Mi annovero fra i vicentini che hanno avuto la fortuna di conoscere personalmente Virgilio Scapin. Nel 1995 feci addirittura una mostra personale presso la Galleria Due Ruote, proprio sotto l’omonima libreria, che Scapin gestiva con l’aiuto della moglie. Ricordo che si complimentò con me per un quadro, dove avevo raffigurato un Cristo con la croce sulle spalle e che ne fui felice perché non era uno che elargiva elogi con facilità.
Al di la di questo episodio, frequentavo abbastanza spesso la libreria e ascoltavo volentieri i suoi consigli sui libri di cui gli andavo, di volta in volta, a chiedere. Dietro quell’aria bonaria e quegli occhi maliziosi traspariva una cultura fuori dal comune, come del resto era l’uomo che avevo di fronte.
Forte di una moltitudine di esperienze, Scapin non era stato solo libraio, ma anche scrittore, attore, accademico e raffinatissimo Priore di raffinatezze gastronomiche locali.
Ma veniamo al libro che oggi mi permetto di consigliare, fra i numerosi e forse meno celebri, che ha scritto: Una maschia gioventù, titolo preso a prestito dal testo di una famosa canzone molto in voga durante il ventennio fascista, è la storia di un giovanotto di famiglia piccolo borghese, poco interessato sia al fascismo, che alla propulsione eroica che infiamma gli animi della sua generazione. Tuttavia, l’accavallarsi degli eventi, narrati con rigorosa coerenza da Scapin, rispetto alla storia, coinvolgono anche Edoardo (questo è il nome del protagonista!), che vi si deve adeguare e che lo portano dai pellegrinaggi a Predappio al viaggio in terra di Abissinia, novello impero dell’Italia fascista. E ancora la guerra, per nulla combattuta, ma persa; la prigionia come per tanti soldati italiani, prigionieri delle truppe alleate; il ritorno in una Vicenza devastata dai bombardamenti, responsabili di averlo privato di tutti gli affetti e infine la convivenza con i vincitori, spesso arroganti nella loro presunzione di superiorità, che il nostro antieroe si diverte a spiare per potersene prendere gioco.
Ma quanto esposto non deve trarre in inganno, perché tutto è osservato dal protagonista con distacco e i personaggi, che compaiono nel susseguirsi delle pagine, dagli americani conquistatori ai fascisti di provincia, sono un caravanserraglio di figure da operetta.
Ma tutti sappiamo che quel periodo storico è stato una tragedia per il genere umano e chi ne è stato testimone ancora trema atterrito al ricordo.
Scapin non vuole sminuirne la portata, neppure dimenticare coloro che hanno pagato a caro prezzo il loro vissuto, ma intende mostrarci e forse insegnarci che ogni situazione può essere osservata, nel bene e nel male, con quel disincanto che può aiutarci ancora oggi a sopravvivere.
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