Decisi interventi del consigliere regionale di Europa verde Renzo Masolo e dell’eurodeputata di VErdi/ALE Cristina Guarda a proposito del consumo di suolo in Veneto secondo gli ultimi dati Ispra, che mettono la regione al primo posto per l’incremento del consumo.
Renzo Masolo ha sottolineato come in un’Italia in cui, secondo i dati Ispra, meno di un terzo della popolazione urbana può raggiungere un’area verde pubblica entro i 300 metri di distanza, il Veneto sia la prima regione per incremento di consumo di suolo tra il 2022-2023: «un primato cui sarebbe meglio rinunciare». La causa, secondo il consigliere Masolo, va ricercata anche a livello legislativo, a partire da una legge regionale ad hoc in tema di cantieri «che noi Verdi – ha ricordato – ribattezzammo “Veneto Cantiere Vorace” e che in parte fu pure bocciata dalla Corte Costituzionale». Ma la responsabilità principale, ha ribadito Masolo, è da attribuire all’attuale legge sul consumo di suolo del Veneto: «la classica legge che fagocita i propri stessi principi grazie a una serie di nutrite deroghe. Non che la promessa legislativa di un Veneto Territorio Sostenibile faccia meglio, anzi, se possibile, riesce a fare pure peggio. Con i nostri 92mila capannoni abbandonati, strisce di cemento enormi come la SPV (la cava di ghiaia più estesa di Europa), deroghe a tavoletta che sembrano quasi incentivare il consumo ulteriore di suolo, difficilmente il primato potrebbe essere sottratto alla nostra regione». Inevitabile che il discorso cada sulle Olimpiadi invernali 2026: «dovevano essere l’edizione più sostenibile della storia dello sport – ha commentato il consigliere EV -, stiamo riuscendo a consumare suolo come se ne avessimo da regalare. La pista da bob da 130 milioni di euro di Cortina è un buon esempio della Veneto philosophy su questo fronte». Inutile o quasi poi, ha concluso Masolo, piantare alberi in quantità: «l’effetto è quasi nullo se pensiamo che in realtà le piante sottraggono CO2 per trasferirla nel suolo, in mancanza del quale i benefici quasi si annullano. Inoltre, Ispra è riuscita a stimare un costo tra i 79mila e i 97mila euro l’anno per ciascun ettaro di terreno libero che viene impermeabilizzato, ma in sede di approvazione di bilancio regionale cala la notte su questi dati, preferendo la perpetuazione del costruire sempre più infrastrutture impattanti.»
L’eurodeputata Cristina Guarda ha rincarato la dose: «Consumando suolo perdiamo servizi ecosistemici, con un costo stimato in oltre 9 miliardi di euro all’anno per l’Italia. E con conseguenze disastrose sulla capacità di produrre cibo: altro che sovranità alimentare, con tanti saluti alla produttività dei terreni agricoli. Secondo la FAO, il 33% del suolo agricolo globale è già degradato e l’Agenzia europea per l’ambiente prevede che i valori dei terreni agricoli crolleranno di oltre l’80% in determinate aree entro il 2100. E attenzione: il suolo è una risorsa non rinnovabile, occorrono più di duemila anni per formare dieci centimetri di terreno. Ci stiamo togliendo la terra da sotto i piedi e non ci rendiamo conto che quella terra è una risorsa fondamentale per la vita. La Direttiva UE per il monitoraggio del suolo rappresentava un’opportunità storica per proteggere i suoli europei, ma è stata indebolita, eliminando obiettivi vincolanti e meccanismi di monitoraggio. Così, l’Europa rischia di rimanere senza strumenti concreti per affrontare la crisi del suolo».