I Greci, la libertà e noi, Andrea Tarantini per “Agorà. La Filosofia in piazza”: la limitazione delle nostre libertà costituzionali durante la pandemia

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Libertà nello stato d'eccezione
Libertà nello stato d'eccezione

Andrea Tarantini

Giunge questa settimana la notizia di una ulteriore proroga del divieto di spostamento tra Regioni e, con essa, si ripropone la vexata quaestio relativa alla legittimità dello stato di eccezione che sta caratterizzando questa perdurante pandemia. Siamo di fronte ad una compressione di alcune delle libertà costituzionalmente garantite, quale, in particolare, il diritto di circolazione e soggiorno, che appare distante dai principi fondanti uno stato liberale, così distante da indurci a riflettere su quale possa essere la legittimazione della normativa emergenziale.

Una premessa è doverosa. Il Covid-19 ha reso inevitabile un bilanciamento tra diritti ugualmente riconosciuti come fondamentali dalla nostra Carta costituzionale: da un lato il diritto alla salute e, dall’altro, tutta quella serie di diritti che vediamo oggi limitati.

Come ci ha ricordato, in tempi non sospetti, l’attuale Ministro della Giustizia Marta Cartabia: «Il giudizio di bilanciamento dei diritti è […] strumento indispensabile per l’attuazione di una Costituzione pluralista, […] per il fatto che i diritti fondamentali non sono mai affermati in termini assoluti, ma fanno parte di un tessuto costituzionale complesso in cui altri diritti e altri interessi e beni costituzionalmente protetti possono legittimamente limitarne la portata»[1].

In che modo è, dunque, possibile operare concretamente questo bilanciamento?

Lo stesso testo costituzionale ci offre un primo fondamentale suggerimento, stabilendo che «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza» (Art. 16 Cost. It.)

Fatte, dunque, le dovute premesse giuridiche, ci chiediamo: perché deve essere la Legge (e, in particolare, il rischio di incorrere nelle sanzioni previste) a determinare la compressione della mia libertà personale?

A tal proposito, va innanzitutto ricordato che la giustizia, che altro non è che la Legge nella sua fase applicativa, è stata ritenuta un presidio fondamentale per la salvaguardia del benessere dei cittadini, sin dalla civiltà greca. Lo stesso Platone, nel suo Protagora, ci ricorda che Zeus donò agli uomini, affinché non si autodistruggessero per via della loro ferinità, la politica, ovvero Aidôs (il rispetto) e Dike (la giustizia)[2].

La seconda domanda riguarda, invece, il vero e proprio bilanciamento dei diritti che la Legge vuole affermare: la prevalenza del diritto alla salute rispetto agli altri interessi costituzionalmente garantiti è assoluta?

«Salus populi suprema lex esto» (principio primario di ogni Costituzione è la salute della gente) ha affermato il giurista Hans Kelsen. Questa risposta nasce, peraltro, nel contesto di un pensiero giuridico-filosofico che considera l’ideale di una solidarietà di interessi di tutti i membri della collettività come una sorta di illusione metafisica. Ciò a riprova di quanto sia complesso riuscire a contemperare le diverse istanze che trovano la loro origine nella pluralità dei cittadini.

Nel valutare come, e soprattutto chi, debba mettere in atto questo necessario contemperamento, segue un terzo dubbio: è legittimo pensare, nonostante la nostra Costituzione sia essenzialmente democratica, che durante l’emergenza, il Governo si stia atteggiando di fatto come una dittatura?

L’impatto dei famigerati DPCM nella vita dei cittadini ha, di fatto, indotto molti a pensare ad una deriva autoritaria del Governo. Nel cercare una risposta a questo quesito conviene innanzitutto prendere le mosse dalla nozione di tirannide: per Platone la tirannide nasce dalla degenerazione del regime democratico, che ha luogo per “insaziabilità” di libertà e produce una condizione che travolge i cardini etici della società[3].

Premesso questo, se chi detiene il potere decisionale, nell’avocare a sé maggiori poteri in ragione della situazione emergenziale, persegue di fatto la tutela della salute (che, ricordando Kelsen, è “principio primario di ogni costituzione”), allora i cardini etici della società non dovrebbero risultare travolti, bensì rafforzati.

Il quarto dubbio riguarda, infine, il pericolo di una deriva tecnocratica, che taluni riconducono al crescente ruolo degli organi di ausilio governativo (Comitato Tecnico Scientifico, Protezione Civile, Istituto Superiore di Sanità, ecc.). A tal proposito, riprendendo una distinzione aristotelica che l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel corso di una conferenza stampa, ha voluto ricordare tra doxa (opinione) ed episteme (conoscenza scientifica), viene quindi da domandarsi se sia sufficiente richiamare la ricerca dell’episteme (e l’affermazione della sua necessaria prevalenza rispetto alla doxa) per giustificare il contributo, sempre più rilevante, dei tecnici al potere decisionale.

In una prospettiva filosofica tutte le domande rimangono, evidentemente, prive di una risposta certa e assoluta, ciò che resta altrettanto evidente è, però, l’estrema difficoltà pratica di garantire una ottimale applicazione dei diritti fondamentali in una fase storica oltremodo delicata come quella attuale.

[1] Cfr. M. Cartabia, Palazzo della Consulta 24-26 ottobre 2013, Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana.

[2] Platone, Protagora, 322c

[3] PLATONE, Repubblica, 562b

Andrea Tarantini
Andrea Tarantini

Andrea Tarantini è vicentino, di padre pugliese. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Trento. Dopo la pratica forense a Trento, torna in terra veneta per collaborare con un studio legale nel veronese. Coltiva l’interesse per la filosofia sin dal liceo, alla quale ha affiancato la passione per il diritto (che ora lo accompagna ovunque).


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a cura di Michele Lucivero

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