito a bookshop per Escher.

All’apertura delle mostre di Goldin l’aula didattica e? stata nuovamente trasferita, questa volta in una stanza ricavata da un deposito interno al Museo, dal momento che la Sala Ipogea ospita una delle tre mostre di Linea d’Ombra,  “Da Guttuso a Vedova a Schifano”.
Fino all’inizio del 2015, il vano a sinistra della porta d’ingresso al Museo era usato come biglietteria e bookshop. Ora lo spazio e? diventato una control room (sala di controllo) e il bookshop del Museo non esiste piu?. Si possono acquistare solo alcune pubblicazioni, esposte in un piccolo spazio nel bookshop di Linea d’Ombra.

La biglietteria del Museo e? stata di fatto eliminata e l’emissione dei biglietti per la parte delle collezioni permanenti visibili viene gestita direttamente dal personale di Linea d’Ombra: i visitatori interessati alle sole collezioni museali sono costretti a sottostare alle esigenze della mostra, compresi i tempi di attesa alla cassa. La sezione archeologica, al piano terra, non e? stata toccata, ma la fruizione degli spazi e? stata resa difficile e disagevole, dal momento che i visitatori della mostra temporanea raggiungono il guardaroba attraversando il settore archeologico.

L’impatto della Grande Mostra sulla realta? museale e cittadina

Pur non disponendo, al momento, di tutti i dati per valutare appieno l’impatto dei lavori e degli interventi legati alla mostra di Linea d’Ombra sulla realta? museale cittadina, in base all’esperienza della mostra “Escher” e a quella fatta in oramai cinque mesi di Impressionisti, e? possibile tirare le somme individuando alcuni elementi molto preoccupanti.

I lavori realizzati nel 2015 e nel 2016 a Santa Caterina hanno comportato la perdita di arredi e pannellature in molti casi ancora in buono stato. Gli interventi alle sale del primo piano, lungo la “manica lunga”, cioe? le strutture in cartongesso sovrapposte ai muri, hanno ridotto i volumi delle stanze, ma hanno soprattutto cancellato la realta? architettonica dell’edificio storico, chiudendo anche le aperture verso l’esterno, peraltro alterate dall’inserimento di griglie di sicurezza.

Lungo lo scalone seicentesco e? stata installata una porta a vetri, con parti in metallo inserite nella muratura, che rompe senza necessita? la continuita? della scalinata ed e? quindi funzionale alla sola “grande mostra”.

L’autorizzazione, da parte della Soprintendenza, a inserire alcuni elementi – griglie alle finestre, inferriate con porte automatiche – e? legata alla reversibilita? degli interventi. Alla ne della mostra sara? quindi necessario riportare in luce le finestre, togliere le inferriate delle porte, ecc.: ma su chi ricadranno i costi dello smantellamento di queste strutture temporanee?

Sara? l’Amministrazione a doversi accollare le spese per eliminare le “cose in piu?” ereditate dalla Grande Mostra e ripristinare secondo le prescrizioni della Soprintendenza? I costi di queste “superfetazioni”, legate alla mostra temporanea, sono stati sostenuti in toto da Goldin o sono gravati anche sull’Amministrazione? Riuscire a districarsi tra le spese dell’uno e dell’altra non sara? semplice, ma a ne mostra per il sindaco sara? un obbligo renderle pubbliche, in nome della tanto sbandierata trasparenza amministrativa.

Tolte le griglie alle finestre del Museo, le inferriate delle porte di scorrimento, i cartongesso che ostruiscono le finestre, alla fine cosa rimarra? delle opere di miglioria del Museo e quindi del “dono” di 640.000 euro di Goldin alla città? Dall’inizio dei lavori, e in particolare dal mese di settembre 2015, la Pinacoteca non e? stata piu? visibile nella sua interezza, restando per periodi anche molto lunghi inaccessibile al pubblico.

