L’accordo con la Cassa Depositi e Prestiti per l’uscita dall’azionariato ancora non c’è, ma lo schema per la separazione tra Atlantia e Autostrade per l’Italia prende forma. Ieri è arrivato il primo passo. Il Consiglio di amministrazione della holding, che controlla il concessionario, ha deliberato di procedere alla creazione di una newco destinata a ricevere “sino all’88% del capitale di Aspi” che sarà denominata “Autostrade Concessioni e Costruzioni S.p.A.”. Se e come si procederà poi davvero non è chiaro: tutto è demandato a una nuova riunione del cda.
Atlantia controlla l’88% di Autostrade. L’ipotesi più accreditata è che ceda alla nuova società il 70% di Aspi e poi la quoti in Borsa. In questa newco (che avrà la stessa compagine sociale di Atlantia) entrerà poi la Cassa depositi con altri “investitori istituzionali” attraverso un aumento di capitale riservato. I soldi messi da Cdp e soci serviranno a ridurre l’indebitamento mostruoso di Aspi e per acquistare il restante 18% del concessionario ancora in mano ad Atlantia. Lo schema non è quello deciso nell’accordo tra i Benetton e il governo il 14 luglio scorso, ma molto dipenderà dalla trattativa con Cdp.
Se i contorni si definiscono, manca tutto il resto. I nodi principali riguardano il valore di Autostrade, da cui discenderà il prezzo pagato dalla Cassa depositi per prenderne il controllo. Gli azionisti di Atlantia, ma anche i quelli di minoranza di Aspi, vogliano una valutazione superiore ai 10 miliardi. Atlantia ha a bilancio la sua controllata a 6 miliardi. Sopra quella cifra ne esce (e con lei i soci, Benetton compresi) con lauta plusvalenza. Cdp vuole che il valore sia fissato dagli advisor, ma molto dipenderà dalla tempistica di ingresso nell’azionariato. Se Aspi viene prima quotata, il prezzo lo farà la Borsa e i Benetton usciranno, come si suol dire, a prezzo di mercato. In questo senso non ci sarà nessuna sanzione finanziari impartita dal governo per il disastro del Morandi. L’unico effetto a oggi quantificabile è che prima della tragedia dell’agosto 2018 Aspi veniva valutata oltre 14 miliardi.
L’altro nodo è la manleva legale. La rete in concessione ad Aspi ha bisogno di profondi investimenti, è antiquata e viene da decenni in cui la gestione Benetton ha spremuto utili alla concessionaria anche a scapito della manutenzione. Cdp non ha intenzione di entrare senza tutelarsi da possibili disastri che possano avvenire in un certo arco di tempo dalla presa di Autostrade e questo la dice lunga sulla gestione dei tremila chilometri di rete fatta finora da Atlantia.
Un’intesa al momento appare lontana, serviranno diversi giorni. Ma soprattutto, a dare il prezzo ad Aspi, sarà la nuova concessione e il nuovo piano finanziario che Atlantia sta negoziando con il ministero delle Infrastrutture. Non sarà una cosa breve.
di Carlo Di Foggia sul Fatto Quotidiano del 04/09/2020