I Frati Crociferi a Santa Croce e il collegio femminile Levis Plona. Parte 1

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Nell’anno 1164, Papa Alessandro III°, scriveva al vescovo di Vicenza tal Giovanni, di consiliare le Monache di San Pietro (le Abbadesse) benedettine di cedere un terreno di loro proprietà ai Frati Crociferi o Croseteri, allo scopo di costruire una cappella entro la Porta  poi denominata di Santa Croce. Il terreno, dall’anno 983 apparteneva ai Benedettini di San Felice, ma le monache ne rivendicavano il possesso, come pure la Chiesa di S.Pietro in Vivarolo ora nella Contrà dei Cappuccini a fianco della ex “Zambon”.

Alessandro III° mise sotto la sua protezione i Crociferi, stendendo nel 1160 il testo della Regola che, prevedeva: dovere all’assistenza e ospitalità, le sedi dovevano essere ai margini delle città, lungo vie di traffico, ponti, porte, nei borghi popolati da poveri e bisognosi, portavano un abito grigio, proprio dei penitenti. I Crociferi avevano  una organizzazione verticistica con un priore maggiore che approvava le famiglie religiose locali.

Alessandro III° li chiamò CRUCIATORUM  tradotto poi in Crociferi o Crocigeri, a Vicenza erano detti Croseteri, il riferimento alle Crociate non è storicamente accertato. La Regola disponeva che: il titolo caratterizzante l’ordine era che in nome della croce, si poneva al servizio dei poveri.

E’ datato 28 giugno 1167, il primo documento sui Crociferi Vicentini e la loro presenza a Vicenza il Papa, raccomandava la soluzione della vertenza tra le monache di San Pietro e i Fratelli Crociferi che, intendevano costruire una chiesa con convento fuori porta in San Pietro Vivarolo. Il Papa invitava il vescovo Ariberto, ad insediare i Crociferi presso il Ponte Novo sul Bacchiglione ove nel 1381 gli Scaligeri costruiranno la Porta di Santa Croce.

I Crociferi, istituiti  da Papa Alessandro III° furono a Vicenza nel 1178, quando era vescovo Cacciafronte  ed una delle congregazioni Regolari di Sant’Agostino.

Risolto il problema del terreno, i Crociferi costruirono la chiesa e l’oratorio, l’ospedale, l’abitazione del frati, vivendo di lavoro manuale e di elemosine, con questue  a favore dei loro assistiti, il Papa invitava spesso i fedeli ad essere generosi con  la congregazione.

In pochi anni i crociferi, si fecero apprezzare dalla città per il loro servizio sociale, tanto che nel 1179 il vescovo Giovanni Cacciafronte, investì il priore della Chiesa di Santa Croce  di alcuni benefici, con le rendite derivate dalla Chiesa di San Quirico di Valdagno, per contribuire al mantenimento dell’Ospedale.

Il 4 maggio 1186, il Papa Urbano III° riconfermava  i benefici  alla Chiesa di Porta Nova, aggiungendo che dai terreni lavorati dai crociferi non siano richieste decime.

La comunità vicentina, non aveva una vita facile, perchè bisognava assistere i rifiuti della società; fare le questue, recitare le preghiere secondo le regole, effettuare  il severo digiuno  due volte la settimana il mercoledì e venerdì, oltre la settimana di quaresima, insomma un regime pesante. Nel convento era d’obbligo il silenzio, la comunitàdoveva essere composta  da almeno sette frati fra chierici e laici, dovevano vivere con il loro lavoro, fare un noviziato prima di pronunciare i voti.

Il 13 ottobre 1233, si ha notizia di un testamento a favore di Santa Croce lasciato da tal  Bernardo da Breganze  che lascia dieci libbre di denari agli ospedali cittadini, tra cui Santa Croce. Il 14 dicembre 1253, tal Zilio Offredino da Marostica, noto usuraio, lasciava cento soldi di denari veronesi alla Chiesa di Santa Croce  in Porta Nova.

Le autorità cittadine, si accorgono dell’azione sociale della comunità di Santa Croce e nel 1264 si ha notizia di un intervento pubblico in loro favore, deliberando  un sussidio di  dieci libre per l’acquisto di letti, coperte e panni se continueranno ad accogliere ogni anno infermi nell’ospedale come hanno fatto sin d’ora. Inoltre il Comune delibera la sistemazione  dell’alveo della Seriola che scorreva davanti alla chiesa per sfociare nel Bacchiglione e la costruzione di un Ponte  sulla Seriola per agevolare il transito verso la Chiesa di Vivarolo ora Strada dei Cappuccini.

Articolo tratto da uno studio di Luciano Parolin

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