E lo rimarrà, molto parzialmente visibile o del tutto smobilitata, fino a dicembre 2017, cioe? per ben 26 mesi complessivi. Consideriamo anche che a motivo dei lavori la collezione permanente e? stata smontata e riallestita piu? volte, con evidenti rischi per l’integrita? delle opere e costi di spostamenti gravati in toto sulle casse comunali. Durante la mostra “Escher”, 31 ottobre – 3 aprile 2016, soltanto una selezione delle opere “piu? significative” e? stata esposta, senza alcun apparente criterio museologico, nella “manica lunga” e negli ambienti adiacenti, in molti casi senza didascalie.

Nei mesi successivi alla mostra Escher (aprile-giugno 2016) e? stato necessario un nuovo disallestimento per lavorare negli ambienti contigui alla “manica lunga”: alcune opere sono state spostate nelle sale delle ex Scuderie, invisibili al pubblico no all’estate per problemi organizzativi del Museo, altre sono state collocate nei depositi, altre ancora sono state “esiliate” in alcuni ambienti dell’“area Mezzanini” al terzo piano, stanze molto piccole riattate per l’occasione e precedentemente deposito di vario materiale del museo, visitabili solo dopo laboriose richieste.

Le opere nell’area ex Scuderie, piccola selezione ordinata in base a criteri tematici, sono state esposte a luglio ma a ne agosto 2016 sono state tolte, per consentire nuovi lavori in vista della Grande Mostra.
Nei mesi di settembre e ottobre 2016 la Pinacoteca e? stata chiusa definitivamente e sono rimaste disponibili per il pubblico solo la sezione archeologica, i Mezzanini e la Chiesa con gli affreschi staccati di Tommaso da Modena.

Una selezione della permanente, trenta opere, e? stata ricollocata nella “manica lunga”, entrando dunque a far parte del percorso espositivo di Linea d’Ombra e visibile solo con il biglietto degli Impressionisti. Il pubblico interessato alle sole collezioni del Museo, oltre alla sezione archeologica, puo? vedere appena una piccola selezione della permanente, nei Mezzanini.

Da maggio a dicembre 2017, per otto mesi la Pinacoteca restera? chiusa al pubblico per il parziale smantellamento di strutture e arredi installati per l’esposizione temporanea, in modo da poter metter mano alla risistemazione delle sale e al riallestimento delle opere della collezione permanente, secondo un nuovo piano museologico e museografico.

Gli spazi per le attivita? specifiche del Museo – aula didattica, bookshop, guardaroba – sono stati ridotti al minimo o eliminati, con evidente disagio per il pubblico interessato alle sole collezioni di Santa Caterina o a svolgere le attivita? didattico-educative incentrate sul patrimonio cittadino.

Il pubblico di “Storie dell’Impressionismo”, con il biglietto della mostra ha potuto vedere trenta tra le piu? prestigiose opere della collezione museale, senza che Linea d’Ombra abbia corrisposto un solo euro del biglietto al Comune di Treviso.

Le lamentele dei visitatori

Anche per la mostra sugli Impressionisti, come per “Escher”, l’alto afflusso di visitatori – in particolare nei ne settimana e nell’ultimo mese di apertura – ha creato disagi non solo all’ingresso e nella biglietteria, inadeguati a sostenere l’impatto di centinaia di visitatori in tempi molto ristretti, ma anche le sale sono risultate troppo anguste per una visione adeguata delle opere, con varie lamentele riportate apertamente sui social.

Alcuni importanti ambienti espositivi, come la Chiesa e la sezione archeologica, sono in questi mesi sede sia delle attivita? ordinarie del Museo che corridoi di passaggio per i visitatori della mostra.
Da meta? al 27 ottobre 2016, per consentire l’allestimento della mostra, il Museo di Santa Caterina è stato chiuso al pubblico e sono state interrotte tutte le attivita?: di fatto un’interruzione di servizio di dieci giorni per consentire a un privato di “movimentare” le opere della sua mostra.

La volonta? di trasformare Santa Caterina in uno spazio per grandi esposizioni temporanee, mettendo in secondo piano la primaria funzione di Museo Civico, ha avuto importanti ripercussioni anche sulle altre sedi museali cittadine, in particolare sul nuovo Bailo.

