Oggi i nuovi ministri hanno giurato davanti al Presidente Mattarella. Il secondo governo Conte (M5S-PD-LeU) è, quindi, formalmente nato. Sono passati poco più di 15 mesi da quando entrò in carica il primo governo Conte (M5S-Lega), caduto poche settimane fa dopo le dichiarazioni del capo della Lega, nonché ministro dell’interno, Matteo Salvini durante un comizio a Pescara l’8 agosto scorso. Ricordiamo il dibattito in Senato e la mozione di sfiducia presentata dallo stesso Salvini e poi ritirata in extremis. Uno spettacolo desolante.
Il nuovo governo ha, da oggi, tutti i poteri conferitegli dalla Costituzione. Il programma che ha presentato è una serie di titoli, di “buoni propositi” che dovranno essere riempiti da decisioni e fatti. Leggere questi “buoni propositi” può essere interessante ma, come ogni esercizio di stile, lascia un po’ il tempo che trova.
Comunque vorrei fare una considerazione su quello che è un problema prioritario del nostro paese, la sicurezza. Attenzione, non mi riferisco al concetto di “sicurezza” così caro alla Lega. Quel misto, cioè, di paura e odio nei confronti del “non italiano” e del diverso che ha permeato tutta la politica dell’ex ministro dell’interno. Mi riferisco a quella mancanza (o assenza) di sicurezza che esiste nei luoghi di lavoro e che rende l’esistenza stessa di lavoratrici e lavoratori assai precaria.
Vediamo qualche numero. Dal 1 giugno 2018 (data dell’inizio formale del primo governo Conte) a ieri, 4 settembre 2019, i morti nel luoghi di lavoro sono stati 882 e sono oltre 1800 se si considerano anche i decessi in itinere. Una strage. Oltre ai “buoni propositi” che non si negano a nessuno (e che, ne sono sicuro, faranno parte di qualche dichiarazione più o meno accorata da parte della compagine governativa), sarebbe interessante venire a conoscenza del reale impegno del nuovo governo su questo fronte.
Ricordiamo che il precedente governo Conte, che contava Di Maio come ministro del lavoro, aveva ridotto i contributi delle imprese all’INAIL. Contributi che dovrebbero servire alla lotta per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
La domanda, adesso, è semplice: cosa intendono fare i nuovi ministri? È utopistico chiedere che le questioni degli infortuni nel lavoro e delle malattie professionali possano (debbano) diventare la priorità dell’azione del governo? Ed è forse troppo chiedere a tutto il governo e in primo luogo a Nunzia Catalfo (ministro per il lavoro), a Paola Pisano (ministro per l’innovazione tecnologica), a Roberto Speranza (ministro per la salute) almeno di iniziare, a interessarsi seriamente al problema?
A loro si deve chiedere (in una democrazia compiuta non dovrebbe neanche essere necessario in quanto la Costituzione lo prevede) e pretendere che lo Stato investa il massimo per prevenire ed evitare gli infortuni e le malattie che colpiscono chi vive del proprio lavoro. Dovrebbe essere lo Stato a intervenire direttamente, senza aspettare il via libera dalle imprese private (che su questo tema sono da sempre sostanzialmente indifferenti e che considerano tutto “un costo” e un intralcio al “fare profitto”) e indirizzare la ricerca e l’innovazione teconologica verso l’obiettivo prioritario di rendere i luoghi di lavoro sicuri e non inquinanti.