Green Pass, Viola: “toglierlo favorirà il Covid, in altri Paesi protestano per essere curati e vaccinati”

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Antonella Viola
L'immunologa Antonella Viola in diretta da Padova

Quando il primo vaccino della storia, quello contro il vaiolo, venne utilizzato per configgere un patogeno che causava la morte del 30-40% dei contagiati, ci furono molti movimenti di protesta, contrari alla vaccinazione di massa. Tra chi temeva di diventare un bovino e chi difendeva il diritto della Natura o di Dio di decidere della vita degli uomini, senza interferenze da parte della scienza, i primi vaccinatori della storia ebbero il loro da fare per convincere gli scettici e combattere ignoranza e complottismi, anche in assenza di internet, Facebook o altre piattaforme digitali di comunicazione.
La prevenzione è da sempre un terreno difficile per la medicina, persino in tempi di pandemia e persino di fronte ad argomenti razionali e chiare evidenze. Nonostante la sicurezza e l’efficacia dei vaccini anti-Covid19 non siano discutibili, se non negando la realtà e inventando scenari fantasiosi, c’è ancora una minoranza di cittadini italiani che rifiuta la vaccinazione e preferisce esporsi ogni giorno al rischio di ammalarsi o morire. Il nostro Governo ha deciso di consentire il rifiuto della vaccinazione, a patto che venga tutelata la salute pubblica: così, ha introdotto l’obbligo del green pass, che permette ai non vaccinati di muoversi, lavorare e accedere a tutti i locali pubblici senza nessuna limitazione, a patto che dimostrino di non essere contagiosi mediante un tampone. Malgrado l’arrivo dell’autunno, da quando abbiamo iniziato ad utilizzare il green pass per l’accesso ai locali pubblici, i contagi e i ricoveri ospedalieri sono calati, segno evidente della sua efficacia come strumento di prevenzione della diffusione del contagio. Tuttavia, anche il green pass non piace a chi vorrebbe, invece, essere libero non solo di ammalarsi quando e come gli pare ma anche di portare il virus in giro con sé, al ristorante come in ufficio o in fabbrica.
I popoli, nella storia, hanno combattuto importanti battaglie in nome della libertà e tutto ciò che oggi siamo e tuteliamo, in termini di diritti e doveri, è il frutto di quelle lotte. Tuttavia, sebbene chi oggi si oppone ai vaccini e al green pass si erga a paladino della giustizia e martire per la libertà, la battaglia contro un farmaco salvavita distribuito gratuitamente durante una pandemia è la più stupida delle battaglie che si possono combattere. Così come è paradossale che, tra le tante ragioni per protestare, i lavoratori in questi giorni manifestino contro l’obbligo di green pass, che altro non è se non un documento che sancisce il diritto alla tutela della salute nei luoghi di lavoro. In un Paese che conta almeno tre morti sul lavoro ogni giorno, dove manca una legge sul salario minimo, dove il carico fiscale pesa sul lavoro e non sul capitale, dove la mobilità sociale è ancora un miraggio, davvero il nemico da combattere è un vaccino sicuro, efficace e gratuito per tutti?
In questo momento, nel mondo, ci sono popoli che scendono in piazza per il diritto alla cura. In Kenya, perché mancano i farmaci per curare i pazienti colpiti da HIV; in India, perché non ci sono vaccini anti-Covid19 per tutta la popolazione; e in Libano, perché, a causa della gravissima crisi economica, le farmacie hanno esaurito le loro scorte. In Italia, in questi stessi giorni, si scende in piazza contro il diritto alla salute della collettività. Chi in questi giorni sciopera e protesta non sta difendendo un principio di giustizia sociale o di libertà, ma il diritto all’egoismo. Perché l’unica libertà che si può conquistare con l’abolizione del green pass è quella del virus, che potrà ricominciare a circolare senza ostacoli.

Antonella Viola su La Stampa