A piu? riprese, come si e? accennato, l’Amministrazione ha sottolineato la necessita? di trovare finanziamenti per completare il restauro della seconda parte di questo Museo, anche attraverso un crowdfunding di cui pero? non ha mai fornito dettagli e modalita? operative. Come gia? ricordato, si sarebbe tuttavia potuto ottenere parte dei fondi proprio attraverso il bando regionale DGR Veneto 2047 del 3/11/2013, con buone possibilita? di riuscita presentando il progetto di completamento del Bailo, il cui primo stralcio aveva gia? goduto di un finanziamento europeo.

Il ruolo ondivago della Sovrintendenza

Se ci si chiede come tutto cio? sia stato possibile e perche? non ci siano stati interventi risoluti da parte della Soprintendenza – autorita? e arbitro in materia – nello sbrogliare l’imbarazzante groviglio “Museo di Santa Caterina”, basta scorrere le dichiarazioni raccolte dalla giornalista Veronica Rodenigo per Il giornale dell’arte on line, del 3 ottobre 2016, da cui appare chiaro il ruolo ondivago della Soprintendenza, che si fa scavalcare dall’incalzare dei lavori e detta prescrizioni a futura memoria: non si fa, ma, se ormai si e? fatto, “tutto e? reversibile al 100%”.

Gli architetti Andrea Alberti, dirigente, e Giuseppe Rallo, funzionario, della Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, Luca Maioli, storico dell’arte della stessa Soprintendenza, interpellati su Santa Caterina da Rodenigo, rilasciano dichiarazioni che non chiedono commenti.

Luca Maioli: “Non e? stato consegnato un piano museologico definitivo bensì parziale”, e “a mostre concluse, il museo sara? oggetto di riallestimento secondo un piano museologico definitivo per il quale verra?istituita un’apposita commissione scientifica”.
Ribadiscono Rallo e Alberti: “(…)l’intervento attuale porta migliorie che a mostre concluse potranno essere o confermate o reinterpretate; (…) tutte le operazioni saranno reversibili al 100%”. Le grate alle finestre e le inferriate dei singoli ingressi “sono state approvate come soluzione temporanea”.

Anche Maioli si appella alla “temporaneita?” pur ammettendo le criticita?. “Un piano organico lo abbiamo richiesto. Teniamo la situazione sotto controllo ma l’iter autorizzativo non mette a repentaglio la tutela delle opere. Lo smembramento della collezione ha carattere di temporaneità. Non si tratta di una resa da parte della Soprintendenza”.

Mentre Ugo Soragni, a capo della Direzione generale Musei del Mibact, si smarca dicendo di non disporre “alla luce del mio incarico attuale, di notizie aggiornate sulla vicenda che spetta comunque alle Soprintendenze territoriali competenti”. E? l’eterno 8 settembre delle autorita? di controllo italiane.

Alla fine, facendo un riepilogo delle spese sostenute e impegnate dai vari attori al Museo di Santa Margherita nelle delibere di Giunta dal 2014 al 2016, arriviamo all’ingombrante somma di 3.845.000 euro, dei quali 3.205.000 dal Comune (2.925.000 da casse del Comune di Treviso, 275.000 da Art Bonus) e 640.000 da Linea d’Ombra – pur se per Linea d’Ombra non sono a tutt’oggi stati forniti i dati dettagliati di spesa, riferiti ai lavori autonomamente sostenuti e pagati all’interno del Museo di Santa Caterina. E manca ancora all’appello l’impegno di spesa per il riallestimento museografico della Pinacoteca.

Il tortuoso e incerto percorso di restauri, adeguamenti, interventi provvisori

La realta? dei Musei di Treviso, alla luce del tortuoso e incerto percorso di restauri e adeguamenti, ci obbliga a qualche riflessione sulle politiche culturali dell’Amministrazione comunale di Treviso. Nei confronti del sindaco, e della sua Giunta, grandi erano state le aspettative e le speranze sul tema della cultura, dopo il ventennio di governo della Lega, che, se da una parte era riuscita a ottenere il finanziamento per il primo stralcio del restauro del Museo Bailo – grazie all’allora Assessore Vittorio Zanini di Forza Italia – dall’altra, pero, aveva compiuto la scelta fortemente penalizzante per i Musei Civici di sopprimere la figura del Direttore e di accorpare musei e biblioteche in un unico settore a guida di un dirigente comunale, decisione fatale che preparava il terreno ai futuri disastri.

