Hanno vinto a metà M5S e Lega e il fu centrosinistra è stato risucchiato giù dai suoi transfughi. Ma ha perso comunque l’Italia dell’ignoranza, di vertice e di base…

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Una storica ma più che giovanile militante di sinistra mi ha detto stasera: «una volta gli operai delle fabbriche discutevano di politica con una notevole cultura di base e non solo di qualche lavoratore in meno da far licenziare mentre ora decidono di votare chi, il M5S, promette al sud improbabili e democristiani redditi di cittadinanza e al nord chi, la Lega, promuove la flat tax spacciando per un vantaggio per i meno abbienti uno dei più grandi, anche se pure questo irrealizzabile, regali alla classi più ricche».


«Oggi – aggiunge la pasionaria 4.0 – quegli operai hanno perso anche la coscienza di se stessi e dei loro diritti, che non sono quelli della pura sopravvivenza di uno contro tutti gli altri, perchè chi (ora Pd, LeU e chi volete) tradizionalmente prima li rappresentava ha dimenticato come si fa a discutere con loro e per loro sulla base di quella che si chiamava coscienza di classe».

Se era giusto modernizzarla, quella coscienza di classe, nel confronto con i vecchi capitalisti, anche loro oggi 4.0 (ma che vuol dire quest’ennesima definizione cool, ma stupida se usata a mitraglia?), non doveva ridursi a pura «attenzione alle cose concrete superando l’ideologia», come non a caso ha sostenuto Luigi Di Maio il giorno successivo alla conquista del “vincente” ma insufficiente 32% alle urne, e al «buon senso», il massimo dell’ideologia espresso nello steso giorno da Matteo Salvini che con tutto il centro destra anche lui ha vinto senza avere col 37% complessivo i numeri per governare e trasformare le promesse elettorali in realtà.

Ma gli errori di scarsa elaborazione politica dei due vincitori che non riescono a salire sul podio sono stati resi possibili, lo abbiamo detto in premessa, da chi addirittura ora è sotto il podio, il centrosinistra e con questa parte politica la massa dei sindacati confederali.

I partiti di quest’area non hanno mai scontato il peccato originale della recente fusione dell’anima cattolica con la visione socialista in un mega partito unico, il Partito Democratico, costretto al costante compromesso per rimanere incollato in qualche modo ma capace, comunque, di fagocitare le piccole formazioni, soprattutto di sinistra, che non hanno avuto il coraggio e la forza di imporre la propria identità alla caccia costante di un minimo di rappresentanza. Di cosa, se non di seggi, non lo hanno più capito gli elettori che li hanno, infatti, travolti con la loro indifferenza nella polarizzazione del confronto elettorale.

Ma anche i sindacati confederali sono tra i maggiori responsabili dello sfascio attuale di contenuti, pur se sono sempre stati abili a defilarsi dietro le responsabilità più mediatiche dei partiti di cui una volta erano le catene di trasmissione verso i lavoratori e che oggi si sono trasformati in società di servizio (i Caf…) al servizio dello Stato, sia i buonisti di matrice cristiana, tesi all’accordo comunque, sia quelli che una volta erano i “compagni”, che alla lotta affidavano le maggiori conquiste.

Ovvio che i lavoratori, i datori di lavoro, i manager e i quadri oggi sono profondamente cambiati rispetto al passato anche se solo lo limitassimo alla fine del 900.

Ma proprio l’assenza di cultura, che non è solo quella dei libroni ma non si può limitare neanche ai twit e ai post, è alla base di questa incapacità di leggere il presente, facendo tesoro del passato e  guardando al futuro.

Sempre oggi su WhatsApp (ottimi gli strumenti tecnologi se rimangono il mezzo e non si trasformano in contenuto) un “innamorato di politica” mi ha scritto: «bisogna partire dal particolare per salire fino al generale».

E non solo enunciare il generale senza calarlo nel particolare.

E il particolare, ricordiamolo a vincitori e sconfitti di oggi, è l’uomo, la persona.

Che sia al centro dell’universo cristiano, socialista o laico ci si confronti tutti insieme, ma non sia ridotto il particolare al tozzo di pane dell’argent de poche, al meno tasse per tutti (i ricchi) e al senso di superiorità autoreferenziale della vecchia sinistra che per modernizzarsi ha dimenticato la sua base lasciando praterie enormi ai suoi nuovi conquistatori.

Si torni alla politica e al sindacalismo, si abbandonino le urla negli studi televisivi, si torni al confronto tra visioni, se non vogliamo chiamarle ideologie, si tiri fuori la testa dalla sabbia.

Perchè il vero nemico da sconfiggere per non far perdere l’ultimo tram all’Italia è l’ignoranza, di vertice e di base.