I dati elettorali danno con chiarezza non il futuro, ma la negazione del passato che per troppi anni, senza avvallo delle elezioni ha governato l’Italia, mentore quel presidente Giorgio Napolitano che per tutta la vita ha inseguito il potere e quando l’ha raggiunto, guardando sempre e solo al proprio partito e ai suoi cooperativistici interessi, ha cercando in ogni modo di consolidarlo addirittura con l’alleanza con Monti, espressione di poteri che diciamo occulti, solo per tradizione. L’espressione di consolidamento, fallito il governo Letta, è stato Renzi, che con la sua appendice, Gentiloni, ha operato in modo di consolidare del tutto il potere del Partito Democratico Napolitano.Il fallimento chiaro del referendum sulla modifica della Costituzione doveva liberare l’Italia da Renzi, l’aveva promesso, ed invece è rimasto e operando all’antico modo dei partiti e dei politicanti, ha costruito la possibilità di rimanere e con lui la tradizionale visione di potere degli eredi del comunismo nostrano. Apparso chiaro, anche dai sondaggi, il suo fallimento elettorale, Napolitano, Prodi hanno puntato tutto su Gentiloni, ma era troppo tardi.
Finisce così l’epoca del potere del Partito Democratico, inseguita fin dal 1992 e stoppata allora da Berlusconi, oggi da nuove forze, la Lega e M5, che determineranno in ogni caso il futuro della Repubblica Italiana. L’ultimo erede della partitocrazia italiana porta con sè anche la fine dei suoi antichi esponenti, che sono anche Bersani e D’Alema e le poco efficaci figure politiche di Grasso e Boldrini.
“Tutto diviene” diceva il filosofo greco Eraclito, che tanto piace alla sinistra italiana e così anche i protagonisti della sinistra: Prodi, D’Alema, Bersani, Letta, Renzi, divenuti sconfitti, passeranno non alla storia, ma nel dimenticatoio.
Una postilla: speriamo che anche a Vicenza si cambi aria, visto il clima nazionale, e si rottami proprio quella visione partitocratica che è espressa e si esprime ancora con i giochi e giochetti di Variati e amici.