Un sintetico bilancio di cosa e? stato fatto no a oggi nel settore dei Musei fa capire bene le scelte prioritarie della nuova Amministrazione.
Al Museo Bailo, superando gli ostacoli burocratico-amministrativi di partenza – ricorsi al TAR su assegnazione appalto lavori -, viene finito il primo stralcio del restauro e inaugurato il nuovo allestimento; rimane il secondo stralcio per completare il restauro, un proposito che pero? si e? perso nel rumore di fondo delle grandi mostre e non se ne parla piu?.

Museo Santa Caterina: a dicembre 2017 verranno completati i lavori di risistemazione della Pinacoteca e conclusi ristrutturazione e adeguamento agli “standard espositivi internazionali” nella Sala Ipogea, per farne una possibile sede di “grandi mostre”.

Ca’ da Noal rimane a tutt’oggi inagibile.
Risulta evidente che l’obiettivo culturale strategico, perseguito con ostinata volonta? politica in questi tre anni e mezzo e? stato quello di inseguire il “grande evento”, la Grande Mostra, forzando i limiti di un Museo, Santa Caterina, palesemente inadeguato a questo scopo. Un ex-convento dalle strutture fragili, dotato di spazi pur affascinanti, ma spesso angusti, adatto, oltre che alle sue collezioni permanenti, a ospitare piccole e preziose mostre. In altre parole, adatto a visitatori che chiedono tempi larghi e calmi, ben altro dal piglio urgente e frettoloso imposto alle masse delle Grandi Mostre.

La scelta, i motivi, i costi

Questa scelta culturale, tuttavia, ha vincolato per molti anni a venire, insieme a ingenti risorse economiche, anche le più importanti decisioni di politica culturale per la città. Su questa scelta hanno pesato ragioni squisitamente politiche che poco, pero, hanno a che fare con una progettualità culturale degna di questo nome, ben definita e trasparente in linee d’indirizzo, obiettivi e prospettive sul futuro dei Musei Civici.

Si e? badato invece a marcare il distacco da un lascito prestigioso – il restauro del Bailo – maturato, pero, nel corso del lungo ventennio di governo gentiliniano-leghista. Si rendeva necessario bilanciare il Bailo rinnovato con l’inaugurazione di una “grande mostra”, da celebrare nell’autunno 2015, proprio in concomitanza con la riapertura del Museo rimesso a nuovo. Oltre che assecondare la pressione dei commercianti del centro di Treviso, desiderosi di rinverdire i fasti goldiniani a Ca’ dei Carraresi.

Su questo sfondo entrano in scena le Grandi Mostre e il loro massimo officiante, Goldin, imprenditore dell’arte, dotato di non comuni capacita? organizzative, abile nell’accontentare e mettere d’accordo commercianti e politici, suscitando, con robusti investimenti, clamori mediatici capaci di “emozionare” l’opinione pubblica e nascondere la mancanza di progettualita? della Giunta.

Non si poteva usare Ca’ dei Carraresi di Fondazione Cassamarca, sede storica a Treviso per questo genere di esposizioni temporanee, a causa di vecchie ruggini tra il Presidente di Fondazione Dino De Poli e il curatore Goldin – nate in occasione dell’ultima mostra di Linea d’Ombra a Treviso, tra ottobre 2003 e marzo 2004, L’oro e l’azzurro. Da Cezanne a Bonnard – e allora si individua come sede alternativa l’incolpevole Santa Caterina.

L’Amministrazione comunale, contro ogni buon senso, mette mano al progetto piu? improbabile e costoso, dando il via, nei due anni a seguire, a una vera e propria sarabanda di lavori e delibere, che vedra? avvicendarsi curatori di mostre – da Goldin ad Arthemisia, poi di nuovo Goldin – e fiori- re diversi progetti di adeguamento strutturale – ben tre – con conseguenti disallestimenti e riallestimenti, piu? o meno improvvisati, della Pinacoteca. Un lavorio inesausto e dal futuro incerto, degno della Fabbrica di san Pietro.

Si potevano fare scelte diverse?

Si potevano fare scelte diverse per mettere davvero “al centro” la valorizzazione delle realta? museale di Treviso e gettare solide basi di un serio sistema museale. Per cominciare si poteva puntare su un diverso utilizzo delle risorse. Dei 3.205.000 euro finora messi a bilancio, e in parte spesi, dal Comune per Santa Caterina trovano effettiva e pressante motivazione 1.600.000 euro (di cui 800.000 euro per messa in sicurezza urgente di travi e tetti).

Cosi? il complesso di Santa Caterina avrebbe avuto una ridefinizione e sistemazione decorosa, a misura delle esigenze della citta?. E quei soldi sarebbero bastati anche per il rilancio e la promozione costante – depliant, manifesti, sito, social – delle attivita? museali, a vantaggio di cittadini e turisti.

La Sala Ipogea avrebbe potuto comunque aspettare una tornata successiva, sacrificata per ora a necessita? piu? urgenti. I fondi rimanenti avrebbero avuto miglior investimento sul secondo stralcio di restauro del Bailo. A questi si sarebbero probabilmente aggiunti anche altri soldi, quelli del bando regionale del 3 novembre 2013, per il quale il progetto di completamento del Bailo – invece che di Santa Caterina – vantava ottime credenziali di partenza. Il primo stralcio del progetto era infatti gia? stato approvato e finanziato con 2.500.000 euro: per concludere i lavori servono altri 2.500.000 euro.

Completando il restauro del Museo Bailo, ci sarebbero stati anche i tanto agognati spazi per mostre temporanee, quelli si? adeguati agli standard internazionali e adatti a ospitare esposizioni di alto livello. Il Museo completato poteva essere il cardine per la ridefinizione dell’intero sistema museale cittadino.

Era e, ancor piu? oggi, e? necessario recuperare il ruolo e la figura del direttore dei Musei nella pianta organica dei dipendenti del Comune, per colmare l’attuale grave lacuna di competenze tecnico-scienti che e riprendere in mano una sorvegliata gestione dei Musei Civici. Mai come in questi mesi si e? fatta sentire la mancanza di una figura istituzionale investita dell’autorita? capace di arginare l’ingombrante invadenza di politici e privati. 

Dilazioni, deroghe, concessioni della discutibile Sovrintendenza

Non bisogna dimenticare che il travagliato percorso dei musei trevigiani, soprattutto per quanto riguarda il complesso di Santa Caterina, e? stato accompagnato e reso possibile anche dall’atteggiamento accondiscendente della Soprintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto: troppa disponibilita? a concedere dilazioni e deroghe su lavori e allestimenti, sia pure “temporanei”, rispetto a prescrizioni dichiarate “improrogabili”, almeno su carta. Tanta, troppa “pazienza” a piegarsi alle esigenze e ai tempi pasticciati di un’Amministrazione guidata da politici impazienti e ispirata da oculati curatori-organizzatori privati.

La storia di Goldin continua a Vicenza

Nel frattempo la storia avvincente delle Grandi Mostre non finisce a Treviso il primo maggio 2017: è continuata, e la puntata successiva è stata nuovamente ambientata proprio a Vicenza, dal 7 ottobre 2017, per sei mesi, intitolata “Van Gogh. Tra il grano e il cielo”, con un significativo lapsus, involontario, che avrebbe fatto sorridere Freud, che pur amava molto l’arte.

Comunque un ritorno ai fasti di un rassicurante e recente passato, grazie alla nobile e munifica ospitalita? dell’assessore alla Cultura Jacopo Bulgarini D’Elci, che prosaicamente scaldava i motori per le elezioni comunali di primavera 2018. E allora via dall’ingrata e rancorosa Treviso. Anche se, mai dire mai… a qualcuno sarebbe servito senz’altro un aiuto, per le elezioni comunali a Treviso nel 2018. A chi? Lega e centrodestra, centrosinistra? Non importa, Franza o Spagna… Quando si dice la fortuna.